Che sia nei confronti dei volti ieratici, oppure in quelli delle orme praticate in una materia sconosciuta, la sensazione che si prova osservando i lavori di Damien Meade è paragonabile a una sorta di profondo incantesimo. Si rimane quasi interdetti nell’intercettare lo sguardo dei personaggi raffigurati, tanto quanto nel cercare di inseguire le pieghe della sostanza rosea che anima il resto dei dipinti. Perfino i titoli, avvolti nell’indeterminatezza dell’untitled – parafrasando le parole di Alessandra Franetovich contenute nel testo che accompagna la mostra – non danno nessuna risposta esaustiva, né appigli ai quali aggrapparsi.
Le opere presentate in questa occasione – seconda personale dell’artista irlandese, dopo quella organizzata nel 2018 – appartengono tutte al 2021 e costituiscono gli ultimi sforzi nel campo prediletto da Maede fin dagli esordi: quello della pittura. Lo scarto è minimo rispetto alle precedenti sperimentazioni, eppure altamente percepibile: permangono le medesime categorie di soggetti che caratterizzano la sua produzione – quelle, appunto, delle figure e della materia intaccata – ma le modalità con cui l’artista le restituisce cambiano sensibilmente. Basta operare un veloce confronto con i dipinti di qualche anno fa per rendersene conto: la resa dei nuovi personaggi si allontana dalla fonte primaria che li ha generati – i bozzetti scultorei – per acquisire un’aura più austera ed enigmatica, a metà strada tra la sinuosità surrealista e l’oscurità metafisica, mentre la sostanza protagonista della seconda categoria abbandona il policromismo degli esempi precedenti per approdare al solo rosa-incarnato, guadagnandone in vigore e sensualità ai limiti dell’erotismo.
In effetti, come afferma pure Davide Rosi Degli Esposti, direttore di CAR DRDE, questa particolare tonalità di rosa è identificativa della pittura di Meade, ed è presente da sempre in ogni suo lavoro, anche solo attraverso piccole e impercettibili sfumature. Difatti, oltre a straripare nei quadri, per così dire, informali – “vere e proprie tele tentatrici verso un gusto aptico per la pittura”, scrive Franetovich – la si può notare addentrarsi nei toni che circondano la bocca e il naso degli individui, assumendo, di volta in volta, gradazioni rossicce o violacee a seconda dell’intensità della luce, fino a perdersi nei restanti e predominanti colori dell’azzurro e dell’argento.
Forse è anche merito di questa sfumatura – così umana e carnale – se quest’ultimo gruppo di lavori è in grado di esercitare quell’incantesimo di cui si diceva all’inizio. Quel che è certo è che si tratta di un sortilegio potentissimo, coadiuvato dal perturbante di presenze che, seppur vagamente familiari – hanno occhi, naso, bocca, capelli – rimangono chiuse nel loro silenzio, a scrutare imperterrite ogni tuo singolo movimento.
La formula magica in grado di evocarlo si compone, dunque, del loro torace – cosa sono le trame che lo costituiscono? Sorta di armature o l’insieme delle loro viscere? Oppure conformazioni zoo-fitomorfiche? – e della loro testa, fluttuante in sfondi indefiniti e separata, quasi in maniera sconvolgente, da tutto il resto; ma si compone pure del sinuoso agglomerato materico, intrappolato nella piattezza delle due dimensioni, eppure sorprendentemente vivo e magmatico – la domanda che attanaglierebbe chiunque è: di cosa è costituito?
Usciti dalla galleria, e interrotto l’incantesimo, nessuna risposta soddisferà i nostri quesiti. Ma forse è questo il senso della pittura di Maede: farti scivolare nell’indeterminatezza della sua atmosfera, lasciandoti assaporare ogni dettaglio e ogni piega di ciò che riporta, così da instillare il dubbio su cosa volessero raccontare quelle figure e su cosa potrebbe nascondersi dietro quella sostanza misteriosa. In fondo, come scriveva John Berger, “più radicalmente del dialogo verbale, per sua natura la vista si basa sulla reciprocità. E spesso il dialogo non è che il tentativo di dare voce a tale reciprocità”, anche quando tutto appare silenzioso, impercettibile e indecifrabile.
Antongiulio Vergine
Info:
Damien Meade – Damien Meade
CAR DRDE
via Azzo Gardino 14/a, Bologna
09/04/2022 – 11/06/2022
Damien Meade, veduta parziale della mostra. Ph Manuel Montesano, courtesy CAR DRDE, Bologna, 2022
Damien Meade, Untitled DM2011, 2021, olio su tela, cm 55 x 40,5. Ph Manuel Montesano, courtesy CAR DRDE, Bologna, 2022
Damien Meade, veduta parziale della mostra. Ph Manuel Montesano, courtesy CAR DRDE, Bologna, 2022
Nato a Campi Salentina (LE). Dopo la facoltà triennale di Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali presso l’Università del Salento, frequento il Corso di Laurea Magistrale in Arti Visive presso l’Università di Bologna. Ho collaborato con la Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. di Bologna e con il MUMA – Museo del Mare Antico di Nardò (LE). Mi interessano le vicende riguardanti l’arte contemporanea, in particolare quelle legate alle pratiche video-fotografiche e performative. Scrivo per ATPdiary e Juliet Art Magazine.
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