A tre anni di distanza dalla sua ultima personale a Bologna, l’illustratrice argentina Mariana Chiesa torna alla galleria Portanova 12 con la mostra Furie, paesaggi e figure, un altro intenso progetto che presenta gli ultimi esiti della sua ricerca espressiva. L’artista, carismatica portavoce delle minoranze sudamericane tendenzialmente ignorate dai media internazionali e appassionata custode della cultura popolare del suo Paese d’origine, si distingue per una cifra stilistica immediata e versatile, capace di fomentare la rivolta come di materializzare sogni magici e primitivi.
Il percorso espositivo inizia nell’anticamera della galleria con le incisioni realizzate a sostegno del Movimiento de Mujeres Indígenas por el Buen Vivir, gruppo militante di attiviste fondato nel 2013 dalla mapuche Moira Millan in seguito a un viaggio a Ushuaia, la città più meridionale dell’Argentina, da lei intrapreso per conoscere in prima persona ciò che succedeva alle donne indigene delle varie etnie, vittime inascoltate di violenza di stampo terricida. Questo neologismo, coniato per rompere il silenzio sui gravi fatti di cronaca e politica che avvengono a quelle latitudini, significa letteralmente “assassinio della terra”, definizione che assimila altre forme di crimine, come femminicidio, ecocidio ed epistemicidio. L’obiettivo del movimento è ottenere riconoscimento dalle istituzioni e dai media per poter poi intraprendere azioni legali contro le multinazionali occidentali responsabili dello sfruttamento di quei territori così preziosi per le loro risorse naturali e del conseguente depauperamento degli abitanti indigeni, il cui habitat viene quotidianamente depredato e inaridito. Le componenti del gruppo, perseguitate dai governi provinciali come terroriste, non si definiscono femministe ma anti patriarcali, per rimarcare la connotazione politica della loro resistenza a un sistema predatorio che, invece, riesce a trovare connivenza negli uomini delle comunità locali, inclini ad accettare questa pericolosa trasformazione delle loro società e a barattare la rassegnazione con irrisori vantaggi economici immediati senza dare peso all’irrimediabile ipoteca sul futuro che questa scelta comporta.
Alla resistenza e alla lungimiranza delle attiviste del movimento Mariana Chiesa dedica le incisioni ispirate alla Caminata Plurinacional, processione che, dopo aver attraversato diverse province argentine per dare visibilità alle tematiche del terricidio, è stata replicata in altre parti del mondo arrivando anche a Bologna, da cui in maggio 2020 è partita una lunga marcia che ha condotto i partecipanti fino ad Altedo. In quell’occasione Mariana Chiesa aveva ristampato i suoi disegni su dei “grembiuli di protesta” (uno dei quali è presente in mostra) che, indossati dai manifestanti, sintetizzavano l’identità femminile del movimento e si offrivano alla vista come iconici retabli di denuncia. In queste tavole, dove l’immagine è spesso abbinata a un testo che esplicita l’urgenza del messaggio, il linguaggio rude della xilografia (ottenuta anch’essa mediante una violenza, quella della sgorbia sulla matrice da incidere) comunica con segni primitivi e risoluti gli ideali di un manifesto politico contundente.
Dopo l’asprezza delle incisioni, che incarnano la testimonianza amplificandone la portata nel rifiuto di ogni mediazione estetizzante, la mostra sembra cambiare registro all’ingresso della seconda sala, introdotta da un’opera su tessuto nata dal confronto con una composizione di Bartolo Cattafi (1922 – 1979), che in luglio 2022 sarà celebrato con un progetto speciale in occasione del centenario della sua nascita. Il progetto prevede una selezione di ventidue testi del poeta siciliano, ciascuno dei quali sarà protagonista di un’opera di uno degli artisti della galleria, illustratori e urban artists in bilanciata rappresentanza a riflettere il binomio su cui orientano le loro scelte espositive i direttori artistici Antonio Storelli e Massimo Cattafi. Nella piccola composizione di sagome cucite su tela di Mariana Chiesa la crudezza passionale del poeta sembra a prima vista stemperarsi in una visione rasserenata, anche se in realtà l’apparente calma delle forme e dei colori è in realtà gravida di tensioni ataviche e di simbologie totemiche. I lavori su stoffa dell’artista infatti, pur evocando un morbido mondo onirico sicuramente meno drammatico delle scene di protesta tratteggiate nelle incisioni, non rispecchiano una fuga dall’attualità, ma solo un altro aspetto dell’impegno dell’artista nel fare da tramite tra la cultura contemporanea e il patrimonio intellettuale permeato di spiritualità della sua terra di origine, all’insegna di un reciproco arricchimento.
In questo progetto artistico sartoriale, nato come evoluzione delle piccole composizioni di tessuto dei “grembiuli di protesta”, Mariana Chiesa si confronta con formati sempre più grandi, fino ad aspirare alla dimensione ambientale nel murale tessile work in progress che conclude idealmente la mostra come intervento site-specific sperimentale aperto alla partecipazione del pubblico, invitato a interagire con un catalogo di elementi predisposti dall’artista liberamente collocabili in un paesaggio astratto. L’idea di fondo di questi assemblaggi di tessuti deriva dalla tradizione popolare argentina delle Almazuelas, lavori tessili ottenuti unendo più ritagli di diversi stoffe per realizzare superfici più ampie, come copriletto o altri capi di arredamento per la casa, in modo che l’alternanza dei differenti pattern formi una griglia di disegni geometrici. Se le xilografie appaiono dense di ombre e di segni, qui vediamo campi astratti di colori accesi in cui galleggiano sagome essenziali che concretizzano un incantesimo ibrido tra il mito e la fiaba, uno spazio di libertà in cui l’artista si affranca dalla gravità dei suoi demoni traducendoli in bellezza.
Se l’atto di cucire condiziona la sua cifra stilistica inducendo una modalità espressiva più giocosa e piacevole, pur implicando come nelle incisioni il concetto di taglio (con la forbice invece che con la sgorbia), l’immaginario a cui attinge è tutt’altro che disimpegnato. I personaggi, essenziali silhouettes che in qualche modo ricordano le magiche processioni di ombre che incantano lo sguardo nei film di animazione di William Kentridge, sono potenti totem e amuleti messi in campo dall’artista per riattivare la concezione sacra della vita che permea la cultura indigena, la cui sopravvivenza potrebbe essere la chiave per pacificare le violente conflittualità del nostro presente e immaginare un’esistenza globalmente più sostenibile. Anche in questo caso i teleri di Mariana Chiesa sembrano aspirare all’attivismo e potrebbero essere letti sia come preziosi arazzi per una dimensione domestica foderata di sogno e sia come stendardi magici di una processione che, evocando antiche entità sovrannaturali, possa ricucire la realtà materiale con la sua controparte spirituale.
Info:
Mariana Chiesa. Furie, paesaggi e figure
22/03/2022 – 23/04/2022
Portanova 12
Via Portanova 12 Bologna
For all the images: Mariana Chiesa. Furie, paesaggi e figure, installation view at Portanova 12, ph courtesy Portanova 12
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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