Unici e fuori dal coro: Dieter Roth, Al Hansen, Jean Toche e Roberto Paci Dalò sono gli artisti coinvolti quest’anno nel programma espositivo ideato da Giuseppe Morra, un percorso temporale fatto di avanzamenti, ritorni indietro, battute d’arresto e spostamenti ispirato al Gioco dell’oca, passatempo ricco di sovrasensi a cui la stessa simbologia dei numeri di opere e artisti si ispira. Dopo un’interruzione durata quattro anni, il gioco riprende e Casa Morra si arricchisce con l’allestimento di nuovi ambienti dedicati a Roth, Hansen e Toche. Accomunati dalla loro indipendenza da movimenti artistici, dalla loro azione rivoluzionaria, svincolati dal pensiero unico con cui anche la società odierna e il mondo dell’arte devono fare i conti, sfuggono a qualsiasi classificazione, rimanendo appunto “Unici”, ancorati alla propria ricerca artistica ed esistenziale.
La curatrice Manuela Gandini ha immaginato le stanze a loro dedicate come un “Terzo paesaggio” umano differente da quello teorizzato da Gilles Clément; la loro arte nasce infatti da spazi interstiziali, luoghi non funzionali rispetto a quelli canonici del sistema dell’arte, che però dischiudono nuove possibilità alla rigenerazione e alla creatività. I “mondi” cui danno forma questi tre protagonisti dell’arte della seconda metà del Novecento rappresentano la controparte dei linguaggi artistici allora dominanti, svelando i lati più oscuri della società di massa. In tutti e tre l’approccio dadaista è ben presente, l’objet trouvè, il residuo entra “già pronto” nell’opera d’arte, come accadeva in Kurt Schwitters, il dadaista che mescolava l’arte alla quotidianità. Stretto è anche il legame con la Pop Art, seppur nelle loro opere non viene tanto rappresentato un doppio del mondo consumistico, quanto l’aspetto nascosto, meno patinato, lo scarto che permette di disingannare l’occhio assuefatto.
Lo sconfinamento tra arte e vita è evidente nel lavoro di Dieter Roth, di cui viene riproposto l’archivio disordinato che realizzò al termine di una cena a Cavriago, nella stalla di Rosanna Chiessi, la gallerista e punto di riferimento per Urs Lüthi, per gli Azionisti viennesi e per molti artisti appartenenti a quella generazione. Sulle pareti di un’immensa sala di Casa Morra sono fissati i più svariati oggetti come cartine, forchette, etichette, foto polaroid, disegni, tutto ciò che può esser ridotto in superficie, un vero e proprio cabinet de curiosités.
È ciò che rimane del racconto di una sera, momenti di vita trascorsi e condivisi tra artisti e protagonisti del mondo artistico degli anni Settanta. Arte, dunque, come evento vissuto da condividere con il pubblico da cui nasce l’ossessione di fermare ogni piccolo evento di quel flusso continuo rappresentato dalla vita. Roth adora le cose che si deteriorano, che subiscono il fascino della decomposizione, per lui anche i ricordi sono destinati a svanire, così come il cibo e gli oggetti. Il tutto viene posto in relazione con le foto dell’allestimento presso la stalla della Chiessi. Lo scarto temporale induce lo spettatore a interrogarsi sul concetto di durata e di decomposizione.
Avvertire la vita come un flusso continuo è anche lo spirito che anima Al Hansen, fra i tre quello più legato al movimento Fluxus. L’accumulo e l’ossessione per l’oggetto ritrovato dominano la sua pratica artistica, ma, allo stesso tempo, si intrecciano con una visione più vicina alla Pop Art. Come un flusso, l’arte è un movimento irrefrenabile dove il quotidiano diviene la principale materia espressiva da cui attingere.
Le opere di Al Hansen nascono “on the road”, inglobando materiali presi dai posacenere dei locali e dai marciapiedi. Si costituiscono così i suoi collage e gli assemblages. Ne sono un esempio le Venusesposte a Casa Morra, silhouette ossessive che ripropongono una versione bidimensionale della celebre Venere di Willendorf. Il corpo femminile appare sformato, ridotto in superficie, colorato con carte di cioccolatini Hershey’s, oppure ricomposto con fiammiferi e rotoli di carta igienica. La bellezza è esibita assieme e tramite il suo rovescio. A essere mostrato è l’altro lato della pubblicità, dello star system, della società dello spettacolo.
L’immaginario di Al Hansen attinge anche alla storia degli Stati Uniti, come la questione dei nativi d’America. In mostra la serie A visitation of Fantoms, tavole circolari sulla cui superficie compaiono calchi in gesso del volto dell’artista, uniti ai simboli tradizionali dei nativi d’America, come i copricapi con le penne. Presente anche Joe Beuys flies Al Hansen Jumps, omaggio a Beuys che, come Hansen, partecipò alla Seconda guerra mondiale.
Meno ironico e più caustico è Jean Toche. Più forte in lui è il legame con i mass media, con l’informazione che corre veloce e anestetizza. Le notizie che si susseguono sembrano appiattirci, renderci insensibili e acritici, per questo Jean Toche, associando parola e immagine, tenta di provocare lo spettatore, sollecitandolo a squarciare la bugia, la falsità attraverso cui si può essere manipolati. I suoi autoscatti associati a commenti su articoli del “New York Times” rappresentano, attraverso la deformazione del suo volto, le reazioni alle notizie estrapolate che riguardano le malefatte dell’impero americano, i riferimenti vanno alla politica di Bush e ai diversi interventi militari compiuti dagli americani.
A inaugurare la mostra è stata la performance sonora dal titolo “Niggunim” di Roberto Paci Dalò, il quale ha ricreato un Teatro dell’Ascolto con arazzi e tappeti, realizzati dall’artista stesso e intessuti con i motivi della Qabbalah visiva.
Antonella Palladino
Info:
AA.VV., Il gioco dell’oca
in itinere
Casa Morra
salita S. Raffaele 20c
80136 Napoli
casamorra@fondazionemorra.org
Jean Toche, Gli Unici. Al Hansen, Dieter Roth, Jean Toche & Roberto Paci Dalò, 2022, installation view, Casa Morra, Napoli. Ph. Amedeo Benestante, courtesy Fondazione Morra
Dieter Roth, Gli Unici. Al Hansen, Dieter Roth, Jean Toche & Roberto Paci Dalò, 2022, installation view, Casa Morra, Napoli. Ph. Amedeo Benestante, courtesy Fondazione Morra
Al Hansen, Gli Unici. Al Hansen, Dieter Roth, Jean Toche & Roberto Paci Dalò, 2022, installation view, Casa Morra, Napoli. Ph. Amedeo Benestante, courtesy Fondazione Morra
Roberto Paci Dalò, Gli Unici. Al Hansen, Dieter Roth, Jean Toche & Roberto Paci Dalò, 2022, installation view, Casa Morra, Napoli. Ph. Amedeo Benestante, courtesy Fondazione Morra
Antonella Palladino, dopo la laurea in Conservazione dei Beni Culturali, ha proseguito la sua formazione presso la Fondazione Morra e il Pan. Attualmente vive a Pavia ed è docente di Storia dell’arte.
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