Quando i “poveristi” vennero presentati per la prima volta nel 1967 alla galleria La Bertesca di Genova, Germano Celant annunciò nel catalogo della mostra l’avvento di un “nuovo umanesimo”. In un articolo apparso poco tempo dopo su Flash Art, descrisse l’artista come un “guerrigliero [che] vuole scegliere il luogo del combattimento, possedere i vantaggi della mobilità, sorprendere e colpire”. Se prima tali propositi potevano riguardare la sola “categoria” degli artisti, oggi non può più essere così: il termine “umanesimo” deve necessariamente riferirsi all’uomo nella sua totale e diversificata complessità. Se n’era accorto anche Jannis Kounellis, tra i protagonisti dell’Arte Povera, il quale affermava che l’uomo, nell’ambito della sua ricerca, era ciò che più lo interessava.
L’importanza del valore dell’essere umano ritorna poi nelle parole di Joseph Beuys: “ogni persona è un artista”. Questa convinzione – da “leggerla bene” come direbbe Friedrich Nietzsche – nascondeva la speranza, e in fondo la consapevolezza, che qualcosa prima o poi potesse cambiare. Modificare radicalmente il pensiero lasciandosi trasportare da un innato impulso creativo: un processo lungo, certo, ma non impossibile da attuare. Per intraprenderlo, forse, occorre fare affidamento a quella “volontà di potenza” nietzschiana che nulla ha a che vedere con la brama di potere, ma che riguarda, al contrario, l’accettazione attiva della vita, e la capacità di saper plasmare e rinnovare il mondo in maniera costante. Carmelo Bene, qualche anno più tardi, effettuerà addirittura uno scarto rispetto alle parole di Beuys. Ispirato dai dettami del filosofo Arthur Schopenhauer, scriverà che “il destino di ogni opera d’arte non è nell’opera = È ARTE ALL’OPERA! È il prodursi dell’artista che trascende l’OPERA […] L’artefice non è mai autore di una propria opera, è di per sé, semmai, capolavoro vivente”: da qui la convinzione, portata sempre avanti, secondo cui “ognuno dev’essere un capolavoro”.
Da queste premesse è nato L’essere umano come opera d’arte, nuovo progetto di mtn | museo temporaneo navile di Bologna. In concomitanza con la riapertura, avvenuta il 5 giugno 2020 con la personale Intramondo dedicata all’artista Sabrina Muzi, Marcello Tedesco e Silla Guerrini, fondatori del museo, hanno pensato a un Certificato di Opera d’Arte scaricabile direttamente dal sito e dedicato a ogni persona “in quanto essere umano in questo periodo storico”. L’idea, però, non scaturisce soltanto dalle importanti riflessioni che si sono succedute nel corso della storia, ma anche da considerazioni circa il momento storico che stiamo attraversando. A imporre un’urgente disamina dell’argomento sono, infatti, le possibili conseguenze che potrebbe trascinarsi. E, nonostante le atrocità che lo accompagnano – o forse proprio per questo – il momento appare quanto mai propizio: il periodo di semi-immobilità è stato infatti determinante per consentire una lucida riflessione su noi stessi e sul ruolo che dovremo avere in futuro, e non possiamo lasciare che tutto passi inosservato.
Molto è cambiato in queste ultime settimane – i rapporti umani, le abitudini, la vita cittadina – ma ciò che invoca un decisivo cambio di rotta è soprattutto la nostra persona: i fatti accaduti pochi giorni fa oltreoceano ne danno un’ulteriore, drammatica testimonianza. Non possiamo far finta che tutto sia rimasto invariato, e nemmeno l’arte può permettersi di farlo – chi crede che questa sia staccata dalle dinamiche della vita commette infatti un errore. Qualcosa forse sta iniziando a muoversi: i tavoli di discussione attorno al valore dell’arte, e la nuova veste digitale assunta dall’esperienza artistica, ci fanno capire quanto vitale risulta per noi la sua presenza. Ma occorre dell’altro. Certo, anche quest’ultimo aspetto ha contribuito a rendere il tutto ancora più vivo: a scapito di quanto si possa pensare, la rete non è soltanto costituita da dati, ma anche, e soprattutto, da persone. Il futuro impone di riflettere su queste inevitabili trasformazioni, ma se si vuole dare finalmente avvio a un “nuovo umanesimo” si deve puntare proprio sull’importanza dell’uomo.
