“La nostra dieta – qualsiasi essa sia – è una vera e propria scultura, è un processo di formalizzazione del mondo, una messa in forma delle sue energie, operata tramite scelte di gusto, appartenenza e ideologia.” (Luca Trevisani)
Torna da Pinksummer a Genova Luca Trevisani, questa volta con una mostra più che “personale”, dal titolo In Bocca; personale in quanto l’artista nel periodo di lockdown, causa Covid, si è raccolto nella sua quotidianità e ha iniziato a mettere da parte ciò che mangiava – avanzi di cibo, resti di ortaggi e frutta (avocado, melanzane, zucche, cocchi, limoni ecc.) – e a trasformarli in opere d’arte. In parte spremuti, in parte usati come degli stampini, altri essiccati, scolpiti, lavorati e svuotati con cura. L’artista ha fatto tutto questo come fosse una preghiera, un ringraziamento al mondo che gli ha permesso di sfamarsi, ha reso reliquia e fossile tutto quello che è “rimasto”.
In galleria troviamo quattro opere a parete bidimensionali e tre sculture, per un totale di sette (numero importante perché ricorrente in tutta l’esposizione). Le quattro opere bidimensionali sono state realizzate con carta cotone tinta con avanzi di cibi liquidi e stampata con agrumi, componendo così dei veri e propri mandala di carta.
I colori che riconosciamo in alcune delle sue opere ci fanno pensare che l’artista abbia utilizzato verdure e anche spezie, come il curry o la curcuma; i colori che primeggiano, dai toni caldi, rendono le opere accoglienti, come sono accoglienti anche le forme che ne derivano: tondeggianti e dai bordi irregolari creano dei disegni simili a prati in fiore o a primo impatto farebbero pensare addirittura a elementi ingranditi al microscopio.
Il fruitore alla vista di queste opere si sente accolto, cullato, come se conoscesse già quello che sta vedendo, anche se in realtà le forme sono tutte totalmente diverse tra loro e addirittura nuove per chi guarda; questa è la capacità dell’artista: rendere familiare ciò che in realtà è totalmente inconsueto.
Le tre grandi sculture distribuite nello spazio, una installata a parete e le altre due poggiate al suolo, sono in realtà tre teche trasparenti (bacheche/librerie dell’artista) che contengono esattamente sette elementi naturali ciascuna: frutta e verdura essiccata e svuotata; il supporto delle teche è in legno, materia naturale che si sposa perfettamente con il cibo esposto e con i piccoli basamenti stabilizzati in foglia d’oro che alcuni elementi stessi hanno.
Luca Trevisani ha realizzato delle vere e proprie “Reliquie Magiche”, come le definisce lui, trasformando “l’umido in secco, il molle in eterno”, un racconto sul ciclo della vita, sulla trasformazione nel tempo: cenere alla cenere polvere alla polvere. Gli elementi, come degli oggetti preziosi, vengono messi in mostra in modo molto preciso e accurato, come è stato meticoloso anche l’allestimento e il volere dell’artista di avere il pavimento e le pareti tutte interamente bianche: il vero e proprio concetto di White cube, per non sviare lo sguardo dalle opere e concentrarsi esclusivamente su di esse e sui loro infiniti dettagli.
Luca Trevisani si definisce uno scultore, in questo caso scultore del cibo, per lui non esiste solo la lavorazione dell’alimento fine a sé stesso, ma esiste una scelta di gusto e di appartenenza; lavorare con quel che ci tiene in vita ci fa capire chi siamo, senza sprechi, senza l’utilizzo di materia in eccesso.
L’artista vuole convertire il processo di trasformazione del cibo in un insegnamento etico e politico, osservando il ciclo delle stagioni e studiando così l’evoluzione di un alimento e il suo cambiamento, senza essere nostalgici, ma oggettivi e costruttivi.
La materia essiccata risulta inizialmente docile, come dice l’artista, ma con il passare del tempo diventa ostile e difficile da lavorare: fragile (alle mani) e contemporaneamente forte (emotivamente). Il legame con il tempo in questa esposizione è fortissimo e la relazione con il concetto di trasformazione/ passaggio, lo è ancora di più. Evoluzione, nascita, vita, morte, ritualità, inconscio e spiritualità sono nozioni che risiedono in tutto il percorso.
Ciò che ci fa pensare specificatamente alla spiritualità è sicuramente la composizione di sette elementi all’interno della prima teca che possono preludere, tra le varie interpretazioni, anche la forma di un “Presepe” (Giuseppe, Maria e il Bambino Gesù al centro… e attorno elementi più piccoli); potrebbe anche essere il rimando alla nascita in generale o comunque una connessione alla vita. Il numero sette, costante delle sue teche, è il numero perfetto per eccellenza, riprende i sette doni dello Spirito Santo del Cristianesimo, ma anche quello buddhista, sette è l’unione per eccellenza tra divino e profano (3 numero divino + 4 numero profano), ma sette sono anche i peccati capitali. E ritorniamo così al numero iniziale: sette, come le opere in tutta la mostra e non solo gli elementi dentro le teche. Come un cerchio, come il ciclo della vita, ritorniamo sempre alle origini.
In questa mostra Luca Trevisani punta anche il dito contro una società che fa del cibo una moda, un modo di esibirsi, dove mangiare non è più semplicemente un rito di convivenza ma un vero e proprio fanatismo triste e aggressivo; stare a tavola è sempre stato cerimoniale, ma in questo secolo è diventato l’esaltazione di una posizione sociale o di successo, un modo per emergere davanti a tutti e a tutto.
La mostra invita il visitatore ad aprirsi alle proprie ferite, a esporsi ai propri disagi, ad affiancarsi alle proprie frustrazioni e quindi non propone una risoluzione ai problemi, questo perché forse è necessario conoscere l’origine del disagio per poi risolverlo solo successivamente, se non si conosce la genesi del malessere non si può neppure risolvere.
Luca Trevisani fa la stessa cosa con il cibo, lo riporta all’essenziale, toglie il succo e provoca ferite, apre le zucche, i cocchi e li porta alla sua materia iniziale; pulendo l’interno morbido e accogliente degli elementi, ritroviamo la parte dura, la parte che viene paragonata alla ferita. Niente è casuale in questa personale, tutto è studiato nei minimi dettagli, un rito, un’esposizione di ciò che resta del cibo che abbiamo consumato e di una società che è consumata dal cibo stesso, da un modo di vivere che non è più paragonato alla sopravvivenza ma all’esasperazione di esibirsi.
Benedetta Spagnuolo
Info:
Luca Trevisani. In Bocca
06/03/2021 – 06/04/2021
Pinksummer Contemporary Art
Piazza Matteotti, 28R
16123 Genova, Italia
+39 010 254 3762
www.pinksummer.com
For all the images: Luca Trevisani. In Bocca. Photo credits Giulio Boem. Courtesy l’artista e Pinksummer
Laureata all’Accademia di belle arti di Catania. Durante il suo percorso di vita, unisce elementi come la scultura, il teatro, la danza e la fotografia, ed è proprio quest’ultima che rappresenta per lei la base per un innovativo ed eclettico percorso artistico. Dal 2010 si avvicina al mondo curatoriale ed inizia così anche a scrivere recensioni e pezzi critici; successivamente fonda “Artisti Italiani – arti visive e promozione”, organizzazione che si occupa di tutti gli aspetti promozionali dell’arte contemporanea.
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