A Hong Kong ha aperto, dopo circa quindici anni di progetti e cantiere operativo, M+, un nuovo polo culturale riferito alle arti visive del XX e del XXI secolo e che vuole fungere da motore di sviluppo del distretto culturale di West Kowloon. Per la mole delle collezioni (circa ottomila opere), per la dimensione degli spazi disponibili (65mila metri quadri) e per l’attività espositiva e didattica molto diversificata, questo museo ha l’intenzione di entrare in competizione con i più grandi e attrattivi poli della cultura occidentale, come la Tate Modern, il MoMA e il Centre Pompidou. Il Museo, amministrato da WKCDA (West Kowloon Cultural District Authority), è dotato da uno staff di tutto rispetto ed è diretto da Suhanya Raffel. Il progetto architettonico di questo eccezionale polo culturale si deve alla visionaria progettualità di Herzog & de Meuron, che qui hanno lavorato in stretta collaborazione con TFP Farrells e Arup.
Certo, bisogna prendere atto che apre i battenti in un momento in cui la situazione politica non è delle più rosee. L’ex colonia britannica, dal 1997 sotto la sovranità cinese con lo status di Regione amministrativa speciale, ha visto perdere negli anni la sua autonomia e le proteste di piazza che via via si sono verificate ne sono una testimonianza palese. Con l’introduzione nel 2020 della nuova legge sulla sicurezza nazionale, è cambiato il clima politico e si sono perdute alcune libertà fondamentali. Per esempio, l’applicazione della nuova normativa dettata da Pechino, piuttosto ampia sui crimini di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere o esterne, potrebbe gettare un’ombra pericolosa anche sulle attività culturali del nuovo museo. Per dirla in maniera chiara, il timore è che l’attività del museo, al di là di qualsiasi buona intenzione, possa autocensurarsi prima di doversi scontrare con le autorità politiche. In effetti, durante la conferenza stampa per l’inaugurazione del museo, Henry Tang, presidente del consiglio di amministrazione della West Kowloon Cultural District Authority ed ex segretario capo di Hong Kong negli anni 2007-11, ha tenuto un discorso in cui si è rallegrato per il fatto che ora la città di Hong Kong è dotata di un museo di livello mondiale, ma contemporaneamente alla domanda ricorrente di possibili censure all’interno di M+ ha sottolineato, con grande tatto ed eleganza, che nessun museo può infrangere le leggi, inclusa la legge sulla sicurezza nazionale. “L’espressione artistica non è al di sopra della legge” ha affermato e ha aggiunto che le società hanno standard che si evolvono, siano questi di tipo morale o legale, che possono rendere alcune opere d’arte meno accettabili di quanto non fossero quando furono prodotte per la prima volta. Insomma, viene da chiedersi: una mostra potrebbe essere rifiutata perché l’autore è inviso al potere politico o perché i contenuti potrebbero essere ritenuti pericolosi?
Comunque, al di là di qualsiasi pessimistica previsione, il Museo ha aperto i battenti in maniera magniloquente e con sei mostre tematiche. Funge da apripista “Hong Kong: Here and Beyond” (Main Hall Gallery, fino al 27 novembre 2022), una mostra spettacolare che documenta l’evoluzione della cultura visiva parallelamente alla trasformazione della città dagli anni Sessanta a oggi. Un’altra delle mostre inaugurali, “Things, Spaces, Interactions” (East Galleries, fino al 21 maggio 2023), mette invece in mostra il design e la cultura delle arti visive del mondo asiatico. Poi bisogna confrontarsi con “M+ Sigg Collection: From Revolution to Globalisation” (Sigg Galleries, fino al 7 ottobre 2022) che indaga sullo sviluppo dell’arte contemporanea cinese dagli anni Settanta fino al Duemila. In qualche modo questa mostra ha il suo contraltare in “Individuals, Networks, Expressions” (South Galleries, fino al 5 febbraio 2023), dove vengono indagati gli sviluppi dell’arte internazionale del secondo dopoguerra secondo un punto di vista asiatico.
Poi troviamo una serie di testimonianze di arte concettuale inserite nella mostra “The Dream of the Museum” (Courtyard Galleries, fino al 18 settembre 2022), e per finire in bellezza la grandiosa installazione di Antony Gormley: “Asian Field” (West Gallery, fino al 3 luglio 2022), con centinaia di sculture in creta realizzate con la collaborazione di circa trecento abitanti del villaggio di Huadong (Guangzhou city). Questo progetto ha visto la luce nel 2003 e si è ora “accasato” con l’installazione di circa 200mila statuine in terracotta: una specie di armata che è anche la variante di precedenti installazioni realizzate dall’artista inglese in Australia, America del Nord e del Sud, Regno Unito ed Europa. In ognuna di queste occasioni l’aspetto dominante è stato quello del coinvolgimento delle comunità locali e della partecipazione alla realizzazione del prodotto finale. Questo vale a dire che in tutte queste attività operate al di fuori dello studio, il processo dialogico e di coinvolgimento è stato più importante del dettaglio formale.
Ecco, ci soffermiamo con un breve commento proprio su questo autore, visto che viene collocato tra i massimi rappresentanti della nuova scultura inglese degli anni Ottanta, assieme a Tony Cragg. Comunque al di là delle etichette e delle contestualizzazioni storiche, Gormley è oggi acclamato a livello mondiale per la declinazione via via sempre diversa delle sue opere e delle sue installazioni pubbliche e perché il suo lavoro intreccia la forma espressiva del corpo umano (come una specie di punto fermo neorinascimentale) con lo spazio che lo accoglie, fino a immergersi nella natura e a cercare relazioni cosmiche. E va pure detto che in questa installazione (dove il numero ha il suo dato significativo e sovrabbondante, come in una sorta di rito sacrificale) il corpo, sebbene trattato sommariamente non manca all’appello: un corpo stante, con due occhi e due braccia; in effetti gli elementi basilari per dargli un senso di riconoscibilità primaria e di collegamento con stilemi arcaici.
Marta Bellavere
Info:
Antony Gormley, Asian Field
12/11/2021 – 03/07/2022
M +
38 Museum Drive
West Kowloon Cultural District
Hong Kong
Phone: (852) 2200 0217 (9:00am-9:00pm daily)
Ticketing Enquiry
Phone: (852) 2200 0022
Email: ticketinfo@wkcda.hk
Website: www.westkowloon.hk/ticketing
Veduta esterna di M+, Hong Kong. Photo Virgile Simon Bertrand, © Virgile Simon Bertrand, courtesy of Herzog & de Meuron
Vista parziale di The Main Hall, M+, Hong Kong. Photo Kevin Mak, © Kevin Mak, courtesy of Herzog & de Meuron
Zhang Xiaogang, Bloodline – Big Family No. 17, 1998, oil on canvas, 149 × 180.2 cm, M+ Sigg Collection, Hong Kong. By donation © Zhang Xiaogang (opera esposta nelle Sigg Galleries per la mostra “M+ Sigg Collection: From Revolution to Globalisation”)
Antony Gormley, Asian Field, 2003, clay, dimensions variable. M+, Hong Kong. Museum purchase and gift of anonymous Hong Kong donor, 2015. © Antony Gormley, photo Dan Leung, M+ (opera esposta nella West Gallery, in occasione della mostra “Antony Gormley: Asian Field”)
Michael Wolf, Architecture of Density #8b, 2005, chromogenic print. M+, Hong Kong, © Michael Wolf Estate (opera esposta nella Main Hall Gallery per la mostra “Hong Kong: Here and Beyond”)
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