Dopo un periodo di parziale oscuramento, gli ultimi anni hanno visto riemergere, a livello internazionale, un deciso rinvigorirsi della pittura, in particolare di quella di figura, forse in ottemperanza al ben noto luogo comune secondo il quale essa sia il più classico dei beni rifugio in tempi di crisi (come quelli che stanno incupendo i destini mondiali e dell’emisfero occidentale in particolare). In controtendenza rispetto al periodo immediatamente precedente in cui, visitando fiere e mostre in galleria, siamo stati visivamente congestionati da una sorta di rielaborazione alleggerita dell’astrattismo geometrico delle avanguardie storiche da parte degli artisti più giovani e da rassicuranti esplorazioni monocrome della superficie pittorica, ritorna quindi l’essere umano come oggetto pittorico duttile da liquefare, smembrare, ibridare o deformare.
In questa rinnovata centralità della figura umana, oggi tutt’altro che trionfale rispetto al periodo in cui era considerato il genere più prestigioso tra le gerarchie accademiche dell’arte figurativa, si insinuano le nuove ansie provocate dalla saturazione visiva innescata dal digitale e un rapporto sempre più ambiguo con il corpo, in molti casi percepito quasi come un inquietante “altro da sé”. Verte su queste tematiche il libro l’Altra Individualità. La pittura figurativa in Italia oggi (Silvana editoriale, 2023) in cui l’autore Domenico Russo analizza due generazioni di ricerca a partire dalla poetica di alcuni artisti paradigmatici di quella che lui individua come una nuova corrente della pittura figurativa italiana, da lui etichettata appunto come «Altra Individualità».
Emanuela Zanon: L’intuizione su cui si fonda la tesi del tuo libro era stata presentata al pubblico nel 2020 nell’omonima mostra (da te co-curata assieme ad Andrea Tinterri e Luca Zuccala) da State Of Milano. Come si è sviluppata la tua riflessione nei tre anni di gestazione del progetto editoriale?
Domenico Russo: La riflessione che ha portato all’idea della mostra, e successivamente alla pubblicazione, è nata qualche tempo prima, dalla frequentazione con alcuni degli artisti: seguendo il loro lavoro ho colto quell’autonoma forza espressiva che ha loro consentito di essere visti e discussi oggi. Nel 2018, in occasione della bi-personale romana Il mangiarsi reciproco, ho iniziato a scrivere sugli artisti Silvia Argiolas e Giuliano Sale, già allora riferendomi a essi come capifila di quello che sarebbe stato poi discusso nell’Altra Individualità, soprattutto per via di quella pittura così aderente a un’urgenza comunicativa che non esclude i pericoli sociali e le pulsioni private. Proprio questa fu la visione da cui ha preso forma la mostra del 2020, organizzata con Andrea Tinterri e Luca Zuccala, includendo anche altri artisti che operavano similmente. Purtroppo, il sopraggiungere del Covid ha bloccato il progetto a più riprese, ma non la corrente pittorica stessa che non si è scalfita sotto le furie virali e le restrizioni governative.
In un’epoca segnata dal predominio della virtualità e dalla moltiplicazione di “io fittizi” che ne derivano, gli artisti-altristi recepiscono le ansie di un esasperato individualismo allo sbando che da un lato è sempre più autoreferenziale, ma dall’altro cerca un terreno di riconoscimento e soggettivazione proprio nell’alterità all’origine della sua solitudine esistenziale. Questi artisti sembrano voler assumere la funzione sociale storicamente assegnata all’arte (oggi profondamente in crisi) pur mantenendola in ambito individualista: vorresti approfondire questa contraddizione che mi sembra particolarmente importante nel tuo testo?
Siamo così presi da noi stessi e da tutto ciò che dobbiamo fare, gli obiettivi a breve termine quotidianamente ci bruciano e come torce disperse nella notte ci spegniamo nel silenzio di un mare di realtà che non possiamo capire né cogliere a pieno. L’arte, pelle vicina, fonte senza distanze, lancia scialuppe di salvataggio, fa luce sulla verità svelando intrighi e mostrando discrepanze, rendendo visibile il fondale. E, così, la pittura altrista, amica del reale, coglie anacronismi impalpabili e reagisce al fluido amniotico dentro cui scivoliamo, quel grasso necessario a ungere i meccanismi di quei rapporti che coltiviamo sorridenti, illudendoci di essere appagati. Proprio in questo denso fluido gli artisti intingono gli strumenti per comporre le proprie visioni, riportando il mondo alla chiarezza naturale della pittura. Tutto viene riportato sulla tela e così il quadro diventa un racconto temibile dell’oggi, innesco di una simbolizzazione smussata da cariche pulsionali provenienti da una condizione privata, posta in contrasto con quella sociale. Individuo e collettività sono messi in rapporto. La figura è unità di misura del sentimento di un’epoca, oggi rifugio della propria individualità, un’individualità che dovrebbe essere sentita come una parte intima di sé da mettere in relazione con l’altro. L’Altra Individualità favorisce questa relazione in uno spazio mediano di incontro e di scambio, dove si sviluppa la narrazione altrista. La superficie del quadro, su cui avviene il racconto chiaro, talvolta sofferto, non autoreferenziale, né freddo né distaccato, non decorativo, è un canale tra il pensiero e le persone, tra il reale e la collettività, possibilità salubre di un luogo simbolico in cui la carica individuale non si smarrisce ma si realizza nella parola pittorica che avvicina e unisce.
