Una grande mostra site specific “The Golden Calf” (Il Vitello d’ Oro) di Ryan Mendoza è visibile nel grandioso Palazzo Reale di Palermo. L’artista statunitense, che ha esposto in tutto il mondo, ha creato un progetto bellissimo articolato negli spazi illustri con la Fondazione Federico II. Un percorso di arte contemporanea e “una sfida in un luogo con quasi mille anni di storia” per svelare i paradossi del nostro tempo. Il lavoro di Mendoza è durato tre anni (durante la pandemia) ed è stato sostenuto con lungimiranza da Patrizia Monterosso, direttore di Fondazione Federico II, con la Fondazione Brodbeck e la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo. L’idea dell’artista è evocare un messaggio significativo per riflettere sul tradimento della natura e sul tradimento tra gli esseri umani, un appello per intercettare i valori perduti contro i falsi idoli. Un concept potente, ottenuto attraverso pittura, ceramica, fotografia, video, mixed media, avvolge lo spettatore e lo provoca attraverso metafore ambigue, come l’installazione della montagna di peluche nel cortile e i molti pipistrelli all’interno e nei Giardini di Palazzo Reale, ma anche sparsi in altri luoghi, tra cui il MANN di Napoli e il Mausoleo di Cecilia Metella a Roma. L’esposizione si è concretizzata in quarantadue opere tra dipinti, sculture e installazioni, quasi tutte realizzate espressamente per la mostra occupando tutto il Palazzo dalla facciata esterna al cortile al piano nobile. Abbiamo intervistato il famoso artista americano, che ha un passato a New York e vive tra Berlino e l’Italia, oggi in Sicilia, dopo una permanenza lunga a Napoli.
Manuela Teatini: Che effetto ha avuto lavorare per il Palazzo Reale di Palermo per la suggestione del luogo?
Ryan Mendoza: All’inizio per me era come una sfida impossibile, a causa dei grandi spazi e dei riferimenti storici. È stato un lavoro lungo e difficile. Non sarei riuscito se non fossi stato consigliato e sostenuto da Patrizia Monterosso, da Gianluca Collica, direttore della Fondazione Brodbeck e da Paola Nicita dell’Accademia di Belle Arti. Mi hanno messo a disposizione dieci assistenti per la realizzazione dei centotrenta pezzi dei grandi peluches in ceramica che fanno parte dell’installazione nel cortile. È stato molto stimolante pensare e progettare per tutti gli spazi. Ho letto e studiato la storia di Federico II per affrontare meglio questo grande progetto. Abbiamo coperto la facciata del Palazzo con un video e per la prima volta è stata concessa la Sala dei Vicerè alla pittura contemporanea. Lì c’è il nucleo delle mie opere più importanti: i nuovi quadri che sono contornati dai ritratti storici dei re della Sicilia.
Che cosa ti affascina di più della Sicilia sentimentalmente?
Abbiamo preso con mia moglie Fabia una casa con del terreno e tre cavalli in Sicilia sotto l’Etna vicino a Catania, a Santa Venerina, dove abbiamo alcuni amici. Quando sono sceso da Berlino mi ha fatto un certo effetto, perché qui sto tra l’Etna e il mare. E c’è un posto preciso dove io mi sento al centro dell’universo, proprio vicino a un albero di albicocche, anche se qualcuno potrebbe dire che non sono da nessuna parte. La Sicilia rappresenta per me una ferita perché è una terra che è stata abbandonata per molto tempo, tanta gente è andata via, in America e al Nord, per cercare lavoro. Ora esiste la speranza di una ripresa, per esempio con la gentrificazione degli agriturismi, dove si cerca di riprendere il terreno e lavorarlo come fanno i contadini, ma anche questa è una scienza che ha a che fare con il tempo. E non è solo il problema dell’abbandono, ma anche quello dell’immondizia dappertutto, un problema terribile, anche a Santa Venerina: quando faccio una passeggiata e vedo che buttano le cose dalle finestre, mi si spezza il cuore. Anche nel mare ci sono contenitori e tanta plastica. Secondo me è un dovere che sentiamo in tanti ormai quello di riprendere i terreni con umiltà e dare spazio alla natura. una volta lì vi era un sistema autosufficiente con i pozzi per l’acqua, che in gran parte oggi andrebbero riattivati.
Sei arrivato in Sicilia attratto dal paesaggio, dal mare o da altro ?
Dopo l’ictus, ho avuto bisogno di riprendermi e in Sicilia ho trovato la forza per andare avanti. In questi luoghi, nel cibo e anche nel linguaggio o negli sguardi c’è sempre una speranza.
Come collabora con te Fabia, che a sua volta è un’artista e una scrittrice?
Abbiamo lavorato molto in passato e anche per questa mostra: a Palermo Fabia ha realizzato un documentario importantissimo che racconta tutta la mostra e i vari contributi della realizzazione oltre al mio lavoro di artista. Io la amo, lei è la mia musa, facciamo diverse cose insieme, ma anche lei ora sta facendo la sua strada. E poi c’è Dylan, nostro figlio, l’unico capolavoro che ho mai fatto e non l’avrei potuto fare senza Fabia, questo è sicuro.
Quali sono i tuoi riferimenti nel mondo dell’arte?
