Nella chiesa di San Giovanni Battista, nel cuore del centro storico di Modena, ha inaugurato Venerdì 13 Settembre, in occasione del Festival della Filosofia 2019, la mostra “Nella Mente di Chi guarda. Memoria, dignità e identità del quotidiano”, curata da Marco Maria Coltellacci, Laura Solieri e Alessandro Mescoli e prodotta dall’Arcidiocesi di Modena e Nonantola.
La mostra, visitabile ogni fine settimana fino al prossimo 13 Ottobre, riunisce artisti contemporanei e maestri del passato, del calibro di Guido Mazzoni, intorno a concetti quali corporeità, identità, umanità.
Ed è proprio a partire dal complesso scultoreo dello stesso Mazzoni, “Compianto sul Cristo morto” (1476-79), che è possibile introdurre il filo conduttore dell’intero allestimento, la persona. La persona, tema portante del festival, qui emerge attraverso il grande realismo con cui l’artista realizza le figure, originariamente policrome; e, in particolare, i loro volti. L’espressività fisionomica diventa, infatti, il mezzo attraverso cui è possibile riconoscere ogni membro della Confraternita di San Giovanni Battista.
Non è un caso che la maschera, teatralmente impiegata per concentrare l’attenzione dello spettatore sul volto dell’attore, è il significato primario a cui rimanda l’origine etimologica, sia greca che latina, della parola persona. Nel teatro così come nell’arte, essa può avere una duplice funzione, strumentale ed estetica.
Da un lato, la maschera è il mezzo attraverso cui potenziare, come già precedentemente sottolineato, le emozioni dell’individuo, che queste denotino sofferenza, come accade in Mazzoni; oppure gioia. È il caso dell’opera scultorea “Trentatré 1942-75” (2013) di Serena Zanardi in cui i dieci busti allineati di donne appaiono con posizioni plastiche e sorrisi così smaglianti da mettere in discussione lo stesso statuto di verità. È come se per le donne raffigurate il sorriso divenisse l’abito da indossare per celare il loro stato d’animo più autentico.
Dall’altro, la maschera è strumento attraverso cui attuare un dissolvimento dell’identità. Nella coppia scultorea di Andreas Senoner, “Mask (moulting)” e “Nest” (2018), la mancanza del volto garantisce una trasformazione e regressione del soggetto, rispettivamente, a uccello o albero; inoltre, l’impiego di materiali, quali legno o piume, permette di recuperare una dimensione prettamente naturale.
Nel dipinto di Federica Poletti, “Luce” (2019), la decisione di coprire con una foglia d’oro il volto della donna coincide, invece, con la volontà di concentrare l’attenzione del fruitore sulla dimensione corporea e di prolungare un fugace momento di contatto tra madre e figlia.
La comunicazione, alla base di ogni rapporto umano, è un tema ricorrente che le opere presentate cercano di approfondire attraverso alcune delle principali forme di espressione.
La più comune tra queste è il linguaggio. Così, il collettivo ZOOMWeg ha deciso di raccogliere le esperienze di vita dei senzatetto della capanna di Betlemme e di lasciare che le loro parole si diffondessero nell’ambiente, senza alcun vincolo materiale. Le parole sono, così, libere di riacquistare la propria evanescenza, superando una dicotomia, spesso esistita nell’ambito religioso (e non solo), tra materia e trascendenza. Infatti, il corpo può spesso diventare una gabbia per l’anima ed è ciò che accade nell’opera di Michelangelo Galliani dove il titolo “L’assedio” (2012) allude a questo tipo di oppressione.
Questa scultura si relaziona, da un punto di vista costruttivo, e si contrappone, da un punto di vista concettuale, a quella realizzata da Marika Ricchi. Nell’opera marmorea “In nomine patris” (2016) la materia si dissolve; restano i piedi, una porzione del busto e il crocifisso di acciaio, specchio di quello collocato sull’altare della chiesa.
Il crocifisso, oltre ad essere uno dei simboli più diffusi nel Cristianesimo, ritorna frequentemente anche in campo artistico. Per esempio, il dissolvimento del corpo attuato da Marika Ricchi torna similmente nella scultura di Luca Freschi, “Martyrium Sanctae Eulaliea Credo” (2013). In questo modo, si crea una continuità tra le opere e la Chiesa che le ospita; tra i contemporanei e i maestri del passato.
Giulia Rosi
Info:
Nella mente di chi guarda. Memoria, dignità e identità del quotidiano
a cura di Marco Maria Coltellacci, Laura Solieri e Alessandro Mescoli
13 settembre – 13 ottobre 2019
Chiesa di San Giovanni Battista
Piazza Matteotti, Modena
Guido Mazzoni, Compianto sul cristo morto, 1476-79.Terracotta con tracce di policromia
Serena Zanardi, Trentatré 1942-75, 2013. Sculture in terracotta dipinta con tempera, cenere e ruggine, 10 figure di 20 x 13 x 10 cm
Matteo Lucca, A silent dialogue, 2019. Pane, dimensioni al vero
Andrea Senoner, Mask (moulting), 2018. Legno policromo, piume, 48 x 15 x 14 cm
Giovane studentessa che vive in provincia di Modena e frequenta il terzo anno del corso di laurea DAMS presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, specializzandosi in arti visive. Ha alle spalle esperienze nel mondo della danza e ha una grande passione per l’arte che la porta a girare per l’Italia, e non solo, in cerca di mostre ed eventi capaci di arricchire il suo bagaglio personale.
NO COMMENT