L’idea del Certificato di Opera d’Arte, in linea con tutte le esperienze che hanno segnato il cammino di mtn | museo temporaneo navile, non rappresenta tuttavia né un gioco, né un’operazione eversiva. Si tratta, al contrario, di un gesto che intende restituire consapevolezza all’essere umano. Ciò comporta, al tempo stesso, una maggior responsabilità: proprio per il suo carattere unico e straordinario, l’uomo deve farsi carico delle scelte che decide di compiere. Il sociologo polacco Zygmunt Bauman chiarì questo aspetto nel suo scritto L’arte della vita: “A ogni artista della vita si chiede di accettare (proprio come agli artisti) tutta la responsabilità del risultato della sua opera, raccogliendone i meriti o le colpe” – anche quest’ultimo, difatti, sosteneva, “che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no”, che “la nostra vita è un’opera d’arte”.
Non a caso, il valore del Certificato di Opera d’Arte corrisponde a 450,3 milioni di dollari: cifra simbolica pari a quella raggiunta dal Salvator Mundi di Leonardo da Vinci nell’asta di Christie’s New York del 2017, essa, oltre a rappresentare una provocazione, sottolinea l’onere, per ogni persona, di costituire un’opera d’arte, di essere interprete di un qualcosa che non può prescindere dalla realtà. L’arte, infatti, non è altro che una forma d’interpretazione, etimologicamente parlando, perché mostra, manifesta ciò che all’apparenza risulta nascosto o incomprensibile: ecco, quindi, l’urgenza di elaborare “nuove narrazioni”, come scritto nel comunicato del progetto. L’arte deve tornare a parlare della vita, deve ritrovare quella “carica di comprensione della vita”, come diceva Cesare Zavattini, affiché continui a sua volta a rimanere viva. Questo non è possibile se si pensa a un ritorno del già stato, di ciò che era prima: una ri-nascita, invece, è ciò di cui abbiamo bisogno. Tutti noi dovremmo farci portavoce di questa ri-nascita, perché, come scriveva sempre Celant nel 1967, anche “la presenza fisica, il comportamento, nel loro essere ed esistere, sono arte”.
Info:
L’essere umano come opera d’arte
mtn | museo temporaneo navile, via John Cage 11/A-13/A, Bologna
info@museotemporaneonavile.org
www.museotemporaneonavile.org
Carmelo Bene, Pinocchio, Teatro Centrale, Roma, 1966, ©Claudio Abate
Cesare Zavattini nel suo studio di via Sant’Angela Merici a Roma, 1978, @Archivio Cesare Zavattini, Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia
Joseph Beuys durante un workshop alla FIU (Libera Università Internazionale) tenuto nel corso di Documenta 6, Kassel, 1977, @Documenta Archiv-Joachim Scherzer
mtn – museo temporaneo navile, Bologna
mtn – museo temporaneo navile, Bologna
Nato a Campi Salentina (LE). Dopo la facoltà triennale di Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali presso l’Università del Salento, frequento il Corso di Laurea Magistrale in Arti Visive presso l’Università di Bologna. Ho collaborato con la Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. di Bologna e con il MUMA – Museo del Mare Antico di Nardò (LE). Mi interessano le vicende riguardanti l’arte contemporanea, in particolare quelle legate alle pratiche video-fotografiche e performative. Scrivo per ATPdiary e Juliet Art Magazine.
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