Lubaina Himid (Zanzibar, 1954, vive a Preston, UK) è una rinomata artista inglese, nonché curatrice e docente all’Università di Central Lancashire. Il suo lavoro è incentrato, a partire dagli anni Ottanta, sui temi del colonialismo, sullo schiavismo, sul razzismo, sull’identità di genere, ben prima che questi argomenti diventassero punti di discussione piuttosto modaioli e diffusi.
Si tratta di argomenti che l’autrice ha sempre trattato non solo con feroce ironia e irriverenza, ma anche con precisi richiami al folklore africano e all’esaltazione di una storia troppo spesso svilita. Nel 2017 Himid è assurta agli onori della cronaca per aver vinto il Turner Prize e l’anno successivo è stata insignita del titolo di Royal Academician, fino a ottenere una personale alla Tate Modern (25 nov 2021 – 2 ott 2022). Tanto per essere più incisivi, la Royal Academy di Londra, appena nel 2019, ha nominato a direttore l’artista Rebecca Salter, prima donna alla guida di questa istituzione, dopo 251 anni dalla sua fondazione voluta da Giorgio III, nel lontano 1768. Il che è un segno di come le cose stiano lentamente cambiando un po’ dappertutto, anche negli ambiti dove le tradizioni profonde e abusate sono ben radicate, per aprirsi infine “all’altra metà mondo” in maniera più inclusiva ed equidistante.
Ora, la giuria della Maria Lassnig Foundation, presieduta da Peter Pakesch (assieme al comitato selezionatore (Philip Tinari, direttore di UCCA, Beijing; Hans Ulrich Obrist, direttore artistico di Serpentine Galleries, London; Matthias Mühling, direttore della Lenbachhaus di München; Cao Fei, artista; Guo Xi, direttore delle mostre di UCCA e Patrick Rhine, direttore ricerche di UCCA) ha assegnato a Lubaina Himid il premio biennale Maria Lassing, intitolato alla memoria della grande pittrice austriaca, deceduta il 6 maggio 2014 e il cui linguaggio di tipo figurativo ed espressionista aveva trovato in Italia il sostegno entusiasta della Galleria di Enzo Cannaviello. La Fondazione, aperta nel 2015 per mantenere vive l’opera materiale e morale di Maria Lassnig, ha istituito due anni dopo il premio da assegnare ad artiste donne. Il premio consiste sempre in un sostegno finanziario e in una mostra internazionale. Le precedenti edizioni hanno visto l’assegnazione del premio, nel 2017 a Cathy Wilkes (con mostra al MoMA PS1 di New York); nel 2019 a Sheela Gowda (con mostra alla Lenbachhaus di Monaco) e nel 2021 ad Atta Kwami, con mostra da Serpentine Galleries di Londra).
Il premio assegnato a Himid si concluderà con la mostra che sarà allestita all’UCCA di Beijng nei primi mesi del 2025. Il linguaggio espressivo di Himid non possiamo affermare che sia rivoluzionario, né che sia legato a una particolare ricerca formale; quello che sostanzialmente lo caratterizza e lo distingue sono i contenuti che vanno al di là della forma, la sostanziale volontà di esplorare l’identità dei neri britannici, tanto che il suo contributo al movimento artistico nero nel Regno Unito è da considerarsi come un segno anticipatore dei tempi che poi sono seguiti. Il che vuol dire parlare delle proprie origini, di schiavitù, di colonialismo e di storie che si riferiscono alla creatività delle donne, mettendo al centro della narrazione dei protagonisti di colore. Ma ciò vuol dire non solo parlare di arte ma anche di attivismo culturale o di artivismo, per usare l’acronimo che vede la luce per la prima volta con il gruppo Big Frente Zapatista e per i membri dell’EZLN nel 1997, ed poi essere ripreso da Vincenzo Trione nel titolo del libro pubblicato da Einaudi nel 2022, e cioè volendo riferirsi a tutte quelle esperienze artistiche connotate da espliciti contenuti sociali.
La iniziale formazione di Hamid come scenografa teatrale ricade all’interno del suo linguaggio pittorico, rispondendo a una forma po’ appiattita e semplificata, sebbene articolata con i più svariati mezzi espressivi, e con distribuzione di figure collocate anche in spazi caratterizzati in maniera sommaria. Nelle mostre poi, gli allestimenti che continuano come un flusso narrativo nell’accostamento tra elementi oggettuali e dipinti, richiamano questa particolare cultura visiva della distribuzione di segni disseminativi nello spazio.
Il direttore di UCCA, Philip Tinari, ha commentato questo futuro progetto espositivo per Beijing con le seguenti parole: “Lubaina Himid’s bold formal innovations and trenchant historical explorations have established her as one of the most important voices in global contemporary art. UCCA is honored and thrilled to be able to present her work to audiences in China for the first time”. Il che conferma come il sistema dell’arte di oggidì sia innanzitutto globale e sottoposto a tensioni che esplorano aspetti di una società multipla, stratificata e disgregata, cioè molto facilmente incline ad affermazioni di comunità che non puntano sull’omologazione quanto sulla differenza e sul riscatto di tradizioni anche artigianali. Per dirla in altro modo: nei “tempi moderni” i contenuti sembrano avere avuto il sopravvento sull’aspetto formale del linguaggio e chi invece ha la determinazione di puntare su questo secondo aspetto si trova a dover troppo spesso subire l’accusa di essere un decoratore. Be’, Himid non può proprio essere tacciata di non aver toccato il tasto di un’arte esente dai contenuti e da un impegno ben riconoscibile nei confronti della sua storia e della sua terra di origine che, tanto per essere espliciti, è stata, dal 1890 al 1963, nel bene e nel male, un protettorato della corona inglese. Al momento, fino al 27 agosto, il lavoro di Himid è esposto, con il sostegno di Hollybush Gardens, da Glyndebourne, a Lewes, a sud est della contea dell’East Sussex. Il titolo della mostra è “What Does Love Sound Like?”.
Fabio Fabris
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