Nel romanzo di Jonathan Swift “I Viaggi di Gulliver”, il protagonista si ritrova in una terra straniera dove gli abitanti parlano una lingua che non contempla la parola “bugia”, perché il concetto di non dire la verità non esiste all’interno della loro società piena di virtù. “Bugia” si può tradurre solo con una perifrasi, come “una cosa che non è”. Le parole intraducibili non esistono solo nei romanzi: le nostre lingue non sono altro che lo specchio di ciò che siamo e della nostra unicità. L’espressione dell’identità dei popoli attraverso il linguaggio è al centro della mostra di Stefano Boccalini “La ragione delle mani”, esposta fino al 27 giugno alla Maison Tavel di Ginevra, la casa più antica della città che fa ora parte del Museo di Arte e di Storia.
Il progetto nasce dalla curiosità di Boccalini verso parole di diverse lingue del mondo che possono essere tradotte solo attraverso metafore o perifrasi in altre lingue. Ad esempio, il termine hawaiano “Ohana” significa “famiglia allargata inclusi amici e tutte le persone con cui sentiamo un legame speciale, nella quale nessuno si sente abbandonato o escluso”, mentre “Orenda” è il termine con cui i nativi americani esprimono “la capacità della volontà umana di cambiare il mondo contro un destino ostile”. Durante una residenza presso la Comunità Montana della Val Camonica, l’artista ha coinvolto gli abitanti nella riflessione sul significato di queste e di altre parole intraducibili. Per prima cosa ha invitato un gruppo di ventidue bambini di un paese della zona a scegliere una parola ciascuno, dopo aver spiegato loro il significato di un centinaio di parole intraducibili. Ha quindi condiviso le ventidue parole con quattro anziani artigiani della comunità, selezionando insieme a loro nove termini da esprimere e interpretare attraverso il tradizionale savoir faire artigianale. In questo modo, “Ohana”, “Orenda” e altre sette parole si sono concretizzate in sculture in legno, ricamo, tessitura e vimini. Pur non avendo un equivalente in altre lingue, questi termini possono essere tradotti e rappresentati dalla mano degli artigiani.
ll fascino di Boccalini per le parole non è nuovo e l’artista si è spesso interrogato sul rapporto tra linguaggio e società contemporanea. In “La ragione nelle mani” la sua ricerca è arricchita da molti incontri. Il più sorprendente è quello fra il linguaggio e l’artigianato tradizionale, una forma di espressione che, come molte lingue indigene, è a rischio di estinzione nella società globalizzata contemporanea. Il progetto è anche un incontro fra culture, poiché l’artista raccoglie parole che esprimono intime emozioni di comunità molto diverse e lontane tra loro. Infine, la mostra è il risultato dell’incontro fra generazioni: i bambini che hanno aiutato l’artista a scegliere le parole; gli anziani artigiani che lottano per mantenere vive le tradizioni comunitarie; una nuova generazione di artigiani, grazie ad un bando che ha permesso a otto giovani apprendisti della comunità di affiancare gli anziani artigiani nella progettazione e realizzazione dei pezzi.
Sviluppata con il supporto della ONG ART for the World Europa, del Ministero italiano per i beni e le attività culturali e della Comunità Montana della Val Camonica, la mostra celebra la diversità umana e la ricchezza delle nostre civiltà. Invita il visitatore a godere della varietà delle identità culturali e a relazionarsi con storie, sentimenti, paure, sfide, sogni dell’umanità in tutto il mondo. Il progetto sottolinea anche il ruolo del patrimonio culturale come espressione dell’unicità dei popoli, che potrebbe andare perduto in un mondo in cui tutti parlano la stessa lingua e gli oggetti standard vengono apprezzati più dell’autenticità dei prodotti fatti a mano. Dopo il finissage a Ginevra, la mostra tornerà nella terra degli artigiani, per entrare a far parte della collezione delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo.
Paola Forgione
Info:
Le parole “Ohana” e “Orenda” alla Maison Tavel di Ginevra, rispettivamente realizzate con la tecnica del legno intrecciato e con la tecnica di lavorazione dei pezzotti con telaio a mano. Ph: Christian Tasso
Un artigiano presso un atelier della Val Camonica intaglia nel legno la parola “Ubuntu”, che in lingua Bantu significa “sentirsi parte di una grande comunità”. Ph: Emanuel Montini
L’artista Stefano Boccalini mentre posiziona il pezzotto presso la Maison Tavel. Ph: Christian Tasso
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