La Galleria Raffaella Cortese ospita fino al 2 marzo la quarta mostra personale dedicata a Marcello Maloberti e curata da Pierre Bal-Blanc. Il percorso espositivo si sviluppa su tre ambienti di Via Stradella a Milano, quali diramazioni di un medesimo corpo.
Al civico 7 i visitatori sono accolti, secondo le parole dell’artista, dagli “abbracci” dei quaderni che, appesi alla parete, costituiscono una linea, un archivio visibile che penetra fin nel magazzino, rompendo la finzione scenica dello spazio della galleria. Ciò che non poteva essere visto si rende visibile.
Le casse in legno delle opere di altri artisti dialogano direttamente con le Marmellate (2018) di Maloberti, fatte di collage, “innamoramenti” tra immagini, appunti visivi che si mescolano con parole scritte rapidamente a mano e che ricordano la quotidianità dell’artista, fatta di Martellate poetiche pubblicate su Instagram. L’aura perduta benjaminiana si rende palese attraverso la scrittura “aurorale”, come una rievocazione di un tempo andato che ritorna. Queste prime opere si fanno chiavi di lettura dell’intero percorso, sintomi premonitori di un’espressione artistica fortemente legata all’altro e all’antico.
Gli anacronismi tra le opere e tra le immagini di una stessa composizione fanno parte di un unico dialogo che prende voce nello spazio attraverso la registrazione audio di un Cicerone (2018), una guida dell’oratorio Suardi che racconta l’affresco di Lorenzo Lotto evocando, con la sua presenza, l’assenza delle immagini e lo scontro tra il presente e la bellezza antica.
L’allestimento povero e seriale obbliga lo sguardo di chi osserva a concentrarsi sulle immagini, da cui tutto è scaturito, e non sul pensiero. Ciò avviene ancor di più quando, al civico 4, il visitatore si trova costretto a camminare su preziosi ritagli di cupole e cieli seicenteschi che invadono il pavimento, quanto le immagini nella cultura digitale.
La mobilità delle forme è reale in questo Trionfo dell’aurora (2018) in cui, appesa sola alla parete, la fotografia di uno “straniero”, dalla pelle scura e diafana e dal corpo marmoreo, è ritratto nell’atto di ritagliare quelle stesse immagini e accoglie in uno spazio intimo e sospeso dove i soffitti degli affreschi diventano preziosi pavimenti, calpestabili con la delicatezza di un intruso in uno spazio sacro. Le opere visibili in mostra si legano a performance realizzate precedentemente e rendono il sogno dell’opera d’arte totale wagneriana sempre più reale.
Seguendo le orme del suo maestro Fabro, Maloberti accede all’oggi attraverso l’antico, la sua conoscenza e le relazioni che questo può instaurare con lo spazio architettonico e personale. Queste costellazioni nascono nel momento in cui la forma che le caratterizzava si sfalda, lasciando il posto ad una forma altra che prende vita nuova. Come l’artista stesso ricorda, usare l’antico è toccare qualcosa che è ancora vivo. La ricerca di questa vitalità è ciò che ha caratterizzato il ritorno alla classicità, fin dalle tavole dell’atlante di Aby Warburg che, inevitabilmente, è presente nei collage come nelle performance di Maloberti.
Gli anacronismi delle tecniche, dei medium, degli stili, delle architetture, degli spazi si concludono al civico 1 in cui il primo quadro ad olio dell’artista, su tavola di legno di betulla, dipinto con tecnica rinascimentale, chiude la mostra. L’orizzonte qui è fatto di vuoti che intensificano il senso di sospensione dello spazio e del tempo in cui la sacralità degli affreschi, la quotidianità dei gesti e la semplicità delle parole evocate e scritte col pennarello si disperdono nella luce e nel ricordo degli spazi precedenti.
L’artista ci rammenta ancora una volta che è la poesia a salvarci anche lì dove l’arte contemporanea sembra essere stata addomesticata. Ed è nell’intimità che il visitatore abbandona la Galleria, senza disturbare i gesti d’amore degli “stranieri” fotografati o rappresentati. “Fare l’amore con se stessi” così Maloberti descrive la sua pratica artistica, un “innamoramento delle forme” e delle loro temporalità multiple. Ed è questo gusto di prezioso piacere che lascia in bocca la Sbandata.
Info
Sbandata. Marcello Maloberti
29 novembre – 2 marzo 2019
Galleria Raffaella Cortese
Via Stradella 7-1-4 Milano
For all images: Marcello Maloberti. Sbandata. installation view at Galleria Raffaella Cortese
Dopo aver studiato nelle università di Oxford, Aix en Provence e Sapienza di Roma specializzandosi sulla gestione del patrimonio culturale, è dottoranda presso l’IMT School for Advanced Studies di Lucca. Ha lavorato presso la Gagosian Gallery di Londra e la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma. Dal 2014 collabora con le riviste Juliet Art Magazine e Artribune. È parte di CAMPO, corso per curatori della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino.
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