Ne ho avuti tanti in passato, quando sentivo il bisogno di un appoggio. Poi a un certo punto inizi a uccidere tutti i tuoi eroi. Posso dire che a me piace sempre molto Cindy Sherman, lei è veramente incredibile e stupefacente, before her time, ha sempre anticipato le tematiche della gender equality. In realtà lei è una pittrice anche se è considerata fotografa. Dipinge il trucco come una pittura.
Berlino che cosa rappresenta per te?
La nostra casa è un po’ speciale, abbiamo un muro nel giardino posteriore che confina con un altro palazzo. Quando abbiamo comprato la casa il muro era distrutto e io avrei voluto ricostruirlo, ma a mia moglie piaceva l’idea che fosse comunicante e si potesse andare da un giardino all’altro, quindi abbiamo lasciato un buco attraverso il quale si può passare. Berlino è proprio questo, un luogo dove hai un accesso a un altro mondo. Così mio figlio, grazie a questo passaggio, va a trovare i suoi tanti amici. Al contrario, io ho avuto un’infanzia molto chiusa, a causa della paura dei miei genitori che non volevano fastidi, malattie o disturbi. Io ho vissuto così, ma ora grazie a mio figlio vivo in un mondo aperto che respira. Berlino è contaminazione, come si può percepire visitando ad esempio la piccola collezione di arte contemporanea del collezionista Ulrich Seibert (http://seibert-collection.art/). Ci sono diverse realtà interessanti come questa, dove uno va e incontra tanti altri artisti. In Sicilia non conosco spazi di questo tipo.
Che ne pensi del problema della salvaguardia della natura e del clima terrestre?
È una storia legata all’antichità e al panteismo. Il problema è che la gente deve ritrovare il divino nelle cose e recuperare questa spiritualità nelle cose orizzontalmente: abbiamo abbandonato il mare, la Terra, gli animali e dobbiamo riprenderli per salvare il mondo con la nostra sensibilità e con coraggio. Il divino sta anche nel mare, la plastica è l’abbandono completo.
Che significato hanno i pipistrelli dormienti che vediamo in mostra?
La natura umana è abbastanza grottesca. Durante il Covid abbiamo visto online immagini di pipistrelli nelle zuppe e abbiamo dato la colpa a loro, ma noi siamo molto più pericolosi di loro. Sento che non siamo lontani dall’essere noi stessi tutti dei Batman. C’è tenerezza in queste sculture, non erano fatte per spaventare, anche perché rappresentano un tipo di pipistrello che assomiglia molto a un cane: sono state realizzate con il silicone, con la tecnica del calco. Ma, tornando al tema dell’abbandono e del tradimento al centro di questa mostra, in cima alla scultura principale nel Palazzo Reale c’è un orso polare e questo orso potrebbe essere tutto dorato e da venerare perché fa parte della nostro mondo e della nostra infanzia. Penso ai molti bambini che hanno sofferto durante il Covid: vedere come li abbiamo costretti e isolati, mi ha dato un tormento infinito. I peluche della scultura, l’orsacchiotto, la giraffa, il cervo e l’orso polare: tutti questi animali fanno parte di un sogno che è stato messo da parte dalla storia dell’umanità, ha a che fare con una pesante nostalgia.
La cosa che ti fa stare meglio è dipingere?
Diversamente dalla scultura e dalla fotografia, la pittura è stata sempre per me un modo molto protetto per prendere tempo e riflettere. Però alla fine non è la pittura che è importante. L’importante è trovare un modo per rispecchiare la gente, senza dare dei giudizi, per capire qual è la temperatura del momento. Lo si può fare tramite la pittura, la fotografia, la scultura, l’importante è farlo. Penso che in qualche modo la pittura sia il termometro più diretto all’anima.
Info:
Ryan Mendoza. The Golden Calf
31/07/2022 – 26/09/2022
Palazzo dei Normanni
Piazza del Parlamento, 1, Palermo
L’artista Ryan Mendoza, courtesy Fondazione Federico II, Palermo
Ryan Mendoza, Deer, 2021, oil on aluminium, courtesy Fondazione Federico II, Palermo
Ryan Mendoza, Bats, 2020/2022, black silicone, courtesy Fondazione Federico II, Palermo
Ryan Mendoza, Polittico, 2021, oil on linen, Fondazione Federico II, Palermo
Ryan Mendoza, Stuffed animals, 2020/2022, ceramic and mixed technique, cortile Maqueda di Palazzo Reale, courtesy Fondazione Federico II, Palermo
Ryan Mendoza. The Golden Calf, installation view at palazzo Reale, Palermo, courtesy Fondazione Federico II, Palermo
Manuela Teatini, film maker e giornalista, si occupa di arti visive, in particolare di cinema, fotografia e arte contemporanea. Ha scritto come free-lance per anni con VOGUE, Uomo VOGUE, ELLE e altre testate di cinema, arte e nuove tendenze. È autrice e regista dei docufilm “ART BACKSTAGE. La passione e lo sguardo” (2017), “MASSIMO MININI. Story of a Gallerist” (2019), “GIOVANNI BOLDINI. Il Piacere. Story of the Artist” (2021) premiato al Terra di Siena International Film Festival 2021.
NO COMMENT