Luciano Marucci: L’apertura a Roma della Nuova Accademia di Belle Arti dimostra che l’Istituzione, espandendosi in altri luoghi, vuole attuare programmi connessi al territorio per partecipare con rinnovato impegno allo sviluppo culturale e sociale della collettività?
Marco Scotini: Negli ultimi anni NABA ha raggiunto una grande portata in termini di numeri e qualità. Non è solo passata da duecento studenti a oltre quattromila, ma ha consolidato il suo nome, si è identificata quale scuola d’eccellenza nell’ambito creativo. In particolare, il Dipartimento di Arti Visive (che dirigo), benché più piccolo numericamente, nel tempo si è posizionato a livello internazionale. Siamo stati i primi a inserire la curatela in un piano di studi e ad ampliare il campo di formazione all’intero sistema dell’arte contemporanea con bienni, master, seminari, per cui si sono avvicendati Hans Ulrich Obrist e Charles Esche, Ute Meta Bauer e Hou Hanru, WHW e Victor Misiano. Tra i tanti episodi ricordo che, in occasione di Documenta 13, Carolyn Christov-Bakargiev ci ha invitato nel programma educativo come una tra le migliori scuole internazionali. E lo scorso anno il MIT di Boston ci ha selezionato, con altre quattro grandi scuole, per la Biennale di Architettura in rapporto al tema Arte-Ecologia. La scelta di aprire una sede a Roma, nello storico quartiere della Garbatella, è stata pensata negli ultimi anni e si sta realizzando sotto la guida di Galileo Global Education; per ora non farà parte di un piano espansivo più grande. Roma per noi è molto importante perché, per tanti aspetti, è una città complementare a Milano e assieme rappresentano gli epicentri della cultura italiana. Come Accademia abbiamo partecipato da protagonisti e assistito alla grande trasformazione recente di Milano in modello di crescita culturale internazionale. Vedremo cosa accadrà a Roma.
Nella Capitale quale progetto sarà concretizzato in particolare? Indubbiamente nell’ambiente romano mancava un’accademia antiaccademica…
Certo NABA non è un’accademia nel senso classico del termine. E questo fin dalla sua origine nel 1980, quando cercò di inventarsi come alternativa a Brera, aprendosi fin da subito a una pluralità di discipline. Ma il grande salto in avanti è stato fatto negli ultimi quindici anni, allorché NABA si è mossa dalla zona di Viale Zara (in direzione Monza) nello storico quartiere dei Navigli. In questo luogo è diventata una sorta di marchio d’eccellenza internazionale. La sede di Roma non è pensata come una succursale di quella milanese, ma come qualcosa che si aggiunge e si integra allo stesso tempo, creando una mobilità degli studenti tra le due sedi. Certamente Roma offre altre opportunità rispetto a Milano: vantaggi che saranno subito messi a valore dalla didattica e dall’offerta formativa. Roma è la sede storica di grandi Accademie internazionali che risalgono all’epoca del Grand Tour, dunque sarà importante per noi raccogliere e accettare la sfida che queste proponevano.
L’offerta formativa è già definita o sarà stabilita durante il percorso didattico? La scelta degli insegnanti avviene in base alla qualità e alla flessibilità della linea teorica e pratica dei corsi triennali?
Intanto abbiamo deciso di partire con i corsi triennali di Arti Visive, Comunicazione e Graphic Design, Media e Fashion Design. In relazione ai nostri programmi ufficiali abbiamo lasciato fuori Design (Product and Interior) per la scarsa presenza a Roma di aziende del settore. I corsi inizieranno nell’ottobre prossimo con il nuovo Anno Accademico 2019-‘20. Nonostante la milanesità che ci contraddistingue, abbiamo ancora tutto da sperimentare. Non partiamo comunque con un piano già fatto da esportare e applicare. Questo risulterebbe riduttivo oltre che ‘coloniale’. Tutto ciò è lontano dalle nostre intenzioni; pensiamo che la sede di NABA a Roma si dovrà auto-costruire in un contesto preciso, a partire dal dialogo con esso. Giocheremo sulle differenze con Milano, piuttosto che sulle somiglianze.
La transdisciplinarità che caratterizza NABA sarà la piattaforma delle diverse attività in divenire? Gli studenti dove trovano gli stimoli per una migliore espressione creativa?
Riguardo alle istanze iniziali NABA non ha fatto altro che moltiplicare e ramificare l’offerta formativa e le discipline al suo interno. Per fare solo un esempio: lontano dal pensare una scuola d’arte semplicemente in termini di formazione di artisti, il nostro dipartimento si è aperto al publishing, ai mercati, alla curatela, alla mediazione culturale. Si pensa alla scuola non soltanto come luogo di formazione ma anche come sito di produzione, per cui i maggiori professionisti internazionali del sistema devono operare fianco a fianco con gli studenti. La flessibilità a misurarsi con campi diversi è oggi il prerequisito di ogni attività lavorativa e creativa. L’osmosi tra l’artista e il curatore è al centro del nostro biennio e la giustezza dell’assunto è stata comprovata anche dall’ultima nomina per Documenta 2022, dove il curatore è rappresentato da un collettivo di artisti indonesiani.
