Tra le molteplici funzioni dell’immagine fotografica esiste la sua capacità di produrre registrazioni iconografiche o archivi visivi, assemblando frammenti eterogenei della memoria storica. In molti casi, la presenza di una fotografia può condurre a una rilettura di quei dettagli relativi a un evento specifico che normalmente sfuggono alla visione, così come aspetti esclusi dal campo della focalizzazione critica, sommersi dalle pratiche di mistificazione o occultati dalla presenza di un senso altro rispetto all’originale.
Riscattata dalla sua funzione elegiaca della storia, che è anche parte del compromesso con la sua ricezione sociale e collettiva, l’immagine eidós (εἶδος) fotografica attiva una revisione critica del cronogramma fenomenologico di eventi che inseriamo sotto l’etichetta imparziale e rassicurante di “storia”.
Succede allora che un attrito – un vero e proprio punctum barthesiano – rompa la familiare e solida sintassi di elementi visivi, conducendo al dubbio, evocando nuovi quesiti, lasciando emergere il materiale incosciente della storia.
Ecco il punctum di origine dell’investigazione di Leandro Katz (Buenos Aires, 1938), un artista che fa dell’immagine fotografica il nucleo metodologico ed estetico della sua ricerca. Combinando fotografia, installazione e video, la mostra presenta un insieme di opere che includono tanto le immagini del Che Guevara nella sua campagna in Bolivia quanto le testimonianze visive sul passato coloniale dell’America Centrale, interpretando il fenomeno collettivo dei processi di formazione e accumulazione delle immagini nella storia.
Ecco la natura dei progetti di Leandro Katz presentati presso il MUAC di Città del Messico in collaborazione con la Fondazione Proa di Buenos Aires e per la prima volta riuniti in uno spazio estetico e narrativo che porta il titolo di Proyecto para el día que me quieras y la danza de fantasmas. Di questo e “altri fantasmi”, ne abbiamo parlato con il curatore responsabile del MUAC, Cuauhtémoc Medina.
Come sottolinea Medina in relazione alla specificità di questo evento: “si tratta di un caso estremo, dove la nozione di “arte di investigazione” tanto in voga nell’arte contemporanea ha prodotto non solo risultati poetici ed estetici ma anche epistemologici. Leandro Katz comincia la sua ricerca da un vero e proprio punctum barthesiano, ovvero, la curiosità per un frammento non identificato di braccio che si intravedeva appena nella celebre fotografia del Che Guevara scattata negli spazi della vecchia lavanderia dell’ospedale di Valle Grande in Bolivia. Katz ha avuto il merito di identificare per primo il fotografo di queste foto trasmesse a tutto il mondo, Freddy Alborta, e a intervistarlo.
Tra le scoperte emerse da questa investigazione, c’è l’evidenza che il cadavere di Che Guevara risultava circondato da vari corpi di soldati sul suolo, un dettaglio che è stato ignorato dalla posterità, e che l’immagine del suo cadavere che ha evocato la immagine di Cristo in molti spettatori non è il risultato di una attribuzione soggettiva ma piuttosto di un’interpretazione che il fotografo ha voluto incorporare al suo scatto, un significato voluto. La mostra presenta per la prima volta al mondo, l’intera serie di foto scattate da Alborta durante questa indimenticabile sessione fotografica. Questi costanti risultati di investigazione hanno trasformato il progetto in un evento di rilievo nella traiettoria dell’arte post-concettuale come per l’arte della storia delle guerrillas latinoamericane”.
Sono dunque quattro progetti presentati in occasione della mostra: El día que me quieras, Paradox, La huella de Viernes, y Proyecto Catherwood, i quali appartengono a periodi distinti della sua ricerca coniugando installazione, fotografia e video. Non è un caso se il titolo del primo progetto corrisponda al titolo di una canzone cara alla tradizione latinoamericana (El día que me quieras – Carlos Gardel). Casualmente, il centenario della rivoluzione o golpe sovietico di ottobre-novembre del 1917 coincide con i cinquant’anni della scomparsa di Che Guevara nel 1967. Inoltre, alla base del progetto espositivo c’è l’intento di sottolineare criticamente questa connessione storica, esponendo l’opera del gruppo Chto Delat di San Pietroburgo e riunendo la serie El día que me quieras de Leandro Katz, esposta integralmente per la prima volta.
