Si sa che il cielo condensa in sé il fascino del mistero, la logica dei colori con i giochi della luce sull’etere e, come il mare, racconta il suo appartenere a quel senso di infinito e di poetico che spesso viene immortalato e interpretato dagli animi più attenti alla precarietà del vivere. Da quando esiste l’uomo sulla terra lo sguardo all’insù è la più spontanea manifestazione della sete di conoscenza e del rapporto con il macro mondo. Il cielo veglia sulle impervie trame di luci e ombre dell’esistere, custodendo storie taciute, leggende nascoste, verità supposte e spesso in alcune culture è simbolo degli umori delle stagioni o del divino.
In cielo nulla appare essere scontato: dai passaggi degli uccelli in volo alle nubi mosse dal vento e talvolta piene di pioggia poiché nulla si ripete allo stesso modo. Così i pensatori, i visionari, i narratori, i registi di vita ci consegnano messaggi poetici, filtrati dall’osservazione della volta celeste. E qui inizio a parlare di Carlo Verdone, quasi una parte del DNA genetico della nostra storia cinematografica italiana. Ma non vi parlerò di cinema in questa sede. Vi presento invece una inedita dimensione interiore e spirituale del noto attore-regista.
Sappiamo quanto Verdone sia conosciuto in Italia e nel mondo e magari in pochi avranno appreso della sua mostra fotografica, “Nuvole e Colori”, aperta lo scorso 30 Luglio – ancora in corso fino all’1 Novembre – al Museo Madre di Napoli, spazio museale sempre più attento all’incontro di vari generi artistici. Si tratta di quarantadue fotografie e della prima collaborazione tra il museo Madre e il Festival La Milanesiana, ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, curatrice della mostra insieme a Paolo Mereghetti. L’intento dei curatori è stato quello di proporre al pubblico uno sguardo inedito di Carlo Verdone, che da più di vent’anni ovvero dal 1999 scatta foto al cielo da tre postazioni, una delle quali è il suo terrazzo romano, e lo fa con una certa costanza oltre che con una ritualità sacra per rintracciare gli «umori di Dio» come ha dichiarato.
Non è mia intenzione delineare una strada dell’arte contemporanea percorsa da Carlo Verdone. Semmai vi racconto la dimensione più intima, umana, melanconica che trapela dalle fotografie dei suoi paesaggi permeati da una “nebulosità” piena di amore nostalgico per la vita. Ma non per il mondo. Ed è questa la chiave di lettura che condivido con voi: nelle fotografie di Carlo Verdone l’umanità non è raccontata né si fa cenno ai pensieri del mondo sotto le nuvole. Non importa riportare un’idea sociale proprio dallo sguardo attento di chi, dietro la macchina da presa o davanti a essa e sulla carta, sa perfettamente raccontare le antropologie umane e le storie di vita del mondo stesso.
C’è invece il silenzio, l’attesa, l’uomo solo davanti allo scorrere del tempo, tra un’alba e un tramonto. C’è l’espressione di una percezione interiore fatta di scatti che testimoniano il dialogo silente di Verdone: a tu per tu con il creato celeste, con le nuvole. Una confessione di attimi dell’esistenza che non contemplano, in questo caso, la logica della pellicola, della produzione e del sistema cinema. Questa volta il narratore Verdone cede il posto proprio al cielo, condiviso da tutti, ma non amato e osservato alla stessa maniera da tutti.
Ognuno ha il suo modo di contemplare e Verdone lo ha fatto senza rumore mediatico, trattenendo per tanti anni a sé le confessioni delle nuvole nel silenzio nebuloso della segretezza dell’etere, dando forma alla sua prima mostra fotografica in una città iconica come Napoli che ha dato i natali a grandi personalità della storia teatrale e cinematografica italiana come Edoardo De Filippo e Totò e che è anche la città simbolo di alcuni film neorealisti memorabili. Magari quella melanconia che trapela a Napoli ha qualcosa in comune con le nuvole di Verdone, che in una veste nuova è entrato con garbo e rispetto al Museo Madre per svelare al pubblico la fragile “nebulosità” del suo dialogo interiore col divino.
Info:
Carlo Verdone. Nuvole e colori
a cura di Elisabetta Sgarbi e Paolo Mereghetti
30.07 — 01.11.2020
www.madrenapoli.it
Carlo Verdone, Lenta disarticolazione, s.d., Foto © Carlo Verdone
Carlo Verdone, Piccola Speranza, s.d., Foto © Carlo Verdone
Carlo Verdone, Tramonto in Sabina, s.d., Foto © Carlo Verdone
Carlo Verdone, Senza titolo, s.d., Foto © Carlo Verdone
Attraverso l’arte sente l’esigenza di accostarsi sempre di più alla natura, decidendo di creare una residenza artistica sull’Etna come un “rifugio per l’arte contemporanea” per artisti e studiosi. Nasce così Nake residenza artistica. Vince il Premio Etna Responsabile 2015. Nel 2017, è invitata nella Sala Zuccari, Senato della Repubblica, come critico d’arte. Scrive per artisti italiani e stranieri. Curatrice del primo Museo d’Arte Contemporanea dell’Etna e del progetto “Etna Contemporanea”.
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