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Studio visit #13: Luca Grechi e Giulio Catelli, dove cosa viva nasce

Lo studio d’artista è luogo di intima ricerca e sperimentazione, un campo di forze in cui fresche visioni si fissano con l’uso di nuove tecniche, permettendo l’avanzamento con un ordine di probabilità incerto, giacché molte di queste non saranno mai utilizzate, altre ancora, invece, approfondite. Da sempre l’obbiettivo di ogni artista è creare un equilibrio coesistente tra gli spazi di lavoro e gli strumenti dediti alla propria ricerca, in cui la verifica e l’esercizio rappresentano il notturno presupposto per dare luce a un’opera. Quanto avviene nello studio schiude verso nuove strade, aprendo così a nuovi incontri, sintomi di un approccio sincretico con elementi fisici propri dello spazio, quali la luce, gli oggetti e i libri. Strumenti di lavoro che si relazionano vivendo non per un fine ma per un rapporto: scarto in cui ogni elemento si rivela solo per quanto ci appartiene.

Giulio Catelli e Luca Grechi, “Giulio e Luca”, 2024, matita su carta, 21 x 29.7 cm, courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma

I protagonisti di questo studio visit sono Giulio Catelli e Luca Grechi, le cui ricerche, sebbene si pongano agli antipodi, risultano collimare sulla pittura come principale mezzo espressivo, centrato sulla composizione dal vivo per Catelli e sulla resa di una sensazione dei toni, sempre rispettosa dei tempi di esecuzione, per Grechi. Tuttavia, nonostante queste differenze così evidenti, per entrambi risulta fondamentale la pratica disegnativa declinata in taccuini, diari, altrimenti in schizzi sfusi e raccolti in consunte cartelle. Gli artisti considerano la pittura come uno stato dell’essere, una scoperta di sé e per questo tutto ciò che è generato dal disegno si rivela necessità naturale, ancor più del dipingere, sì da essere vissuto con un misto di stupore e lucidità, poiché tendente ad accrescere, estendere e approfondire le digressioni di analisi. Nelle domande che seguono, l’intenzione è far risaltare la comune pratica dell’appunto visivo come strumento essenziale, non meno dell’abbandono dell’uso del cavalletto, così da modificare profondamente il rapporto con la ricerca del motivo, la delimitazione spaziale e l’organizzazione dell’opera.

Giulio Catelli, “Albero e paesaggio”, 2024, china su carta, 29,5 x 42 cm, courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma

Catelli dipinge all’aperto soggetti tratti dal vivo, cosicché è utile domandarsi cosa diventi lo studio per l’artista, se non un luogo di archiviazione e raccoglimento, in cui la scrittura dei diari accompagna da sempre la sua attività. Difatti l’artista predilige appuntare su fogli liberi utilizzando la scrittura, assieme allo sporadico schizzo diaristico, come strumento fondamentale di un confronto con sé, per ricordare le proprie attività pittoriche e memorie intime, registrare un pensiero in piena gestazione, così come impulsivi e turbolenti resoconti. Il diario per Catelli è un documento autonomo, che funziona come un’inflessibile e severa restituzione a proprio favore, sino a essere uno strumento capace di verificare lo stato di avanzamento dei suoi lavori, in fase di stallo o se involontariamente compromessi da facili soluzioni. Inversamente, il disegno è il frutto più sincero della sua pittura, non necessariamente preparatorio di un’opera ma rivelatorio della natura del soggetto e della sua composizione. Si tratta, in altri termini, dell’osservazione di un luogo o situazione, dove cosa viva nasce: schizzare il soggetto con pennino e china alla massima velocità, mai precludendone la godibilità della lettura, facendo emergere una scrittura esplosiva e irregolare, frantumata così come immediata, pronta a registrare la fresca e nuda vita.

