Sedici artisti di diversa nazionalità, formazione, estetica e stile si ritrovano sotto lo stesso titolo: “Unannounced: The Other Voices Of Silence”, collettiva organizzata da Mattia Pozzoni Art Advisory e curata da Marta Orsola Sironi presso gli spazi espositivi milanesi di LAMPO. Come possono rientrare nella medesima esposizione Alessio Barchitta, Giuditta Branconi, James Cabaniuk, Nicole Colombo, Kat Giordano, Filippo Gualazzi, Hannah Lim, Aronne Pleuteri, Zayn Qahtani, Gianna Rubini, Adelisa Selimbašić, Ebun Sodipo, Maddalena Tesser, Katie Tomlinson, Georgia-May Travers Cook, Sidney Westenskow? Ce lo illustra la mostra aperta fino all’8 ottobre 2023. La voce ha surclassato il legame estetico. Dalla pittura figurativa all’installazione, dalla scultura alla poesia: la pluridisciplinarità dei mezzi espressivi descrive la storia degli “altri”, delle persone escluse dalla società e dal pensiero occidentale. Coloro che non appartengono al paradigma eteronormativo bianco-eurocentrico trovano qui una voce e uno spazio in cui esprimersi e divulgare la propria storia.
L’emarginazione sociale viene narrata dalle minuziose opere scultoree ornamentali dell’artista Hannah Lim, cui attinge alla ricerca dell’Orientalism e del femminismo dell’Asia orientale e meridionale per parlarci di esclusione delle culture miste e del destino della donna-oggetto; dai simboli lgbtqia+ nell’astrazione dell’artista James Cabanuik, in cui emoticon pittorici proclamano un ambiente rassicurante dove poter essere sé stessi, come un tempo era annunciato sulle porte delle dimore libere; o dai segnali nascosti delle violenze passive che letteralmente sciolgono la danza nel calore di un forno, nel dipinto di Katie Tomlinson. L’assenza della voce ha dato modo agli artisti emergenti della mostra di creare una fotografia drastica di quello che succede silenziosamente, attraverso la morbidezza e la presenza di cura nella sagoma di un peluche oltre la misura ordinaria, con la forza di un display per la registrazione sonoro-visiva o con la materialità dei grandi dipinti astratti.
Attraverso gli scorci fotografici rubati e resi pittorici, Adelisa Selimbašić sconvolge portando nella sua pittura le vicende legate all’identità e al senso di inadeguatezza, che traspaiono quotidianamente all’interno di cornici simboliche dal formato di un post di Instagram. Il suo lavoro è un reindirizzamento, una pratica per imparare ad amare il proprio corpo e la propria identità. Attingendo al suo patrimonio culturale d’origine, Zayn Qahtani lavora alla creazione di storie che sembrano esistere nella twilight-zone: “too distorted to be real, too familiar to be a dream”, nelle parole dell’artista stessa.
Aronne Pleuteri ci conduce oltre i limiti della nostra esperienza culturale, sociale e iconografica. Capovolge i nostri presupposti occidentali e ci orienta verso distinte consapevolezze. Le mani metalliche allungate di Nicole Colombo offrono uno spazio fatto di candele e fragranze che ricordano la preghiera e la benedizione nel momento del battesimo. Le essenze ci fanno percepire con altri sensi la presenza del nostro corpo che a sua volta si inebria del delicato profumo, regalando un attimo di pace interiore.
Si delinea uno spazio di conforto ma soprattutto di protesta: la loro melodia silenziosa è visibile, libera e pronta per essere ascoltata. Ora gli artisti, coinvolgendoci nelle battaglie sociali e personali, possono individuare ed eliminare i nostri costrutti e istruirci attraverso i loro sentimenti e i loro saperi.
Alessia D’Introno
Info:
AA.VV. Unannouced: The Other Voices Of Silence
A cura di Marta Orsola Sironi e Mattia Pozzoni Art Advisory
21/09/2023 – 08/10/2023
LAMPO Milano, Via Valtellina, 5, 20159 Milano MI
https://www.lampomilano.it
Alessia D’introno è laureata in Arti Visive e attualmente frequenta il biennio specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali presso Nuova Accademia di Belle Arti, NABA, Milano. Scrive per la rivista cartacea e online Juliet Art Magazine. Il suo lavoro critico è incentrato sulla demolizione di paradigmi storici ai quali l’Italia e l’Europa sono legate da secoli. La pratica de-coloniale della sua ricerca sviluppa un confronto e un’apertura verso nuove metodologie e possibilità.
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