L’istruzione professionale che viene acquisita facilita l’inserimento nel mondo del lavoro?
Credo che da sempre ci hanno contraddistinto due elementi, almeno all’interno dell’ambito delle arti visive: il primo è il fatto di considerare l’accademia come un sito di produzione, che permette allo studente di operare in tempo reale dentro al sistema professionale; il secondo è la ricchezza qualitativa della faculty e dei visiting professor (se pensi che figure come Hito Steyerl, Trinh T. Minh-ha, Tim Rollins e tanti altri sono passati da qui già dieci anni fa). Inoltre per noi una parte fondamentale, al fine di tradurre in pratica ciò che trasmettiamo in aula, è la collaborazione con istituzioni e la realizzazione di grandi progetti. Nello specifico, l’ultimo capitolo ci ha visti coinvolti con due importanti progetti in Cina, in occasione della prima Anren Biennale e della seconda Yinchuan Biennale. Non è un caso che i nostri ex-studenti si trovino ora tra gli artisti della scena italiana emergente o siano tutti inseriti.
La collaborazione con il MAXXI, da cui è derivata la mostra LA STRADA. Dove si crea il mondo con le performance di Adrian Paci, Massimo Bartolini e Lin Yilin, è servita a consolidare una prestigiosa sinergia e rivela il reciproco interesse per il coinvolgimento in più sensi del grande pubblico. Poi, l’abbinamento con l’esposizione all’interno della struttura museale – ben curata dal direttore artistico Hou Hanru – oltre a proporre un format inedito, bilancia l’aspetto effimero degli interventi ‘stradali’.
L’idea di intervenire al MAXXI è nata insieme ad Hanru che, da molti anni, fa parte dell’Advisory Board di Visual Arts NABA. Inoltre è significativo che abbiamo scelto il MAXXI quale prima istituzione da incontrare nel nostro passaggio a Roma. La performance di Adrian Paci, One and Twenty-One Chairs, ha messo in scena un rituale di ospitalità attraverso cui si sono incontrati studenti milanesi e romani. Adrian Paci e Massimo Bartolini sono due docenti del corso triennale e biennale, molto importanti nel panorama nazionale e internazionale. Libera Improvvisazione di Giuseppe Chiari, un’opera fatta al Museo Pecci nell’ormai lontano 1990, è stata riproposta da Bartolini attraverso un concerto con un organico di settanta musicisti (professionisti e improvvisati) aperto da un pianista del calibro di Giancarlo Cardini. Ma questo non è stato altro che l’inizio. Molte cose sono già in cantiere per il futuro.
a cura di Luciano Marucci
17 aprile 2019
Marco Scotini, Direttore del Dipartimento Arti Visive della Nuova Accademia di Belle Arti (NABA)
La nuova sede di NABA a Roma (courtesy NABA; ph F. Fioramonti)
Adrian Paci “One and 21 Chairs”, un momento della ‘performance conviviale’ nella piazza del MAXXI a Roma, dove il 21 marzo 2019 ciascuno dei presenti aveva portato una sedia (courtesy l’Artista e NABA; ph F. Fioramonti)
Massimo Bartolini “Libera Improvvisazione” di Giuseppe Chiari eseguita nel 1990, riproposta nella performance di fronte al MAXXI il 21 marzo 2019 con un’orchestra di settanta musicisti professionisti e improvvisatori (courtesy l’Artista e NABA; ph F. Fioramonti)
Lin Yilin “Safety Manœuvre across linhe Road” 1995, still da video esposto nella mostra “LA STRADA. Dove si crea il mondo” (sezione “Interventions”), MAXXI, Roma (courtesy l’Artista e MAXXI)
Chto Delat “Angry Sandwich People” 2006, still da video incluso nella mostra “LA STRADA. Dove si crea il mondo” (sezione “Street Politics”), MAXXI, Roma (courtesy l’Artista, Kow Berlino e MAXXI)
Sono Luciano Marucci, nato per caso ad Arezzo e ho l’età che dimostro… Dopo un periodo in cui mi sono dedicato al giornalismo, all’ecologia applicata, all’educazione ambientale e ai viaggi nel mondo, come critico d’arte ho collaborato saltuariamente a riviste specializzate (“Flash Art”, “Arte e Critica”, “Segno”, “Hortus”, “Ali”) e a periodici di cultura varia. Dal 1991 in “Juliet Art Magazine” (a stampa e nell’edizione on line) pubblico regolarmente ampi servizi su tematiche interdisciplinari (coinvolgendo importanti personaggi), reportage di eventi internazionali, recensioni di mostre. Ho editato studi monografici su artisti contemporanei e libri-intervista. Da curatore indipendente ho attuato esposizioni individuali e collettive in spazi istituzionali e telematici. Risiedo ad Ascoli Piceno.
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