My Monkey Edizioni è un progetto ideato e seguito da Andrés David Carrara, artista visivo e graphic designer argentino che vive e lavora a Bologna. Le edizioni My Monkey sono riviste stampate in 50 esemplari in cui artisti sempre diversi vengono invitati a confrontare i propri linguaggi creativi con un classico della letteratura italiana e straniera. Il risultato è una serie di album in carta semi-opaca in formato 29,7 x 29,7 cm (quasi le misure di un LP in vinile), numerati e firmati, che da maggio 2018 vengono pubblicati a cadenza bimestrale. L’impaginazione mette in relazione brevi brani dell’opera letteraria selezionata con immagini create dall’artista, in una cadenzata alternanza che costruisce una narrazione in bilico tra la sintesi e l’amplificazione. L’aspetto più avvincente dell’operazione è che non si tratta di un semplice dialogo tra parole e immagini secondo i canoni dell’illustrazione, ma della creazione di un’opera a sé stante (non a caso in copertina l’autore è l’artista, il titolo è quello del libro) che esplora le possibilità narrative della simbiosi tra i due differenti linguaggi. Non serve aver letto il testo di partenza per comprendere (e averlo fatto non è detto che aggiunga una maggiore consapevolezza): il significato si svela sotto forma di intuizione e non come esito di proposizioni logicamente o poeticamente concatenate, mentre la compenetrazione tra parole e immagini produce una suggestione mentale multiforme, non paragonabile alle percezioni generate dai due sistemi di segni considerati singolarmente. Questa trama ibrida appare elusiva, aperta, ma sempre anche misteriosamente coerente, come se le due diverse personalità dell’artista e dello scrittore si fossero fuse in un terzo soggetto narrante.
Per saperne di più abbiamo rivolto qualche domanda ad Andrés David Carrara.
Da dove nasce l’idea di questo progetto? Ti era già capitato di ispirarti a suggestioni letterarie nella tua produzione artistica precedente?
Per molti anni mi sono dedicato esclusivamente alla pittura. Poi però mi sono trovato per mille motivi a lavorare prevalentemente nell’editoria e nella grafica editoriale. Mi era comunque sempre rimasta una piccola dipendenza, una “scimmia sulla schiena”, che è quella di occuparmi d’arte. Con questo significato nasce il nome My Monkey. Ho messo in piedi questo progetto editoriale innanzitutto per rievocare uno spirito particolare che si vive solo in un certo “mondo culturale” e portare all’interno di quel settore le mie nuove esperienze professionali cercando di dare un contributo spero interessante. Non credo sia possibile concepire che un artista produca un qualunque oggetto espressivo senza aver saccheggiato in qualche modo, più o meno consciamente, dal mondo della letteratura, dal cinema o dalla musica. A conferma di questa affermazione ti posso dire che gli artisti che ho contattato per questo progetto avevano tutti – senza eccezioni – una suggestione letteraria che consideravano come particolarmente rappresentativa del loro modo di occuparsi d’arte.
Come scegli gli artisti che inviti nel “salotto letterario visivo” di My Monkey Edizioni? Accetti anche candidature spontanee?
Cerco di scegliere gli artisti in modo da avere una programmazione piuttosto eclettica all’interno delle pubblicazioni. Da sempre amo leggere molto e spesso mi trovo ad associare quello che leggo a una produzione artistica. È una cosa che mi capita piuttosto spontaneamente, una specie di capacità sinestetica. Quando questo mi capita procedo con degli inviti mirati. Si è poi creato un curioso passa parola tra gli artisti che ho invitato e si sta creando una specie di rete di relazioni molto interessante. Sono piuttosto esigente ma naturalmente all’interno di una logica che si presta alla “provocazione” e alla collaborazione, sono ben accette candidature anche “spontanee”.
Sei tu a proporre il libro agli artisti? Come vengono individuati i brani da estrapolare dal testo letterario e come viene deciso l’ordine in cui poi compaiono nella pubblicazione?
Quando l’artista esprime interesse verso il progetto ci prendiamo il tempo tecnico per fare una ricerca e per pensare assieme a delle alternative. Spesso propongo due o tre titoli che mi sembrano plausibili. Questa regola a volte non è stata applicata perché in alcuni casi l’opera dell’artista coincideva spontaneamente con una particolare visione letteraria. I brevi testi da estrapolare spesso vengono proposti da me, ma anche qui ci sono prestigiose eccezioni. Infine in alcuni casi si è cercato di mantenere un ordine logico per permettere al lettore di leggere le citazioni in modo da ricostruire una storia, in altri invece si è cercato di usare la citazione come suggestione per accompagnare l’immagine trasgredendo quindi il significato cronologico presente nel testo.
Come si colloca secondo te in questo progetto la ricerca visiva degli artisti in relazione ai due poli opposti della fedeltà al testo e dell’appropriazione creativa?
Anche qui non c’è una regola ben precisa. In alcuni casi l’artista voleva decisamente illustrare alcuni brani del classico a cui si ispirava, in altri casi invece il testo è interpretato come una semplice suggestione, in altri ancora è addirittura un pretesto. In pratica ogni numero è un progetto indipendente, ritagliato a misura, in modo da poter presentare al meglio quella che si spera essere una sintonia con la scrittura.
Uno degli aspetti più interessanti dell’operazione è, a mio avviso, l’opportunità di constatare come ogni traduzione/traslazione da un linguaggio espressivo all’altro implichi un’interpretazione e un punto di vista. In questo caso si tratta non di traduzione ma di collaborazione tra due linguaggi nella creazione di un unico significante, aspetto che rende ancora più intricata la questione. Vorresti condividere qualche tua riflessione a riguardo?
Il focus della pubblicazione è sempre e comunque principalmente l’opera visiva. La possibilità di associarla a citazioni tratte da un classico della letteratura potremmo dire che è una freccia in più che l’artista ha nel suo arco per poter esprimere in maniera inusuale il suo immaginario. La pubblicazione “finita” però diventa necessariamente un qualcosa di completamente “altro” rispetto all’evocazione di un testo ma anche all’opera che l’artista abitualmente propone. Non è una semplice illustrazione – anche se l’illustrazione non è una cosa affatto semplice! – ma come dici tu un intricare in un unico linguaggio due mondi diversi dove si spera che il risultato ottenuto possa sorprendere sia l’artista e sia lo spettatore.
Cosa risponderesti se qualcuno affermasse che la carta è anacronistica nell’epoca della digitalizzazione?
Personalmente penso che rinunciare al tatto, all’olfatto e alle esperienze sensoriali e temporali complesse come quelle imposte dal formato tangibile della pubblicazione sia una grossa privazione. Sono esperienze concrete che risvegliano nelle persone delle esigenze ataviche. In fondo, per quanto vanitose, siamo e restiamo delle semplici scimmie…
Info:
Andrés David Carrara nel suo studio a Bologna
Maggio 2019 – N° 7 della rivista My Monkey Alessandro Rinaldi – Niente di nuovo sul fronte occidentale
Novembre 2019 – N° 10 della rivista My Monkey Simone Pellegrini – Ritorno a Tipasa
Novembre 2020 – N° 15 della rivista My monkey Mirko Baricchi – Deus sive natura
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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