In relazione alle scelte di ordine curatoriale ed allestitivo, Medina ha affermato che molte delle opere sono state facilmente adattate agli spazi del museo grazie alla presenza di tiranti, al contrario, è stato necessario stabilire una separazione tra il progetto dedicato a Che Guevara e la lunga investigazione sul passato della storia mesoamericana al centro del Proyecto Catherwood. La metodologia espositiva risponde a una necessità di chiarezza architettonica e separazione razionale tra le sequenze di opere. Ad esempio, il curatore menziona la maniera in cui sono state esposte le foto scattate da Alborta nel 1969 sopra ripiani come se fossero campioni sotto osservazione e non come semplici fotografie esposte in un modello “cornice”.
In occasione di progetti espositivi, particolarmente solidi nella prassi critico-ideologica come nella traduzione pratica, è naturale chiedersi quali siano le sfide della pratica curatoriale attuale, specialmente immaginando la direzione in cui lavorare per la trasmissione al futuro degli archivi attuali, in un’ottica di conservazione e non solo di promozione artistica.
La conservazione dell’arte presenta aspetti tecnici non solo in relazione all’intervento di figure professionali di restauratori e conservatori ma anche nelle decisioni in materia di documentazione, includendo la creazione di un quadro legislativo e contrattuale con gli artisti al fine di generare opere che possano essere restaurate nel futuro e interpretate in una prospettiva accademica e documentale. In particolare, esiste una classe specifica di lavori che possiedono una base cibernetica dipendendo da tecnologie elettroniche, dai formati audio e video variabili, alle più complicate opere interattive che rappresentano una sfida a causa della rapida caducità dei loro mezzi di riproduzione. Per il curatore è necessario stabilire contratti con gli artisti per rendere possibile riprodurre i lavori attraverso mezzi tecnici avanzati, nuovi formati di riproduzione, evitando il rischio che questi risultati possano essere interpretati come semplici alterazioni dell’originale. Medina conclude che “in casi estremi, alcune opere necessitano una archiviazione in modo che si possano conservare non solo i programmi ma anche i codici ASCII per non ricorrere al codice binario, permettendo all’opera di essere ricreata a partire da zero e mantenendo le sue informazioni su carta. Certamente si tratta di un’attività complessa, che richiede creatività e spirito casistico”.
La mostra, curata da Cuauhtémoc Medina, Cecilia Rabossi y Amanda de la Garza sarà visitabile sino al 29 luglio presso il Museo Universitario di Arte Contemporanea (MUAC) di Città del Messico www.cultura.unam.mx. È accompagnata da una pubblicazione dal titolo Leandro Katz. Proyecto para el día que me quieras y la danza de fantasma a cura di Eduardo Grüner e Cuauhtémoc Medina.
L’arte è immagine della memoria istintiva e razionale, traduzione critica della realtà, espressione dell’anomalia che aiuta alla comprensione del tempo presente, rendendolo più visibile. Con il proposito che l’arte sia sempre necessaria.
Ella aquieta mi herida / Todo, todo se olvida.
Un ringraziamento particolare va a Cuauhtémoc Medina.
Giuliana Schiavone
Leandro Katz. Proyecto para el día que me quieras y la danza de fantasmas. MUAC, 2018. Courtesy of MUAC
Leandro Katz. Proyecto para el día que me quieras y la danza de fantasmas. MUAC, 2018. Courtesy of MUAC
Leandro Katz. Proyecto para el día que me quieras y la danza de fantasmas. MUAC, 2018. Courtesy of MUAC
Leandro Katz. Proyecto para el día que me quieras y la danza de fantasmas. MUAC, 2018. Courtesy of MUAC
Leandro Katz. Proyecto para el día que me quieras y la danza de fantasmas. MUAC, 2018. Courtesy of MUAC
Storico dell’arte, critico e curatrice indipendente. Lavora attivamente in progetti dedicati alle arti visive occupandosi in particolare di scrittura critica e comunicazione. Attualmente vive in Messico dove lavora come docente universitario di Gestione delle Arti Visive. Parallelamente al suo percorso di studi in Storia dell’arte, archeologia e curatela di eventi culturali, si é diplomata in canto jazz presso il Conservatorio di Bari N. Piccinni. Al centro dei suoi interessi si incontrano le manifestazioni artistiche connesse alla relazione tra musica, voce e suoi aspetti rituali e iconografici.
NO COMMENT