Sull’intenso e costruttivo sodalizio con Luca Maria Patella, che risale al 1965, avrei tanto da dire, oltre a ciò che ho già pubblicato, ma per questa recensione sfiorerò solo alcuni aspetti innovativi che connotano la sua multiforme produzione. Alludo, in particolare, all’interdisciplinarità (da lui praticata e dichiarata ossessivamente dagli anni Sessanta), alla complessità (che gli dà modo di essere nella globalità dei fenomeni socio-culturali), alla continua sperimentazione di forme espressive, all’interazione, alle anticipazioni concettuali e comportamentali, all’ingegnoso impiego di vari media (manuali e tecnologici). Tutte esplorazioni che nascono dal talento naturale, dalle culture classiche e moderne, dalle analisi psicoanalitiche, dal piacere di inventare e dall’urgenza di propagandare modalità operative all’altezza dei tempi.
Patella è riuscito a fare molte cose diverse, forse perché privilegia la ricerca a oltranza, conferendo all’oggetto creativo un’autorevole identità. E, combinando saggiamente le specificità di varie discipline, ha ampliato le possibilità linguistiche e le finalità dell’arte.
Luca è un pensatore intuitivo e inventivo, in costante tensione creativa. Grazie all’insolita formazione, è interessato anche alla letteratura, alla psicologia e alla scienza, mai disgiunte dai valori umani, per coniugare in profondità l’Io al Mondo. Procede speculando su Tutto e sfruttando ogni risorsa personale. Con la sua “arte strategica”, attuata mettendo in campo azioni, indicazioni teoriche e didattiche, promuove l’emancipazione culturale. Il suo fare è talmente vasto e circolare da meritare uno studio sistematico che ne porti alla luce le diverse ragioni, anche se non è semplice, né lecito, sezionare la sua “Logique du Tout”, peraltro in continua evoluzione, dal momento che egli segue le dinamiche della realtà in divenire, i propri processi mentali e che spesso rielabora le ideazioni alla scoperta di verità più autentiche.
Rientra in questa “logica” la mostra alla Bulian Gallery di Milano Luca Maria Patella autoEncyclopédie: “la Scrittura” – rigorosamente curata da Marco Scotini con la fattiva collaborazione della titolare dello spazio espositivo – che Patella stesso mi ha de-scritto:
«A Milano sono esposte per lo più opere di calligrafia, incisa, a colori simultanei e specchio che riflette, in 2 sensi – Tondi Cosmici (cartografie di mio padre) – Poi, “Scritture Enantiodròmiche”, colorate e originali (= la corsa dei contrari, che si avvitano: uno verso il centro, l’altro, capovolto, verso la periferia). E, alcune fotografie, “libri-lavoro” (del ’70..) e “quaderni dei sogni”, illustrati.
Si vede anche qualcosa delle “Terre Animate” (’65) – primavera 1967, “A key-work”, op! con Claudio Meldolesi (mio cugino diventato noto Storico del Teatro al DAMS di Bologna) e Rosa Foschi (mia moglie), come post-quem.»
Occorre ricordare che agli esordi Luca si era dedicato, con passione e spirito sperimentale, anche all’incisione frequentando l’atelier di William Heyter a Parigi. Più tardi, dopo aver condotto altre esperienze significative tra cui la stesura di romanzi e poesie, ha realizzato (pure con la mia complicità) repliche differenziate (esemplari più unici che seriali) con immagini fotografiche, sue o trovate, e procedimenti soggettivi. In quella fase componeva opere come luogo del testo di-segnato che entrava nella cornice con nuove forme e contenuti. Dava così sfogo all’inclinazione letteraria, capace di tradurre istantaneamente il pensiero, non per astrarre ma per costruire una nuova immagine dalla valenza plastica, superare il già visto e far interagire le arti visive con la letteratura, esaltando nel contempo, la comunicazione. Esibiva la scrittura su carta, lastra, cristallo o specchio, anche in opere tridimensionali, ambientali, multimediali e performative. In questo contesto si distinguono gli specchi tondi con calligrafia a spirale, iniziati nel 1974, allorché gli procurai una fresa da dentista, che tuttora usa come “penna elettrica”: strumento che, tra l’altro, gli permette di dare risalto alla narrazione grafica e alla sapienza manuale.
A proposito dell’autoEncyclopédie della mostra milanese va detto che l’attività più qualificante del percorso multidisciplinare, psicoanalitico e teorico-critico di Patella si è sviluppata da studi sull’opera letteraria di Denis Diderot, ma anche da quella protoconcettuale di Duchamp, poiché si trattava di autoimplicazioni, su questioni affettive, psicologiche e culturali presenti anche in sé stesso. Da lì maturavano realizzazioni “più libere, calde, cariche di sentimento, ma sempre soggette al dominio dell’espressione e, quindi, della forma” [L. M. Patella, dalla mia “Intervista continua…” del 1990…, che meriterebbe di essere stampata]. In altri termini Patella, come Diderot, non ha una sola camicia per il suo corpo, tanto meno quella di “forza” imposta dalle convenzioni. Ma ecco che gli restituisco la parola per altre delucidazioni:
Luca, mi pare che la mostra milanese abbia il merito di riproporre un importante capitolo della tua eterogenea produzione, in quanto la scrittura, oltre ad avere un valore autonomo, in forme diverse è presente in molti altri lavori e ha avuto un certo sviluppo nelle ultime esperienze.
