Mandy El-Sayegh è una delle tante artiste di un mondo senza confini: vive a Londra, ma è nata in Malesia, perciò oltre ad essersi inserita all’interno del sistema culturale occidentale porta con sé il retaggio di segni e saperi ancestrali, del tutto estranei alla nostra cultura visiva. Inoltre, come molti autori provenienti da mondi lontani e provati dal capitalistico aggressivo e invasivo, esplora le complessità politiche, sociali ed economiche di un’umanità tendente all’omologazione, utilizzando un puzzle di informazioni: dagli slogan pubblicitari agli articoli dei giornali. Questo materiale viene sottoposto a un processo di stratificazione e cancellazione che ne modifica la percezione e ne frammenta il senso.
Per esempio, nella sua prima personale alla Chisenhale Gallery di Londra (“Cite Your Sources”, 2019), l’autrice aveva lavorato proprio sul flusso di significato e significanti, operando con griglie dipinte che potevano simbolicamente rappresentare un modo per catturare e trattenere le informazioni, come se si trattasse di una “pesca miracolosa”. Certo, l’aspetto formale di un decorativismo invasivo (una specie di sensazionale pattern) va a confondersi con la calligrafia propria della tradizione araba. In definitiva si tratta di una contesa tra l’uomo e il mondo, per un principio di supremazia, dettato dalla cupidigia, e tra uomo e uomo a causa di una insana volontà di sopraffazione economica o di ruolo sociale. A questo proposito tornano molto pertinenti le parole di Samuel Johnson: “Adeguare la violenza di una contesa alla sua effettiva importanza sembra un compito troppo difficile per il senno dell’uomo. L’orgoglio dell’intelletto ha impegnato epoche intere a discutere questioni irrilevanti, e l’orgoglio del potere ha distrutto interi eserciti per acquistare o conservare possedimenti inutili”.
Ecco, allora, che Mandy El-Sayegh, nel suo percorso di analisi e sintesi, utilizza un mosaico di informazioni che poi sottopone a processi di stratificazione, cancellazione e offuscamento. Questa pratica nasce da un interesse per la relazione classica di una parte con il tutto (il volto nella proporzione del corpo, l’uomo come microcosmo inserito nel macrocosmo), e di come tutto ciò possa portare alla creazione di un nuovo significato, perché è il flusso (il fluire costante delle cose, come un fiume nel quale non ci si bagna due volte), nella mutevolezza della forma, che può generare nuove informazioni.
Per la sua prima mostra personale alla Galleria Thaddaeus Ropac di Londra, Mandy El-Sayegh trasforma gli spazi della galleria, intervenendo sulle pareti e sui pavimenti per creare un ambiente avvolgente all’interno del quale vengono sviluppate idee di interni corporei, psicologici e spaziali. Presentando dipinti, sculture e installazioni (tutti lavori progettati per questo appuntamento), nonché una performance, la mostra sovrappone diversi materiali e modalità di creazione artistica, facendo riferimento a esperienze sensoriali e processi di accumulazione. Quasi un percorso immersivo, di stampo anni Quaranta del secolo scorso.
Per esempio, un’installazione si ispira allo studio di Sigmund Freud, assemblando oggetti che fanno riferimento allo studio, inclusi tappeti persiani e “il lettino da confessione”. Un’altra installazione si basa sulla serie White Grounds in cui immagini stratificate di mappe e detriti provenienti dallo studio dell’artista sono parzialmente nascoste sotto strati di gesso e pittura bianca. La tecnica dello strato su strato, dove quello successivo lascia intravedere solo in parte quello che c’è sotto mentre un poco nasconde il segno precedente, rinvia alla saturazione delle informazioni a cui la società contemporanea, prima con la carta stampata e poi con il web, ci ha abituato. Un’altra installazione è composta da tende in lattice, simili alla pelle, sospese al soffitto del corridoio che conduce alla galleria; queste tende attingono all’interesse duraturo dell’artista per il frammento e la mutevolezza del linguaggio, intersecando la sua indagine sull’esperienza psicologica con idee di incarnazione e disintegrazione corporea. El-Sayegh attiverà questa installazione con una performance che si svolgerà sullo sfondo di un nuovo lavoro sonoro e video, creato attraverso collage visivi e uditivi. L’opera multimediale alterna filmati di processi in studio insieme a una serie di immagini di corpi sotto gli effetti di forze esterne, siano esse armoniose o maligne. Una mostra tutta da vedere e tutta da percorrere.
Bruno Purek
Info:
Mandy El-Sayegh, Interiors
01/09/2023 – 30/09/2023
Performance 12 settembre 2023
Thaddaeus Ropac
London Ely House
37 Dover Street, London, W1S 4NJ
ropac.net
is a contemporary art magazine since 1980
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