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La performance a Connexxion: più vivi di così non ...

La performance a Connexxion: più vivi di così non si sarà mai

Se dovessimo pensare alle sorti dell’umanità in termini di spazi, la città sarebbe il luogo in cui si racchiudono le nostre vite: un quadro dinamico, che ci culla, pronto a raccogliere i nutrimenti delle nostre emozioni. Eppure, nelle metropoli che siamo tanto certi di conoscere, esistono luoghi che ancora attendono di essere scoperti. Tale pensiero è descritto limpidamente dal poeta Sandro Penna, il quale afferma: « Era la mia città, la città vuota all’alba, piena di un mio desiderio. Ma il mio canto d’amore, il mio più vero era per gli altri una canzone ignota»[1]. Un siffatto profondo e sottile pensiero interpretativo viene svelato in occasione del festival d’arte diffuso intitolato Connexxion, a cura di Livia Savorelli, che viene organizzato in diverse parti della città di Savona. Gli artisti Andrea Bianconi, Eleonora Chiesa, Vanni Cuoghi, Giovanni Gaggia, Loredana Galante, L’orMa, Ilaria Margutti, Camilla Marinoni, Vincenzo Marsiglia, Alice Padovani, Francesca Romana Pinzari e Mona Lisa Tina hanno lavorato come degli abili motori di ricerca e, sebbene tutti impegnati a utilizzare media differenti, hanno ideato un variegato girone di attività avvolgenti e impossibili da perimetrare in un unico linguaggio espressivo. Il festival non sarebbe stato possibile senza la vivida ed energica attività curatoriale di Savorelli che, non ponendosi alcun limite precostituito, è stata capace di infrangere le linee di demarcazione idelogiche, spesso tendenti alla suddivisione virtuale dei generi espositivi. In questo modo la curatrice ha creato le condizioni per far udire al pubblico un inconsueto canto d’amore non solo verso la città ospitante, di cui sono state evidenziate alcune trascurate geografie visive, ma anche verso la vena poetica degli artisti coinvolti. Con Connexxion l’arte ha perso la sua innocenza, sconfinando liberamente oltre gli sterili atti performativi e installativi. Ne è scaturita un’ardita e gradevole miscela impregnata di sperimentazione e anticonformismo, capace di ricordarci che se si vive la città secondo quel canto d’amore, allora più vivi di così non si sarà mai.

Camilla Marinoni, “L’immortalità non consola della morte”, performance for CONNEXXION, Museo Archeologico, Savona. Ph: Michele Alberto Sereni

La rassegna colpisce con particolare forza attrattiva per l’intelligente selezione rivolta alla performance, che si presenta ben strutturata per i molteplici e complessi scatti linguistici, e anche perché accomunata da varie azioni che intendono l’atto performativo come una apertura verso sé stessi, al punto tale da stimolare intense fibrillazioni emotive che lasciano tracce viscerali. Meravigliosa e fortemente energica è la performance inedita di Mona Lisa Tina, basata sulla corporeità, che si esperisce in un vigoroso rapporto con l’intero pubblico presente, coinvolto in uno scambio di abbracci tra la performer e lo spettatore, momenti accompagnati dal bisbiglio di una frase differente per ogni partecipante. Ciò che viene sussurrato trae origine dal momento di forte psichicità che intercorre nell’incontro duale, dedicato e quasi personale. In questo modo Mona Lisa Tina, oltre a essere una figura poetica, intrisa di una energia calma ed equilibrata, rappresenta una sacerdotessa contemporanea, che si lascia transitivamente investire dalla tempra del pubblico. Ad avvalorare tale ipotesi è il suggestivo luogo in cui si è svolta la performance: la Cappella dell’ex Ospedale San Paolo di Savona, trasformata in un quadro visivo ritualizzato estremamente dinamico, con una passarella di vetri frantumati e un’installazione luministica all’apice dell’altare. L’essere spiritualmente trasparenti agli occhi dell’artista è ciò che avviene con Mona Lisa Tina, così quel che emerge dalle sue parole è un fluido patto corporale stretto con il pubblico in quanto carne, pensiero incosciente finalmente manifesto.

