Tra i primi lavori che mi hanno colpito, durante il mio periodo di soggiorno a Venezia, in occasione dell’allestimento della sessantesima Biennale, c’è stato proprio quello di Iva Lulashi. Ho avuto infatti l’onore, non solo, di vedere il Padiglione dell’Albania formarsi giorno per giorno sotto i miei occhi, ma anche quello di vedere Iva all’opera insieme al suo curatore Antonio Grulli.
Love as a Glass of Water si ispira alla “teoria del bicchiere d’acqua” che risale al periodo prerivoluzionario russo ed è legata alla pensatrice radicale e femminista Alexandra Kollontai (San Pietroburgo, 1872 – Mosca, 1952). Si tratta di una teoria basata sull’idea di una rivoluzione sessuale in cui gli impulsi vengono visti come una semplice necessità umana che deve essere soddisfatta con la leggerezza e spensieratezza con cui siamo soliti bere un bicchiere d’acqua. Ebbe una grande influenza sui circoli artistici e letterari di quegli anni, ma venne da subito osteggiata dagli apparati politici rivoluzionari. La metafora del bicchiere d’acqua, può sembrare a prima vista riferita solo alla semplicità con cui si beve. Ma non bisogna dimenticare che l’acqua è alla base della vita, esattamente come l’amore.
«Amore, sesso e desiderio sono ancora oggi l’ultima grande forza eternamente rivoluzionaria per sua costituzione, sulla quale il potere, sia esso politico, economico o ideologico, non riesce a imporre in maniera ferma il proprio controllo. È una forza sovrapolitica ed esistenziale, simile a quella dell’acqua: inafferrabile, talvolta pacifica, ma in grado di abbattere qualsiasi ostacolo». Così ha dichiarato il curatore Antonio Grulli, ed è esattamente questo è ciò a cui assistiamo una volta varcata la soglia d’ingresso della mostra. Le pareti dal colore tenue, ci mettono chiaramente subito a nostro agio e ci cullano in un percorso intimistico che ben conosciamo: il calore di una casa che ci ricorda la nostra, ma solo a prima vista. Ben presto, i quadri alle pareti, e l’arrivo nella stanza bagno, ci ricordano come il nostro muoverci tra queste mura sia un vero e proprio atto voyeuristico, tra i desideri e le pulsioni di qualcuno che non siamo noi, o forse in fondo sì. Stiamo guardando il luogo più segreto e intimo di una terza persona che, in fondo, non è distante da noi. Amore, desiderio e passione emergono da ogni quadro in maniera estremamente significativa. Il corpo della donna, sovrasta in maniera inequivocabile tutte le scene rappresentate. Femminismo, libertà e poesia. Per saperne di più, ho deciso di chiedere a Iva Lulashi alcune particolarità della sua straordinaria esposizione.
Sara Papini: Come è nata l’idea di giocare con il concetto della tua abitazione e della tua intimità?
Iva Lulashi: Un anno fa, ho partecipato a Sottopalco, una mostra collettiva nel sottopalco in disuso di un teatro. In quella circostanza, ho immediatamente osservato come lo spazio esterno, quello delle pareti dei bagni dell’edificio, amplificasse la risonanza dello spazio interno, quello dell’opera, conferendole una carica ancor più intimista. Inoltre, la mia casa-studio, spazio privato di ricerca artistica, è al contempo luogo di condivisione e incontro: qui, talvolta organizzo mostre di artisti che desidero far conoscere. La ricostruzione di alcune delle stanze della mia abitazione-studio all’interno del Padiglione Albania, quindi, è emersa come naturale estensione e prosecuzione organica di questa visione.
Come è stato rappresentare il padiglione Albania alla Biennale?
Lavorare verso la riproduzione di uno spazio a me familiare, come lo è la mia casa-studio, ha fatto sì che le settimane preparatorie fossero parte di un processo assolutamente fluido e armonico, nonostante il ritmo frenetico e concitato dell’attività lavorativa. Ciò, avvalorato dal fatto che l’intero gruppo di lavoro fosse già da prima dell’invito a partecipare alla Biennale, legato da un profondo rapporto di stima reciproca e amicizia. Inoltre, la loro assenza di legami diretti (familiari o di storia personale) con il paese che rappresento, ha permesso che anche il mio sguardo fosse nuovo e da ricostruire in un condiviso processo di ricerca e materializzazione del tema “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”.
Info:
Iva Lulashi, Love as a Glass of Water
a cura di Antonio Grulli
20/04/2024 – 24/11/2024
60esima Biennale di Venezia, Arsenale, Padiglione Albania
labiennale.org
Nasce a Genova ma attualmente vive a Bologna, città dove si è laureata all’indirizzo CITEM con una tesi sulla videoarte. Lavora nel mondo degli eventi nel settore della produzione ed è cultrice della materia di Studi Visuali all’UNIBO.
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