Un altro aspetto significativo delle tue riflessioni riguarda la rinnovata enfasi, dopo generazioni artistiche variamente improntate alla citazione e al prelievo, sulla necessità di creare più che di rielaborare. Pensi che questa sollecitazione, oltre che orientare l’elaborazione mentale dei soggetti, sia sfociata anche in un comune sentire stilistico considerato da un punto di vista più tecnico?
In qualche modo il libero rapporto con la tradizione e la tendenza al racconto della pittura fanno da collante sottostante alle diverse attitudini. Gli approcci alla tela cambiano e contemporaneamente rendono gli altristi autori unici delle loro storie. In alcuni casi procedure diverse comportano approcci più gestuali, immediati o diretti come quello di Rudy Cremonini che lavora abilmente di prima mano. In molte opere di Michele Bubacco, l’uso di foto e di collage tra masse di forme addomesticate trova un collegamento sofferto con le applicazioni e le aggiunte che talvolta colmano l’incolmabile Silvia Argiolas o con le campiture scivolose di Davide Serpetti, mentre Anna Capolupo estrapola dalla realtà personale frangenti onirici e Agnese Guido devia in immaginose animazioni. Tutti loro, comunque, prediligono generalmente tempere, chine, pigmenti a cui le tecniche miste – spray, matite, pennarelli, collages, pastelli, tessuti, gessi ed altro – aggiungono elementi eterogenei a un’essenza profondamente pittorica, classica, persa nell’origine dell’uomo, perlustrazione senza tempo nelle strade della storia, ancora oggi assolutamente pertinente.
Nel libro vengono approfondite le ricerche di: Silvia Argiolas, Alessandro Pessoli, Giuliano Sale, Michele Bubacco, Rudy Cremonini, Giacomo Modolo. Quali altri artisti faresti afferire all’Altra Individualità?
Sul ciglio del discorso, alla fonte del linguaggio, c’è Alessandro Pessoli, iniziatore e impavido creatore. La sua levatura è un contorno attraverso cui molti artisti hanno introiettato le proprie poetiche. Anche per questo parlare di lui era diventato necessario. È una specie di padre per tutti gli artisti, sognatore inesauribile che, con solitarie escursioni nell’arte sacra e ispezioni fantasiose nel contingente, ha tracciato il denominatore comune a cui ricondurre i nuclei sviluppati nelle generazioni successive che a lui guardano con rispetto. Oltre ad Argiolas, Bubacco, Cremonini, Modolo e Sale, tra le stelle brillanti del cielo notturno dell’Altra Individualità, emergono Irene Balia, Anna Capolupo, Agnese Guido, Thomas Berra, Iva Lulashi, Adriano Annino, Maurizio Bongiovanni, Nicola Caredda, Barbara De Vivi, Dario Carratta, Dario Maglionico, Andrea Fiorino, Alice Faloretti, Dario Molinaro, Matteo Nuti, Sophie Westerlind ed altri importanti nomi che sicuramente ora mi sfuggono.
Ravvisi una tendenza analoga all’Altra Individualità anche in ambito internazionale? Se sì, quali potrebbero essere i suoi esponenti?
Assolutamente sì, premesse sociali e risposte artistiche un po’ ovunque aleggiano per il mondo come un vento di novità. Sebbene cambi la temperatura delle regioni che percorre, la forza che lo ha generato rimane la stessa. In alcune parti sferza e ribalta, in altre zone viaggia come brezza leggera da respirare. Se dovessi fare qualche nome, così su due piedi, penso a Emma Fineman, Flo Brooks, Christopeher Hartman, Kudzanai-Violet Hwai, Adriana Progano, Amanda Ba…
Info:
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
NO COMMENT