La mostra Seeking blue gold di Lucy + Jorge Orta nella suggestiva location dell’Oratorio di San Filippo Neri a Bologna, promossa dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e inclusa nel main program di Art City nell’ambito della 46sima edizione di Arte Fiera, è la prima tappa di un ciclo di esposizioni che la fondazione vuole dedicare ad artisti impegnati rispetto a problematiche sociali, in linea con il suo intento programmatico di intersecare cultura e sociale affrontando tramite l’arte temi politicamente ed eticamente sensibili della nostra contemporaneità. Da sempre gli interventi del duo francese sono rivolti a sollecitare riflessioni che possano aprire per un pubblico allargato nuove possibilità di consapevolezza, con l’obiettivo di promuovere uno sviluppo umano e ambientale sostenibile.
Studio Orta (fondato nel 1992 a Parigi, a cui si è aggiunta nel 2000 la propaggine rurale di Les Moulins a Boissy-le-Châtel) si avvale di differenti strategie, come performance, azioni concrete, workshop con comunità disagiate e spedizioni di studio, per approcciare temi universalmente rilevanti, come fame, solitudine, tutela delle biodiversità, migrazioni e cambiamenti climatici, attraverso progetti protratti nel tempo che individuano un problema e ne monitorano l’evoluzione, suggerendo anche possibili soluzioni da verificare con l’esperienza. Quella di Lucy + Jorge Orta è una pratica collaborativa che si avvale del contributo integrato di ricercatori, specialisti, ingegneri, studenti e cittadini coinvolti nelle tematiche indagate, indispensabili nello sviluppo delle complesse implicazioni dei loro progetti. Il loro approccio è espressione di una concezione dell’arte slegata dall’autorialità individuale e animata dalla fiducia che un radicale cambiamento della società sia possibile. Non a caso i due definiscono le loro opere come “fischi di allarme” che segnalano emergenze spesso trascurate dalla società e dalla politica e individuano il loro ruolo nell’identificazione del tema e nella mediazione tra gli studi embrionali di nicchia e il grande pubblico.
L’installazione Seeking blue gold che vediamo esposta a Bologna, composta da tre diversi moduli scultorei dislocati nella navata e nell’abside della struttura e da una sonorizzazione ambientale, riflette sulla questione dell’acqua, risorsa naturale che, anziché essere bene comune come per chi abita nell’emisfero agiato del globo è spontaneo considerarla, a causa della sua scarsità è spesso oggetto di dispute economiche e politiche e di distribuzione iniqua. Questo tema è al centro degli interessi di Lucy + Jorge Orta fin dagli anni ‘90 (quando la sua ineludibilità non era ancora stata recepita a livello politico e mediatico) e il loro impegno in questa direzione aveva trovato una potente cassa di risonanza nel 2005 nella mostra Drink water, organizzata dalla Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia nella galleria di piazza San Marco in concomitanza alla 51ª edizione della Biennale di Venezia. Il progetto, successivamente replicato a Rotterdam e a Tokyo, prevedeva la depurazione dell’acqua proveniente dalla rete di canali della città lagunare attraverso apparecchiature tecnologicamente sofisticate costruite ad hoc per renderla potabile. In quelle occasioni il pubblico, invitato a bere l’acqua restituita alla sua funzionalità primaria dal trattamento di purificazione, era sollecitato a comprendere quanto un atto così semplice e frequentemente reiterato nell’arco della giornata sia in realtà ricolmo di significato individuale e collettivo.
Come l’architettura tardo barocca dell’oratorio di San Filippo Neri risulta potenziata e problematizzata dal restauro contemporaneo della sua cupola, con cui entra in un dialogo vivo che sembra rafforzare entrambi i linguaggi estetici, anche le opere di Lucy + Jorge Orta nascono dalla composizione di manufatti tradizionali di provenienza rurale (rispettivamente una pompa di drenaggio, una pompa di irrigazione e una barca da pesca in legno) e di oggetti di fattura contemporanea collezionati dagli artisti, sempre connessi ad attività di irrigazione, raccolta e conservazione dell’acqua. Questi elementi, oltre a rimandare con precisione ai molteplici aspetti ambientali, sociali, economici del problema (a sua volta inserito nel macro-tema cambiamento climatico) sono indici che, rimandando a lavori precedenti degli artisti, risultano emblematici sia della complessità della problematica affrontata e sia della modalità operativa con cui gli artisti costruiscono il loro lavoro, procedendo non per unità isolate, ma per corpus in continuo aggiornamento articolati nel tempo, che nella loro somma e continuità offrono una lettura mai statica delle questioni prese in esame.
Ad esempio, in due delle sculture ritroviamo le bottiglie serigrafate con la scritta Orta water che erano state utilizzate per la raccolta dell’acqua depurata nel progetto veneziano, la cui etichetta, vagamente allusiva a un brand familiare di produzione, sembra auspicare la progressiva diffusione a partire dal basso di modalità sostenibili di riciclo e utilizzo delle risorse. Rimarcano invece in modo esplicito il collegamento con la questione del cambiamento climatico e con le sue conseguenze su larga scala, a loro volta impattanti sulla distribuzione dell’acqua a livello globale, le bandiere meticce collocate al culmine di ciascuna scultura, che rimandano all’esigenza di migrare in cerca della sopravvivenza da parte delle comunità più povere, le prime vittime delle politiche di speculazione e privatizzazione di questo bene naturale. Questi vessilli vennero utilizzati per la prima volta dagli artisti in Antartide, dove tra il 2003 e il 2008 fondarono un villaggio di tende come paradigma abitativo per una nuova comunità globale ispirata ai valori del Trattato Antartico, accordo internazionale stilato nel 1959 per regolare la giurisdizione delle parti disabitate che si trovano a sud dei 60° di latitudine Sud.
Questo documento prescrive la pacifica risoluzione di qualsiasi controversia avvenga in quel luogo, al tempo stesso utopico perché privo di frontiere geopolitiche, ma anche estremamente ostile per la vita a causa del clima rigido, oltre che pesantemente compromesso dall’impatto delle attività umane su scala planetaria. Le bandiere, in cui le identità nazionali non si annullano ma si fondono in un’idea di compresenza e sostegno reciproco, sanciscono il diritto della comunità umana a spostarsi liberamente se necessario, come quando l’assenza di acqua (o la sua definitiva contaminazione) rendono impossibile la vita. Le opere di Lucy + Jorge Orta, in conclusione, potrebbero essere definite come dispositivi simbolici e funzionali di riflessione, che agiscono su un doppio binario: da un punto di vista strettamente artistico sono macchine polisemiche che costruiscono significati nella relazione tra gli oggetti selezionati, ma in un senso più ampio sono congegni spinti alla soglia della funzionalità (qui solo evocata a livello di possibilità in potenza) finalizzati a ridefinire il nostro ruolo nel modo attraverso la stimolazione di esperienze partecipative reali e criticamente consapevoli.
Info:
Lucy + Jorge Orta. Seeking blue gold
Oratorio di San Filippo Neri
Via Manzoni 5, Bologna
2-12 febbraio 2023
Orari: 6-12 febbraio, dalle 16 alle 20
www.fondazionedelmonte.it
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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