Wim Wenders è tornato quest’anno al 76° Festival di Cannes per la gioia dei suoi fedeli cinéphiles con due capolavori: “Anselm”, documentario sull’artista Anselm Kiefer, e “Perfect Days”, film in concorso girato in Giappone che si è aggiudicato un premio dalla Giuria presieduta dal regista Ruben Ostlund. Il grande regista tedesco, che aveva già lavorato nel 2011 con il 3D per il lungometraggio “Pina” dedicato alla coreografa Pina Bausch, ha presentato in anteprima mondiale “Anselm”, documentario girato in 3D e 6 K di risoluzione, realizzato in più di due anni con Anselm Kiefer. Il film di 93 minuti, in questa altissima risoluzione, offre un’esperienza di immersione unica e magnifica per lo spettatore nel lavoro e nella vita dell’artista tedesco, esplorando la letteratura, la poesia, la filosofia, la scienza e la religione che hanno profondamente influenzato la sua carriera. Il regista ha seguito Kiefer dalla Germania alla Francia, Paese dove lui abita da anni stabilmente, raccontando cinquant’anni di attività artistica nei luoghi principali dove Kiefer ha lavorato. Il film rivela soprattutto il processo creativo delle grandi installazioni, riflettendo sulla profonda fascinazione del Maestro per la Mitologia e la Storia.
«Anselm Kiefer e io siamo entrambi nati alla fine della Seconda Guerra Mondiale, lui pochi mesi prima, io pochi mesi dopo» dichiara Wenders. «Abbiamo trascorso l’infanzia in un Paese distrutto e devastato nell’immagine, dove gli adulti – compresi i parenti e gli insegnanti – volevano freneticamente crearsi un futuro e cercavano febbrilmente di dimenticare il passato o di fare finta che non fosse esistito. Mentre Anselm ha studiato Legge a Freiburg-im-Breisgau, io lì ho studiato Medicina. Ci saremmo potuti incontrare allora, ma entrambi abbiamo preso altre direzioni: lui ha studiato Arte in Accademia e io ho scelto una scuola di cinema. Ma niente è così formativo come le prime impressioni e quindi avevamo molte cose in comune da condividere». Wenders ricorda che la prima volta si sono conosciuti nel 1991 quando Kiefer preparava una mostra alla Neue Nationalgalerie a Berlino, inizio di una frequentazione fatta di buone bevute e lunghe chiacchierate, dove compariva l’idea di fare un film insieme.
L’idea è diventata reale molto tempo dopo, quando Wenders ha visitato a Barjac in Francia un grande studio di Kiefer rimanendone folgorato: «La topografia più incredibile e completa del suo lavoro – il paesaggio comprende varie costruzioni architettoniche, numerosi padiglioni, cripte sotto terra e persino un grande anfiteatro coperto. Non avevo mai visto niente di simile. Quando ho incontrato Anselm lì, era come se ci fossimo ritrovati nello stesso momento di tanti anni prima. Subito dopo ci siamo rivisti nel suo attuale studio a Croissy vicino a Parigi e lì abbiamo deciso finalmente di fare il film insieme» afferma Wenders. ll film ha richiesto due anni di riprese a Barjac, Croissy, sulle montagne Odenwald, dove Kiefer aveva preso il suo primo studio, nei suoi luoghi natali a Rastatt e sul Rhine River. «Il 3D è stato di grande aiuto in questo processo. Voglio fare un’affermazione audace: non esiste un altro medium in cui you see so much. Sono conscio del fatto che questo possa essere preso per arroganza o per pregiudizio personale. Tuttavia mi baso su fatti ed esperienze».
Wenders spiega poi ulteriormente come il 3D sia in grado di offrire un’esperienza potente, che rivela molto di più rispetto all’immagine bidimensionale e piatta. «Il 3D è capace del coinvolgimento più stupefacente e immersivo, sia sul piano fisico e sia mentale. Questo linguaggio è in grado di creare poesia». Nel cast compare, oltre ad Anselm Kiefer, suo figlio Daniel Kiefer che lo rappresenta da giovane e Anton Wenders che interpreta lui da ragazzino. Il film racconta con eleganza e originalità momenti della vita dell’artista e grazie a riprese dall’alto con i droni e alla sapiente direzione della fotografia di Franz Lustig, le creazioni gigantesche e l’uso straordinario dei metalli e delle superfici come pareti trattate con il fuoco o con l’acqua. È un mondo artistico affascinante che fa uso di mezzi e lavorazioni industriali.
Il secondo film “Perfect Days”, in omaggio alla canzone di Lou Reed, è stato realizzato da Wenders molto velocemente rispetto al documentario e ha vinto il Premio Miglior Attore per Koji Yakusho al festival di Cannes 2023. Wenders, che aveva vinto la Palma d’oro a Cannes con “Paris, Texas” (1987) e il Premio per la Regia con “Il cielo sopra Berlino” (1987), questa volta ci regala un film delizioso e poetico che arriva al cuore del pubblico e dei critici grazie alla straordinaria presenza dell’attore giapponese Koji Yakusho. Nel film l’attore, già conosciuto internazionalmente per la sua partecipazione nel film di Shohei Imamura “The Eel” e in “Babel” (2006) di Alejandro Gonzalez Inarritu, interpreta la parte di un uomo anziano e sereno che vive e a Tokio come inserviente addetto alle pulizie dei bagni pubblici. L’uomo si sveglia ogni mattina nel suo appartamentino modesto pieno di libri e scatole di fotografie, inizia con la sua routine, piegando il tatami con cura in un angolo della sua camera, osserva il cielo e il tempo, indossa la tuta e si reca al lavoro con il suo furgoncino scassato. Una vita modesta, ma visibilmente appagata dalle piccole cose che il protagonista accoglie come doni preziosi attraverso l’osservazione del mondo variegato che lo circonda nelle toilette pubbliche e nel parco vicino dove si diletta a fare fotografie agli alberi mentre si muovono con il vento. Komorebi in giapponese è la luce che filtra tra le foglie degli alberi e che l’uomo delle pulizie, durante la pausa pranzo, cattura con una vecchia macchina fotografica che tiene in tasca. Nonostante non succeda mai nulla di particolare, fino a un certo punto, il film tiene in sospeso e appassiona, soprattutto per il fatto che il protagonista Hirayama è un tipo solitario e gentile, che non parla mai e suscita la curiosità di sapere molto di più sul suo passato: tra l’altro ascolta ottima musica rock anni ‘80 (Patti Smith, i Kinks, Lou Reed) con delle vecchie musicassette che colleziona gelosamente. Un film e una storia understated scritta con Takuma Takasaki, con una fotografia bellissima su una Tokio contemporanea per niente cartolinesca, sempre firmata da Franz Lustig, dove il personaggio zen lascia liberamente immaginare allo spettatore un passato diverso, vista la sua cultura e la sensibilità che trapelano dalle immagini quotidiane. Premio all’attore Koji Yakusho meritatissimo!!
Info:
Manuela Teatini, film maker e giornalista, si occupa di arti visive, in particolare di cinema, fotografia e arte contemporanea. Ha scritto come free-lance per anni con VOGUE, Uomo VOGUE, ELLE e altre testate di cinema, arte e nuove tendenze. È autrice e regista dei docufilm “ART BACKSTAGE. La passione e lo sguardo” (2017), “MASSIMO MININI. Story of a Gallerist” (2019), “GIOVANNI BOLDINI. Il Piacere. Story of the Artist” (2021) premiato al Terra di Siena International Film Festival 2021.
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