Mona Lisa Tina, “Tra Te e me”, 2022, performance for CONNEXXION, Cappella ex Ospedale San Paolo, Savona. Ph: Michele Alberto Sereni

Sebbene l’opera di Giovanni Gaggia si inserisca nel contesto installativo e non performativo, si coglie nitidamente quanto sia generata da una azione mentale, sì da concepire in situ una fonica catarsi che colpisce per il suo aspetto di minimalismo formale. La creazione, intitolata Niente sarà più come prima, è un riuscito montaggio dai tratti penetranti sia per il luogo, la Cappella Sistina adiacente alla cattedrale di Savona, sia per essere il sunto di un laboratorio realizzato con la rappresentanza di donne ucraine ospitate presso la Fondazione diocesana della stessa città. Le coperte, asimmetricamente poggiate sulle panche, scremano ogni tipo di retorica e rendono lo spazio invitante e abitabile, in una situazione storica drammaticamente instabile quanto quella attuale. Ed ecco che il filo dorato che fa da ricamo alla coperta posta sotto l’altare e la presenza di un audio di sottofondo si pongono contro il sordo e anestetico mondo che desensibilizza l’essere umano nel quotidiano. Ne risulta che la potenza di tutta l’opera risiede, senza alcun dubbio, nell’assenza di marginalità, e le lacerazioni della trapunta appaiono come un sintomo di un tempo storico e collettivo vulnerabile, le cui flebili voci, raccolte in un audio di sottofondo, non rimangono affatto estranee. La forza di Gaggia, in altri termini, dimora nell’affrontare questioni collettive con una rara verginità d’animo, ben nutrita da una profondità passionale che si pone nei confronti dell’introspezione e abilmente dispiegata con codici fonici e visivi.

Giovanni Gaggia, “Niente sarà più come prima”, 2022, installation view, Cappella Sistina di Savona. Ph: Michele Alberto Sereni

Diversamente quanto proposto da Pinzari, Marinoni e Padovani è fortemente mantenuto saldo da una comune ricerca sul corpo in quanto involucro intriso di estrema fragilità e portatore di ferite. Francesca Romana Pinzari, con Ti amo troppo, ruota attorno all’idea del presente in quanto escamotage utile a stabilire una connessione con il pubblico: l’azione, infatti, consiste nel dono di un cofanetto da parte dell’artista al pubblico, verosimilmente da intendere come un appello d’aiuto. Ciò che attira è la reificazione del gesto che sfiora sensibilmente il nervo dello spettatore continuamente stimolato dall’ascolto di una frase, generando così una vibrante tensione tra il desiderio e l’attesa di ricevere quel piccolo dono, che altro non è che un filo spinato, in cui è deposta una frase intesa a stimolare un pensiero.

Francesca Romana Pinzari, “Ti amo troppo”, performance for CONNEXXION, Savona. Ph: Michele Alberto Sereni

In Camilla Marinoni il corpo della performer è un’architettura composita all’interno delle spoglie del Museo Archeologico di Savona. L’azione si sottrae a qualsiasi connotazione narrativa per caricarsi di una funzione simbolica in cui dei frammenti ceramici diventano protesi concave che accolgono le profondità del corpo. Tra i crateri dei resti archeologici, Marinoni si scontra con sé stessa, proseguendo in una navigazione dell’inconscio collettivo che segue le sue azioni in serafico silenzio.

Camilla Marinoni, “L’immortalità non consola della morte”, performance for CONNEXXION, Museo Archeologico, Savona. Ph: Michele Alberto Sereni

Con un’intensità fisica che non consola affatto, anzi stordisce lo spettatore, si pone l’azione di Alice Padovani, accompagnata da un sound design di Le Piccole Morti. La performer, il cui dorso è coperto di spine, intimidisce l’astante per l’aspetto inumano, mentre le lente e cadenzate movenze che vogliono liberarla dal sottile velo paiono voler sbloccare le forze produttive dell’inconscio, così da far emergere una percezione traumatica del proprio fisico.

Alice Padovani, “Deimatico”, 2022, performance for CONNEXXION, Museo Archeologico di Savona. Sound design Le Piccole Morti. Ph: Michele Alberto Sereni

Da ultimo giova ribadire come tutte le attività sopra descritte rimarchino la capacità di disegnare un itinerario pluralistico, pur sempre contraddistinto da una straordinaria coerenza, caratteristica da cui emerge, nitida e palpitante, la vocazione di ogni artista al saper vivere il tumulto della vita in un malinconico ardore, di un’inquietudine pulsante, impressioni che solo una veritiera e convinta performance possono donare.

Info:

CONNEXXION. Festival Diffuso di Arte Contemporanea. Riconnettersi a partire dalla città, a cura di Livia Savorelli
25/11/2022 – 7/01/2023
Savona
www.connexxion.it
www.facebook.com/asso.arteam | www.instagram.com/arteam.associazione/

[1] Sandro Penna, Poesie scelte e raccolte dall’Autore nel 1973, Oscar Moderni, 2022, p. 95.


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