In due delle sedi – la Galleria Estense di Modena e il palazzo ducale di Francesco I d’Este a Sassuolo – che formano il complesso museale delle Gallerie Estensi è aperta fino al prossimo 30 gennaio, Spazio disponibile. Areare il pensiero prima di soggiornarvi, mostra dell’artista italo-palestinese Mustafa Sabbagh (Amman, 1961). Frutto dello sforzo curatoriale congiunto di Federico Fischetti e Fabiola Triolo, Spazio disponibile suona come un invito gentile, ma perentorio, a rinegoziare i termini e i margini di manovra del nostro approccio all’antico. Un patrimonio indiscutibilmente magniloquente, un fondo pressoché illimitato di memoria storica e di eccellenza artistica, che tuttavia rischia di divenire una presenza ingombrante alla quale nulla si deve se non una devozione totalizzante. Limite, questo, abilmente aggirato da Sabbagh, che mette in scena un complesso di sei interventi site-specific in grado di imporsi per coraggio e profondità d’indagine. L’artista non ha paura di affrontare il passato ad armi pari, ed è proprio un simile atteggiamento che gli permette di disattivare il potere totemico della storia e di ibridarne le fonti con i linguaggi e le sfide che la contemporaneità ci chiama ad affrontare.
La questione che Sabbagh reputa cruciale nell’analisi della contemporaneità è quella del consumismo. L’artista, appoggiandosi a testi chiave della recente sociologia come No logo (2000) della canadese Naomi Klein, vuole avvertirci: anche il dominio sacro dell’arte pare essere finito nel mirino della società dei consumi. A tale prospettiva, che rifiuta di netto, Sabbagh oppone il recupero di un concetto terapeutico dell’arte e della cultura in generale. A Sassuolo, un foglietto illustrativo che precede la Stanza della Fama, è lì a rassicurarci: la somministrazione di cultura non comporta effetti indesiderati o controindicazioni di alcun tipo, e per di più questo particolare farmaco non è soggetto a data di scadenza, concetto che dà il titolo alla seconda installazione esposta a palazzo (spazio disponibile: prodotto non soggetto a data di scadenza).
La superficie specchiante che ci consente, senza sforzo apparente, di contemplare l’intera superficie affrescata della Camera d’Amore, diviene simulacro baudrillardiano, semplice finzione sulla quale però, su uno schermo installato a terra, emergono dei piedi, simbolo di quel voyeurismo feticistico dell’arte cui Sabbagh sembra tendere.
I piedi compaiono, del resto, anche prima, e nello specifico nella Stanza della Magia, ambiente al centro del quale Sabbagh colloca display in frame, stampa ingrandita di un dettaglio di un dipinto di Ludovico Lana custodito nei depositi di palazzo. La stampa, appoggiata su una cornice, non combacia con essa in quanto a dimensioni, a significare quell’incompatibilità di fondo tra arte e consumo che pare informare tutta la sua opera.
A Modena, il legame storicamente consolidato tra piedi e feticismo prende la forma, in epidermide in pixel, di un caleidoscopio di dettagli di opere pittoriche – ancora una volta di piedi – assumendo così il ruolo di catalizzatore di un desiderio ribollente. “You might not see things yet on the surface, but underground it’s already on fire”: così recita, e non a caso, uno dei pannelli bianchi accostati su di una delle pareti dell’opera.
A uno spazio più psicologico e individuale del desiderio, Sabbagh ne affianca, nelle tre operazioni restanti, un altro, dalla dimensione più collettiva e sociologica. A Rinasci:mentale, operazione che a Modena segue epidermide in pixel, Sabbagh affida il compito di catalizzare la riflessione sul patrimonio comune. A un piccolo busto seicentesco, una donna velata appartenente alle collezioni ducali, Sabbagh sovrappone il video in cui il volto di un giovane uomo, grazie al posizionamento di un proiettore ad una specifica distanza, arriva a coincidere perfettamente con quello della donna.
Considerandoci spesso dei semplici allievi della storia, pare dirci il fotografo, ci siamo preclusi la possibilità di plasmarla, e questo è un errore. Vietato non toccare, dunque: il titolo dell’installazione di apertura/chiusura dell’intervento sassolese suona come una chiamata alle armi, un incoraggiamento ad agire, a far rivivere una cultura che, se contemplata solamente, rischierebbe di arrancare nella mera sopravvivenza. L’impulso all’azione che il fotografo vuole instillare in uno spettatore attivo non deve, tuttavia, essere condizionato da una mentalità di tipo aziendalistico. La pars construens di questa complessa architettura discorsiva messa in atto da Sabbagh tra Modena e Sassuolo ha, infine, la sua perfetta controparte destruens in MK-Ultra, installazione di chiusura a Modena.
Davanti al ciclo di 14 ottagoni a soggetto mitologico, eseguiti da Tintoretto per Vettore Pisani nel 1541, Sabbagh colloca un enorme blocco rettangolare adagiando su di esso, tra detriti in polvere di gesso, una testa di un bambino, per ammonirci, ancora una volta, che “la vera bellezza ferisce”.
Andrea Bardi
Info:
Mustafa Sabbagh, Spazio disponibile. Areare il pensiero prima di soggiornarvi
a cura di Federico Fischetti e Fabiola Triolo
16/09/2021 – 30/01/2022
Galleria Estense
Largo Porta Sant’Agostino, 337, 41121 Modena (MO)
Palazzo Ducale di Sassuolo
Piazzale della Rosa, 10, 41049 Sassuolo (MO)
Mustafa Sabbagh, spazio disponibile: prodotto non soggetto a data di scadenza (dettaglio), palazzo ducale di Sassuolo, 2021, installazione site-specific (mixed media, dimensioni ambientali) ©Mustafa Sabbagh. Courtesy: Mustafa Sabbagh, Gallerie Estensi
Mustafa Sabbagh, spazio disponibile: display in frame, palazzo ducale di Sassuolo, 2021, installazione site-specific (mixed media, dimensioni ambientali) ©Mustafa Sabbagh. Courtesy: Mustafa Sabbagh, Gallerie Estensi
Mustafa Sabbagh, spazio disponibile: rinasci:mentale, Galleria Estense di Modena, 2021, installazione site-specific (mixed media, dimensioni ambientali) ©Mustafa Sabbagh. Courtesy: Mustafa Sabbagh, Gallerie Estensi
Laureato in conservazione dei Beni Culturali, attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Arti Visive presso l’Università di Bologna. È parte del team che si occupa della gestione di un noto blog di divulgazione culturale ed è inoltre contributor per Juliet Art Magazine. Crede nell’arte come spazio di recupero di una complessità perduta.
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