“Medea”, una mostra contemporanea

Medea è una figura a tutto tondo della tragedia greca, e possiamo definirla una specie di eroina non solo dalla personalità contrastata, ma anche con tratti negativi del carattere e del comportamento. Questa personalità “ribelle”, piena di luci e ombre, compare nell’omonimo testo di Euripide andato in scena per la prima volta ad Atene, alle Grandi Dionisie del 431 a. C. La tetralogia di cui faceva parte comprendeva anche le tragedie perdute Filottete e Ditti, e il dramma satiresco I mietitori. Per dirla in poche parole, la storia è quella di una donna innamorata che si lascia sedurre, e che per amore tradisce le regole della sua famiglia, favorendo il furto del vello d’oro e abbandonando il focolare domestico, e uccidendo il fratello per permettere l’esito positivo della fuga.

Chiara Calore (Abano Terme, 1994), Mater terribilis, 2023, dittico, olio su tela, 180 x 400 cm, opera esposta alla mostra “Medea”

Poi si sposa in una società diversa dalla sua, qualche anno dopo verrà ripudiata e per vendicarsi del comportamento del marito ucciderà i suoi due figli. Questa storia di sangue e crudeltà ha sullo sfondo l’epopea degli Argonauti che vanno alla conquista del vello d’oro. Li guida Giasone che con questa reliquia conta di poter riconquistare il trono perduto. Il che vale a dire che amore e potere vanno a braccetto e che sempre per convenienza l’infido Giasone deciderà di ripudiare Medea per poter sposare Glauce, la figlia di Creonte, re di Corinto.

Francesco De Grandi (Palermo, 1968), Medea nel giardino di Colchide, 2023, olio su tela, 230 x 340 cm, opera esposta alla mostra “Medea”

Di donne sedotte e abbandonate il mito greco fornisce altri esempi (pensiamo ad Arianna e Teseo) e forse queste storie dovevano servire a mettere in guardia dagli strali di Cupido oltre che a condannare un comportamento troppo libero e licenzioso. La vendetta di Medea è però atroce e per questo viene stigmatizzata. Uccide i figli, privando Giasone di una discendenza e dona alla futura sposa di Giasone una ghirlanda e una veste avvelenata. La ragazza, indossati i doni, muore tra atroci tormenti bruciata da un rivolo di fuoco che si propaga dalla ghirlanda; la stessa sorte tocca al padre Creonte, accorso per aiutarla. Ci sovviene la vicenda di Eracle soffocato dalla tunica avvelenata dal sangue che il centauro Nesso gli manda in maniera subdola in dono, tanto che sopraffatto dal dolore, l’eroe è costretto a uccidersi, dandosi fuoco.

Rusudan Khizanishvili (Tbilisi, Georgia, 1979), l’autrice con l’opera Medea, a Play in Three Acts, 2023, olio su tela, 200 x 300 cm, courtesy dell’autrice

In questa tragedia, la personalità di Medea domina incontrastata. Fortemente emotiva e passionale, la donna esibisce un’ampia gamma di stati d’animo, che culminano sì in atti di grande ferocia, ma non privi di dubbi e di tentazioni di desistere, talvolta manifestati nell’ambito della stessa scena, in un continuo alternarsi di propositi omicidi e di pentimenti. Gli aspetti del personaggio di Medea sono tanti e tali che il suo agire può essere visto come vittima di pulsioni interne incontrollabili o anche come vuoto interiore e perdita di ogni raziocinio. La grandezza del personaggio sta proprio nel tenere un comportamento assai complesso e contrastato, in una continua lotta tra la razionalità e la passione, dove la debolezza e la forza si combattono a vicenda. Debole perché nella vendetta perde tutto, forte perché osa agire fino a distruggere il suo passato e il suo futuro.

Ruprecht von Kaufmann (Monaco, 1974), Medeas Erben / Medea’s Heirs, 2023, olio e collage su linoleum, 250 x 460 cm, opera esposta alla mostra “Medea”

Questo mito a tinte fosche (che aveva già ispirato un film a Pier Paolo Pasolini, “Medea” del 1969, con la protagonista interpretata da Maria Callas) è quindi la premessa che offre il destro alla mostra curata da Demetrio Paparoni e alla sua disamina, in primis con un grande excursus storico e iconografico (con esempi eclatanti tratti dalla storia dell’arte, da Artemisia Gentileschi a Peter Paul Rubens) e poi con la complicità delle opere di diciassette autori contemporanei: Dayrit, Helgi Thorgils Fridjónsson, Francesco De Grandi, Rusudan Khizanishvili, Sverre Malling, Rafael Megall, Ruben Pang, Daniel Pitìn, Nazzarena Poli Maramotti, Vera Portatadino, Nicola Samorì, Natee Utarit, Ruprecht Von Kaufmann, Wang Guangyi, Yue Minjun. Questo insieme di opere divengono un nuovo mondo, un immaginario dei nostri giorni che fa rivivere la tragedia classica. Oltre al saggio di Demetrio Paparoni, sono presenti in catalogo (Skira Editore) testi tematici scritti per l’occasione da Roberto Alajmo, da Tiziano Scarpa e dagli artisti, che riflettono in prima persona sui loro rispettivi lavori.

Vera Portatadino, (Varese, 1984), Chiamami pure leonessa se vuoi, 2023, olio e gessetti su tela, 160 x 190 cm, opera esposta alla mostra “Medea”

Siccome lo spazio è tiranno, ci soffermiamo sul lavoro presentato dall’unico artista siciliano che ha preso parte a questo progetto. Mi riferisco a Francesco De Grandi (Palermo 1968, vive a Palermo). L’opera s’intitola Medea nel giardino di Colchide e tocca un periodo antecedente al climax della tragedia, ci mostra quanto Euripide non ci ha narrato, forse per sintesi o forse per pudore. Prima della colpa e prima del tradimento De Grandi raffigura una Medea bambina che vaga nel giardino del suo regno, in quella regione remota, arcaica e misteriosa denominata Colchide, ai confini del vasto mondo greco. La bambina, dallo sguardo un po’ perso nel vuoto, è una maga in pectore, è una forza ctonia, tanto che al polso sinistro porta attorcigliato un serpentello bluastro, simbolo del bene e del male: può dare la vita e può dare la morte.

Natee Utarit (Bangkok, 1970), Two Boys and The Sacrifice, 2023, trittico olio su tela, 200 x 450 cm, opera esposta alla mostra “Medea”

La memoria va al serpente di bronzo innalzato nel deserto a cui rivolgere lo sguardo per avere salva la vita (Numeri, 21, 4) e c’è quello a cui la Madonna schiaccia il capo. Il futuro di Medea è già segnato dalla parola vaticinante e dall’oscurità che ne deriva. Nel giardino crescono piante sacre e vivono animali rari, come pavoni albini e uccelli misteriosi. Prima che il dramma trovi il suo compimento, De Grandi si è soffermato a descrivere la forza selvaggia e incontrollabile della natura: una potenza arcaica e divina pronta a deflagrare quando viene tradita dagli uomini assetati di ricchezza e di potere, pronta a ribellarsi e ritorcersi contro i propri figli, annientandoli. In conclusione, Medea come madre matrigna di Leopardi o Medea come incarnazione della vendetta?

Fabio Fabris

Info:

AA.VV., Medea
5/05/2023 – 30/09/2023
a cura di Demetrio Paparoni
Antico Mercato, Siracusa
ingresso gratuito https://aditusculture.com/esperienze/siracusa/mostre-eventi/ medea
https://aditusculture.com/


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