Dove ha luce l’alba si origina la pittura di Luca Grechi: sono luoghi di verde accogliente, in cui v’è una gaia riunione della natura, che genera corone di petali stellati, proprio come la terra esala i suoi tumidi vapori. Seppur in ogni ricerca d’artista vi è sempre qualcosa che resta oscuro, in quella di Grechi tutto pare terso, trovando la scaturigine da cause naturali: la sua pittura è un’azione d’espressione con una specifica intimità in cui al vento della creazione iniziale si unisce il paesaggio cosparso di foglie. Saper cogliere simili luoghi, in cui vengono fissati movimenti di stille d’evaporazione che scivolavano giù lente sino a scavare solchi luminosi – che talvolta affluiscono lasciando cadere gocciole di rugiada – equivale a ideare per appercezione, ossia, stando a una fresca consapevolezza della propria percezione, secondo cui inizialmente la coscienza cerca di capire cosa vede, a latere, ogni dato viene riordinato secondo una volontà di rappresentazione, come un traliccio portante di un impianto tonale modellato dalla luce. Così, quel che sembrava momentaneamente perduto, quel che sfuggiva alla ricerca di Grechi, questi lo slancia in avanti, facendogli riconquistare a fatica e dopo diversi livelli di esercizi pittorici, un’intrinseca luminosità.
Questa nuova apertura, in quanto tenace rivisitazione d’atmosfera trascorsa, si sviluppa senza voler disporre dei motivi ricorrenti, poiché Grechi si focalizza sui suoi dati, in particolare ne approfondisce uno, che verosimilmente potrebbe intimorire o tutt’al più sembrare secondario a un altro pittore. L’artista si concentra sul fogliame, sulle lame d’erba, sui fiori freschi dalle grandi e massicce corolle, strette entro calici ben tesi che brillano e si intravedono appena come elementi ardenti. Tratta un’idea di natura che, stando al parere dello storico dell’arte Bernard Berenson, era l’elemento cardine della pittura di paesaggio, poiché, a prescindere dalla veduta, tale soggetto doveva necessariamente essere reso nei suoi infiniti particolari. In questo modo con Grechi pare che il paesaggio si prenda beffa di noi, donandoci una speciale letizia, un’inaspettata attenzione rivolta agli irti contorni ambrati e cremisi del fogliame. Saper afferrare tale resa, sempre secondo Berenson, è possibile solo seguendo il procedimento della propria ragione, che abbraccia un compromesso pittorico tra quanto vediamo e ciò che sappiamo, tra sensazione e idea.
Ora chiediamoci per Grechi cosa significhi ciò in termini d’immagine. Niente altro che un insieme di contraccolpi tonali, palesati per affinità elettive: così per raffigurare un paesaggio, altrimenti un estratto di natura, Grechi cerca di fissare a priori un’atmosfera, sempre definita da un’aria distillata in una leggera nebbia o in una evaporata rarefazione. Perciò, quel che si apprezza in queste opere in mostra è un risveglio cercato e ora conquistato da cui perviene un certo tiepido scintillio che giunge dal sordo interno, prodotto dal biancore della tela, in cui inaspettatamente si agitano i veli appena schiusi ai nostri occhi e sollevati per poi ricadere di continuo. Tutto ciò avviene perché egli sa cadere nella riflessione, proprio come se concepire, disegnare e dipingere fossero specifici (e intimi) istanti per sé. Momenti di conoscenza introspettiva in cui acquisisce i dati effettivi, attende pazientemente affinché il circuito della visione reale si attivi e, alla fine, anche se sfiora tutti gli strumenti della rappresentazione, da pittore, si congeda dalla figurazione perché si concentra attentamente sul paesaggio e a tutto ciò che vi si apre dietro, non fermandosi all’antistante reale superficialità. In altri termini, le sue mani offrono a chi osserva un pezzo di natura. Nei disegni in particolare Grechi definisce un’identità rammentando sensazioni tattili che abbozzano una profondità, come la morbidezza, il velluto delle corolle e il loro calore gestante, suggerendo, al contempo, anche gli odori, quali l’asprezza bruciante e piccante dei fili d’erba. Senza dichiararlo, ma solo sussurrandolo, quello di Grechi è un procedimento teurgico, una pittura concentrata sul fare. È probabile che lo scopo di questo atteggiamento sia piuttosto il tentativo di immergere il mondo naturale in una chiarità diffusa, mai scialba, laddove la terra resta terra e la natura rimane natura, ma i cui riflessi tonali svelano il più delle cose stesse.
Circa il singolare titolo scelto per la mostra, pare sia emblema di come Grechi concepisca la pittura, che gli appartiene come un atto naturale e dunque corporale, o meglio viscerale. Tant’è che derivando proprio da quel luogo, si è consapevoli che nei suoi lavori possano racchiudersi gli umori intimi: quali cura, incanto, interesse, paura e dubbio, eppure, il suo nervo pittorico, quando si materializza sulla tela, rimane sempre armonioso. Perciò, la coscienza dell’artista si abbina a una capacità che è giusto attribuirgli: il vedere le cose dietro un velo talmente tanto carico di difformità, da annullare ogni somiglianza con il reale. In questo senso le sue opere lasciano trasparire stimoli nervosi suscettibili a una sorta di catarsi lenta e agognata, generata da un improvviso distacco verso il momento. E qui giunge allora un’altra osservazione: è possibile solo immaginare ciò che Grechi custodisce al riparo dei veli come un tesoro nascosto, con un’unica chiara e incrollabile certezza; il suo corpo, pensiero e visione vengono affidati alla luce, sia esso forse il raggiungimento di un nuovo inizio? Questo è un dubbio che rimane tanto palpitante quanto fosse veritiero.
Maria Vittoria Pinotti
Info:
Luca Grechi, Il nervo
24/01/2023 – 10/03/2023
Galleria Richter Fine Art
Vicolo del Curato 3, 00186 Roma
galleriarichter.com
Maria Vittoria Pinotti (1986, San Benedetto del Tronto) è storica dell’arte, autrice e critica indipendente. Attualmente è coordinatrice dell’Archivio fotografico di Claudio Abate e Manager presso lo Studio di Elena Bellantoni. Dal 2016 al 2023 ha rivestito il ruolo di Gallery Manager in una galleria nel centro storico di Roma. Ha lavorato con uffici ministeriali, quali il Segretariato Generale del Ministero della Cultura e l’Archivio Centrale dello Stato. Attualmente collabora con riviste del settore culturale concentrandosi su approfondimenti tematici dedicati all’arte moderna e contemporanea.
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