Ne Il barone rampante di Italo Calvino il protagonista Cosimo, all’età di dodici anni dopo una lite furibonda con i genitori che lo obbligarono a mangiare un piatto di lumache, si arrampicò su un albero come atto di ribellione. Dal quel momento in poi trascorse sugli alberi il resto della sua vita, ed anche sul finale, oramai anziano e stanco delle avventure vissute, decise di non mettere comunque piede a terra; solo quando scorse una mongolfiera che volava sopra la sua testa si aggrappò a un’ancora che vi sporgeva per sparire definitivamente verso il mare. Nell’essere umano palpitano degli aneliti che inducono a essere irremovibili sulle proprie convinzioni, attirano verso l’ignoto e portano a essere attratti da luoghi reconditi, verso isole sconosciute raggiungibili, come nel libro di Italo Calvino, solo con mongolfiere mosse da venti di libeccio e da aeronauti inglesi[1]. Mi frulla in testa un’isola è un’espressione che può bene rappresentare questo stato mentale, nell’intenzione di voler evadere l’immanenza delle cose, così è anche il titolo della personale di Luca Grechi (1985, Grosseto) presso la Galleria Richter Fine Art di Roma.
La mostra esibisce immagini provenienti da quell’isola fantastica, in cui la sostanza conoscitiva del reale emerge come un contenuto manifesto, in questo modo la pittura si esplica in un procedimento oggettivo puro, tendente verso l’assolutezza dell’essenza pittorica. Nelle opere esposte il colore si impone con tutta la sua cangiante vitalità e varia in base alla labilità della percezione, in cui si avvicendano variazioni cromatiche tenui che passano dal caldo al freddo e dal giallo al blu. Di tanto in tanto, si intravedono suggerimenti di una genealogia biomorfa, che ci permette di percepire l’aspetto figurativo del fenomeno; alla fine, quegli input scivolano via sulla superficie della tela, ponendosi sfuggevolmente come dei suggerimenti da captare. Dalle opere emerge, con forza e nitore, il lento procedimento meditavo dell’artista, in cui la figuratività è solo accennata e l’essenziale affiora, alcune volte, sotto forma di un’implosione delle forme che libera i segni grafici, in altre occasioni compare sotto forma di nebulose di colori iridescenti.
Nel 1937 il critico americano Meyer Schapiro (1904-1996), riflettendo sul valore assoluto e autonomo della pittura non figurativa, affermava che le opere di questi artisti “sembravano riprodurre direttamente sulla tela lo stesso processo realizzativo e ideativo; la pura forma, prima oscurata da un contenuto estraneo, veniva ora liberata, e la si poteva percepire direttamente”.[2] Il processo creativo voluto da Grechi è molto simile, e si avverte quando questi, partendo da fatti reali, libera la pittura dalle regole, fino a farla sconfinare, portandola alle estreme conseguenze di un’universalizzazione metastorica. Questo salto temporale compare nelle tele in mostra soprattutto quando si sovrappongono velature di colore sottilissime: proprio da questo aspetto si distingue il temperamento dell’artista, oggigiorno esemplare, con la sua rara capacità di aspettare, di attendere il giorno successivo per capire la tonalità e la forma che il colore acquisisce. Le opere diventano, infatti, una sorta di allegoria della vita, sintomo del suo modo di essere sospeso nel mondo, lasciando così affiorare un dialogo a tre, l’artista, la materia pittorica e il tempo, la cui risultante è una pittura distillata e dell’attesa. Oltre a relazionarsi con il tempo, Grechi si confronta anche con lo spazio utile al fare pittorico, giacché in mostra sono esposte opere di grande formato, 190 x 150 cm, sintomo di un ragionamento eidetico, concernente il piano logico, razionale dell’azione creativa.
La mostra presso la Galleria Richter Fine Art si mantiene vibrante grazie al margine di gioco interpretativo che viene offerto al visitatore, esemplificato nella struttura della mostra stessa, sviluppata com’è su due piani della galleria con opere di diverso formato e tecniche. Tutto ciò è alla base di un’idea espositiva che non si esaurisce nel momento inaugurale, ma viene scoperta nel corso della programmazione con occasioni d’incontro tra l’artista e il visitatore. Italo Calvino spiegando il concetto di visibilità, prese in prestito un verso del Purgatorio di Dante Alighieri, in cui si afferma “poi piovve dentro a l’alta fantasia” [3], lasciando intendere come proprio la fantasia altro non è che un luogo dove ci piove dentro, nel senso che in quello spazio si riunisce la parte più elevata dell’immaginazione.[4] Ecco, la Galleria Richter Fine Art si pone come luogo dove la fantasia progettuale si incontra con l’arte e la sua ricerca, caratterizzandosi, nel contempo, con una programmazione espositiva e un mood comunicativo che denotano un piglio sperimentale volto a sollecitare gli artisti, generando di riflesso dialoghi, quali momenti essenziali per la genesi di un progetto espositivo.
In occasione della mostra è stato edito in 250 copie il volume Isola, un libro che raccoglie oltre alle opere dell’artista, 30 esemplari di lineoleografie e un testo critico di Marco Deserto intitolato Chi più di una stella sta in là?.[5]Proprio quest’ultimo contributo è caratterizzato da un ritmo incalzante che inscena un dialogo tra l’artista Luca Grechi ed un’altra identità, da questo confronto emerge con vigore un contenuto criptico dove un macchinario chiamato Neuralink – forse a voler far riferimento alla corporation di Elon Musk che ha recentemente sperimentato interfacce neuronali impiantabili – interferisce nella comunicazione con esiti surreali. Lo scritto si presente stimolante per il visitatore, rendendo possibile un’interpretazione della mostra, tale da riflettere in maniera capillare sul concetto di comunicazione e sulla possibilità di decodificare l’errore al punto da farci ragionare, se è forse nell’errore racchiusa l’essenza delle cose stesse.
