Il MACBA sta integrando i suoi spazi espositivi, unendo il corpo dell’edificio Meier con la piazza prospiciente e il Convent dels Àngels. Per la fine del 2023 è prevista la conclusione dei lavori con la “conquista” di ulteriori 3mila mq di superficie calpestabile: in definitiva una sfida per stare al passo con i tempi e per poter allargare l’offerta culturale. Il costo complessivo di questo intervento è di 5,445,613.86 €.
Il museo possiede una collezione di circa 6mila opere (soprattutto opere riferite alla cultura visiva del luogo) e tra quelle acquisite di recente si segnalano i nomi degli artisti: Mar Arza, Consuelo Bautista, Antoni Clavé, Ivana Franke, Cristina Garrido, Soledad Sevilla, Antoni Tàpies, Juan Diego Varela.
Le mostre in corso sono tre: “Felix Gonzalez-Torres: The Politics of Relation”, “SAMPLER #4: Things that Happen”, “In Real Time: Rafael Tous Collection of Conceptual Art”, e in particolare ci soffermiamo sulla prima, dedicata a una riesamina del lavoro di Gonzalez-Torres (Guáimaro, Cuba, 1957 – Miami, USA, 1996), curata da Tanya Barson, con l’intento di sottolineare il rapporto fecondo tra la Spagna e i Caraibi, su temi come memoria, autorità, libertà e identità nazionale. E questo perché tutto il lavoro di Gonzalez-Torres va visto come l’opera di un artista “impegnato” e cioè che ha sempre sollevato temi sociali, per esempio operando contro gli atteggiamenti omofobici o segnalando l’ascesa del conservatorismo in politica o un insano machismo militarista. La mostra che riunisce circa quaranta opere, parte dalla facciata del museo per svilupparsi poi su quattro sale.
La facciata accoglie una porzione di “Untitled (America)” del 1994, una sorta di anti-monumento, composto da dodici fili di luce (gli altri otto fili sono collocati sulla Ramblas de Raval) che, nel connotare in maniera diversa la parola “America”, mettono in discussione il nazionalismo e il patriottismo che la parola implica o più semplicemente un problema di integrazione e di identificazione non sempre facile per tutti gli immigrati che compongono la galassia degli Stati Uniti d’America.
All’ingresso, il percorso espositivo inizia con “Untitled (Portrait of Andrea Rosen” del 1992, pittura su muro, ovviamente con una disposizione interpretata dalla curatrice.
Da qui si passa alla Sala 1, dove le opere affrontano il tema dei più comuni atteggiamenti omofobici e direi che dal punto di vista dell’autore non c’è solo un riferimento, possibile di certo, al clima pesante che si è avvertito negli USA (soprattutto dopo l’epidemia di AIDS degli anni Ottanta e Novanta), ma lo sguardo si allarga al mondo, come dire: diviene un proclama senza tempo e senza una esatta geografia a cui fare riferimento.
Le opere della Sala 2 presentano idee di accoppiamento, contatto, sdoppiamento, identità ed equilibrio, sottolineando così l’importanza che l’autore attribuisce all’idea di queerness e di uguaglianza. Le opere esposte mettono in evidenza anche il debito verso il vocabolario del minimalismo e dell’arte concettuale come veicoli per poter proporre contenuti affettivi, uno dei suoi contributi più importanti a un linguaggio artistico rinnovato. Questo, tuttavia, è anche uno dei suoi gesti più politici, dato che l’autore ha riconosciuto che l’approccio criptico gli ha permesso di parlare di omosessualità, in particolare di affrontare i temi del desiderio, dell’amore e della vulnerabilità omosessuale, eludendo le critiche dei conservatori di estrema destra e i loro sforzi per censurare tali intenti. Allo stesso tempo, il carattere aperto e partecipativo del suo linguaggio rende il lavoro accessibile a tutti gli spettatori, racchiudendo la specificità dell’identità individuale e offrendo allo stesso tempo un’immagine di equivalenza, comunità e bene comune.
La Sala 3 affronta i temi del viaggio, dell’emigrazione, dell’esilio, del turismo e della fuga alla ricerca di una presunta libertà. Le immagini proposte mettono in primo piano l’acqua, il cielo, le spiagge, come a suggerire ampie metafore poetiche che possono rispondere al doppio significato: quello che si può ottenere con il dio denaro e quello a cui non si può arrivare senza averlo; come dire: utopia è spesso una terra irraggiungibile e i proclami dei diritti dell’uomo rimangono spesso lettera morta. Qui le opere sono collegate attraverso la gamma tonale del bianco, del blu e del grigio.
La Sala 4 prende i esame i temi del patriottismo, del maschilismo e del desiderio omoerotico e come la nazionalità di un popolo sia radicata perfino nei suoi monumenti (e mai come oggi i monumenti che vengono imbrattati o abbattuti sono indice di una protesta collettiva o di de-identificazione di una storia celebrativa imposta dall’alto e spesso con la violenza). Tali opere evocano anche la dittatura, con atteggiamento di certo contraddittorio: dalla paura ispirata dall’autoritarismo (con relativa persecuzione nei confronti dei diversi e delle opposizioni e delle minoranze) alla simultanea ammirazione per la figura del grande padre o del forte e potente leader: il salvatore del popolo, in definitiva. Queste opere possono essere viste come preveggenti e molto attuali, proprio se inquadrate nel contesto delle più recenti proteste per la rimozione di monumenti coloniali, patriarcali o egemoni, o per le manifestazioni del movimento Black Lives Matter o per movimenti di protesta localizzati anche a Barcelona.
Questa mostra, lodevole nel lavoro organizzativo e nell’impegno civile e didattico, meriterebbe ulteriori sviluppi o dialogo con altri autori; per esempio il primo che mi viene in mente è Keith Haring, e di certo il lettore avrà capito che parlo di contenuti e non di vocabolario espressivo.
Bruno Sain
Info:
Felix Gonzalez-Torres: The Politics of Relation
26/03/2021 – 12/09/2021
MACBA
Plaça dels Àngels, 1
08001 Barcellona
exposicions@macba.cat
Felix Gonzalez-Torres, vista esterna del MACBA con parte dell’opera Untitled (America) del 1994, foto Miquel Coll, courtesy MACBA
Vista parziale della mostra Felix Gonzalez-Torres: The Politics of Relation, ph Miquel Coll, courtesy MACBA
Vista parziale della mostra Felix Gonzalez-Torres: The Politics of Relation, ph Miquel Coll, courtesy MACBA
Felix Gonzalez-Torres, Untitled (It’s Just a Matter of Time), 1992, billboard, dimensions vary with installation, © Felix Gonzalez-Torres, courtesy of the Felix Gonzalez-Torres Foundation
is a contemporary art magazine since 1980
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