In seno alla Mostra, con Laura Bulian, ecc: pubblicheremo il numero 22 della “Gazzetta Ufficiale & Ufficiosa di L. M. P.”, che avrà per titolo: “Orelogio Cosmico & Calligrafia” psichica, con scritti miei e di M. Scotini. Perdonami, ma una certa Psicologia: parla di “Individuazione” (oltre che di rapporto). Mi sono anche accorto che è il sessantenario della mia conoscenza psicologica […]. La conoscenza scientifica-strutturale è ancora precedente. In America [Latina] ero divenuto giovane assistente del doppio premio Nobel: Linus-Pauling. Poi, Parigi.. l’Europa, e come Luciano ben sa (!): dopo una lunga lotta con me stesso, ho scelto di fare l’artista (che già praticavo): un’arte-scienza (non deterministica), psicologica, linguistica (e politica, come si vede in tante “incisioni a colori simultanei”, di quel periodo, esposte a Milano)…
Anche la rilettura dell’opera di Diderot rientra nel “sistema Patella”, basato sulla sperimentazione linguistica psicoanalitica e sull’interdisciplinarità di cui sei stato un paladino fin dagli anni in cui dominava la specificità. Oggi che nelle arti visive finalmente sono state legittimate le contaminazioni e le ibridazioni con forme espressive di altri generi, cosa provi personalmente e dal lato culturale più oggettivo?
Se vedessi “cose” che rendessero “inutile” il mio fare e pensare: smetterei. Non è così: continuo a praticare la complessità in divenire (che non è affatto in auge … anche se ne parlava già Ovidius, o praticava Dante ecc. …). In divenire: fra Coscienza & Inconscio. Anche se non mi propongo affatto come exemplum di vita. Tutto il contrario! Sono, comunque, contro la “cirConvenzione”, psicologica e sociale. Infine, o in principio o ov’unque (ovum unquam: finalmente un .. “rotundun di.. tras-formazione”). Ma (con la mia e nostra presunzione): ci rendiamo conto (o tonto?!) che la Terra, nel Cosmo, è …. infinitamente irrilevante?! …
Luca ancora una volta ha còlto l’occasione per autoesporsi con abili giochi di parole, di-mostrando che, almeno per lui, il linguaggio scritturale non ha confini: è un medium che offre l’opportunità di condensare più significati, di ironizzare e insinuare, di intromettere una pluralità di citazioni cólte e di memorie personali.
Insomma si può affermare che Patella è un artista problematico e dialettico; che non si pone limiti spazio-temporali e non si fa influenzare, perché gli interessa stare ovunque con tutto ciò che ha in sé e che è degno di essere percepito al di fuori, allo scopo di contaminare di classicità il contemporaneo e di aspirare a un futuro non frenato da visioni retrograde, abitato da “L’ARTE CHE NON C’È” o dall’ “ARTE & NON ARTE”, da lui teorizzate e vissute.
Luciano Marucci
Autoscatto di Luca Maria Patella
Rosa Foschi, nella performance “Indicazione attiva” di Patella, 1969 (courtesy l’Artista)
Un’immagine della serie Lu’ capa tella, 1973, bagnasciuga della spiaggia di San Benedetto del Tronto, scatti di Luciano Marucci per una performance fotografica di Luca Maria Patella
(Lu’ capa tella = Lui, Luca Patella, sceglie le telline: gioco linguistico autocitazionista, tautologico e concettuale).
“Rifletti in due sensi”, 1975, opera con foglio inciso e specchio installata nella mostra alla Laura Bulian Gallery di Milano dal 30 marzo al 23 giugno 2017 (courtesy Laura Bulian)
Schema analitico su “Jacques le fataliste et son maître”, 1979, litografia a due colori, esemplare I/XXIX (courtesy l’Artista)
Sono Luciano Marucci, nato per caso ad Arezzo e ho l’età che dimostro… Dopo un periodo in cui mi sono dedicato al giornalismo, all’ecologia applicata, all’educazione ambientale e ai viaggi nel mondo, come critico d’arte ho collaborato saltuariamente a riviste specializzate (“Flash Art”, “Arte e Critica”, “Segno”, “Hortus”, “Ali”) e a periodici di cultura varia. Dal 1991 in “Juliet Art Magazine” (a stampa e nell’edizione on line) pubblico regolarmente ampi servizi su tematiche interdisciplinari (coinvolgendo importanti personaggi), reportage di eventi internazionali, recensioni di mostre. Ho editato studi monografici su artisti contemporanei e libri-intervista. Da curatore indipendente ho attuato esposizioni individuali e collettive in spazi istituzionali e telematici. Risiedo ad Ascoli Piceno.
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