Luca Grechi, “Taccuino”, 2016, penna bic blu su carta

Per Grechi, invece, non è il diario ad accompagnare l’attività di ricerca, bensì il taccuino in cui si lasciano convivere per lo più appunti visivi, accompagnati da sporadiche scritture, sintomo di una mente che segue, con grande libertà, in qualsiasi momento, l’urgenza creativa di fare immagine. L’artista prende nota di ciò che è ordinario, tenendosi in esercizio con qualunque oggetto, sia esso scabro, logoro o con forme sgraziate, dacché, venendo osservato con più attenzione del solito, viene trasfigurato in disegno, acquisendo così un nuovo posto nella visione dell’artista. Grechi, utilizzando il carboncino e la fusaggine, si esercita sulla tonalità, sui contorni, sulla morbidezza e la trasparenza della materia. Ritoccando le zone piatte per introdurvi vita e luce, sfuma differenziando le zone di sviluppo della figura, calibrandola con delicatezza. Non teme affatto di sperimentare, difatti in alternanza usa il carboncino, la china e la penna bic, tecniche che creano tra le pagine del suo tracciato un’eco distante e intermittente, donando, nonostante il ritmo concitato degli appunti, un effetto di nitida calma. Tuttavia, nei quaderni, mancando volutamente la compiutezza della figura, è piuttosto preminente l’intenzione di imprimere una visione di primitiva rudezza verso attimi, appunti di vari pensieri, impressioni e reminiscenze. Riguardo ciò la scelta dell’artista risulta di chiara consapevolezza su cosa tralasciare e mettere in evidenza, un’esigenza che rivela l’intenzione di non comporre immagini, ma trovarle: scegliere elementi del mondo esterno per presentarli. Così, per Grechi il taccuino non è un fatto meccanico ma parte fondamentale di processo mentale e visivo, in cui misurazioni e sottili valutazioni dell’occhio lavorano per far emergere l’idea in maniera efficace.

Studio di Giulio Catelli, Roma, giugno 2024, courtesy dell’artista

Maria Vittoria Pinotti: Che valore ha per te un foglio di carta?
Giulio Catelli: Un foglio diventa immediatamente un appunto, un disegno sul recto e sul verso: è una materia così umile e intrinsecamente segreta che per diverso tempo ho lavorato solo su carta. Credo che questa pratica mi abbia aiutato a sviluppare aspetti che poi sono riemersi nella pittura: la determinazione del primo gesto e la relazione con una certa misura di casualità, il rapporto fra la stesura e il tono di fondo, ecc…  Poi ci sono i taccuini e i quaderni che sono una sorta di irrinunciabile diario di bordo.

Giulio Catelli, “La finestra”, 2022, china su carta, 21 x 29.5 cm, courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma

Di norma dipingi all’aria aperta, che rapporto hai con lo spazio chiuso del tuo studio?
Giulio Catelli: Dovessi scegliere uno spazio per lavorare starei sempre all’aperto, dove le occasioni di guardare si rivelano una dentro l’altra come un gioco di scatole cinesi. Ad oggi lo studio è soprattutto il luogo per rivedere, per avere una pausa attorno all’immagine e potrebbe corrispondere (per azzardare un contatto con la psicoanalisi) alla dimensione del super-io. Forse sono i lavori accumulati, i telai che scricchiolano, ma appena posso porto tutto fuori alla ricerca di quella piccola sorpresa ordinaria, quella strana amnesia che la pittura dal vero favorisce, combinando dati di memoria, recuperi visivi, richiami storici artistici antichi se non arcaici.

Studio di Luca Grechi, Roma, giugno 2024, ph. Credit Vanessa Caredda, courtesy dell’artista

Quanto è importante per te possedere un taccuino?
Luca Grechi: Ho comprato poche volte dei taccuini, di solito li ho trovati o me li hanno regalati. Averlo vicino oramai è diventata una certezza, è sintomo di un rapporto con il fare a tavolino o dovunque, per un’indagine che documenta.

Luca Grechi, “Taccuino”, 2021, china su carta, courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma

Quali sono gli oggetti presenti nel tuo studio che stimolano la tua ricerca?
Luca Grechi: Alcuni elementi di sicuro stimolano un processo, un modo di indagare gli oggetti al fine di trovare un’estetica, ciò può accadere con un sasso, una ceramica rotta, un legno, diverse cose che mi porto dietro da anni. Ogni tanto arriva qualche oggetto nuovo. Volgo lo sguardo anche agli spazi dello studio in generale, mi piace disegnarlo, lì via via le cose cambiano. Gli oggetti e le sculture che vivono lo studio si spostano e le composizioni sono sempre diverse, disegnare questi spazi è come documentare qualcosa che diventa pratica.

Info:

www.galleriarichter.com


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