Sulla scia di questo entanglement comunicativo si sviluppa un tracciato emotivo, fattori che nel fondersi idealmente producono qualcosa di paradossalmente straordinario: benché l’artista spogli la pittura dell’essenza figurativa si ha la possibilità di indossare i suoi veli pittorici, vestendo quello stato mentale e sensoriale che a seguire diventa fisico. Così guardando le colorazioni disposte a à plat, si ha la sensazione che queste stiano riposando sulla tela e possano emergere da un momento all’altro nello spazio. Se alcune opere si combinano secondo una composizione di segni ottenuti con ingegnosi incastri che contrassegnano la superficie, altre, invece ne rispettano il valore epidermico con colorazioni soffuse. La tela finita si presenta come un discorso aperto su una pittura ascetica, che ci porta verso cieli cristallini con un blu d’oltremare, luoghi dove la natura parla ancora all’uomo.
Che le opere siano una buona occasione per addentrarsi nell’aspetto più intuitivo delle cose lo si percepisce nei segni e nella ricchezza con cui questi elementi si sovrappongono, che offrono al Grechi la possibilità di lasciarsi trasportare dalla materia, trasmettendo, nel contempo, l’energia del fare artistico con la vitalità della sprezzatura[6] che segna morfologicamente quanto in mostra. Questo stato intermediale, che non si trova né qui e né lì, è invece ritracciabile, volendo citare il testo critico in là, vicino al flusso della natura, lontano dal frastuono della città. Che la trama del volume di Calvino, dell’uomo che si ribella alle regole imposte dalla società e decide di vivere sugli alberi, possa essere un’allegoria di vita in cui Grechi si riflette? Sembra proprio così, perché l’ottica di Grechi si colloca da un punto di vista privilegiato, facendogli vivere la pittura con tempi e metodi propri, si da eliminare ogni possibile remora a favore della totalità del fare pittorico. Nello scorrere le opere in mostra si percepiscono con nitidezza, le fasi creative che si annidano nell’azione, quali quello dell’attesa, del dubbio e della fine. “Le imprese più ardite vanno vissute con l’animo più semplice”[7] afferma Cosimo, il protagonista del Barone rampante, lo stesso modo con cui Grechi affronta la pittura, che alla fine si pone ai nostri occhi come una stella limpida situata in là e che ci guarda dall’alto del cielo.
Maria Vittoria Pinotti
Info:
Luca Grechi. Mi frulla in testa un’isola
Galleria Richter Fine Art, Vicolo del Curato, 3, 00186, Roma
13/04/2021 – 28/05/2021
Orari: dalle 13.00 alle 19.00 dal lunedì al sabato – preferibilmente su appuntamento
www.galleriarichter.com
Email: info@galleriarichter.com
[1] Italo Calvino, Il barone rampante, Oscar Mondadori, Milano, 1999, p. 261
[2] Meyer Schapiro, Natura dell’arte astratta, 1937, in Alle origini dell’arte contemporanea, a cura di C. Di Giacomo, C. Zambianchi, Editore Laterza, Lecce, 2018, p. 21
[3] Dante Alighieri, Commedia, XVII Canto del Purgatorio, verso 25, Letteratura Italiana Einaudi, a cura di Giorgio Petrocchi, Einaudi, Mondadori, Milano, 1966-67, p. 217
[4] Italo Calvino, Lezioni americane, Oscar Moderni, Milano, 2016, pp. 83-84
[5] Marco Deserto, Chi più di una stella sta…là, testo critico per la mostra Mi frulla in testa un’isola, presso la Galleria Richter Fine Art, Roma, 13 aprile – 28 maggio 2021
[6] Il termine è stato utilizzato per la prima volta da Baldassarre Castiglione nel Il Cortegiano, XVI, 1528 ed indica “l’arte e dimostri ciò, che si fa e dice, venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi”
[7] Italo Calvino, op. cit., p. 204
Luca Grechi, Mi frulla in testa un’isola, Ph. Credit Giorgio Benni, Courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma
Luca Grechi, Incipit, 2021, tecnica mista su tela, 190 x 150 cm, Ph. Credit Giorgio Benni, Courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma
Luca Grechi, Il volo, 2019, tecnica mista su tela, 190 x 150 cm, Ph. Credit Giorgio Benni, Courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma
Luca Grechi, Un blu sopra le cose, 2019, 190 x 150 cm, Ph. Credit Giorgio Benni, Courtesy Galleria Richter Fine Art, Roma
Luca Grechi nel suo studio mentre prepara le stampe per il volume Isola, Courtesy the artist
Maria Vittoria Pinotti (1986, San Benedetto del Tronto) è storica dell’arte, autrice e critica indipendente. Attualmente è coordinatrice dell’Archivio fotografico di Claudio Abate e Manager presso lo Studio di Elena Bellantoni. Dal 2016 al 2023 ha rivestito il ruolo di Gallery Manager in una galleria nel centro storico di Roma. Ha lavorato con uffici ministeriali, quali il Segretariato Generale del Ministero della Cultura e l’Archivio Centrale dello Stato. Attualmente collabora con riviste del settore culturale concentrandosi su approfondimenti tematici dedicati all’arte moderna e contemporanea.
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