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Nell’impero delle misure: poesia e teatro senza pa...

Nell’impero delle misure: poesia e teatro senza patria

Uno spettacolo tutto dedicato a un’autrice russa, di questi tempi? La cosa è quasi da non credere! Se persino il museo Ermitage di Amsterdam si è rassegnato a cambiare nome, pur di non evocare nulla di quella parte del mondo (che oggi ci è mostrata in tutto e per tutto maledetta), come osare di far passare più di un’ora e mezza in compagnia di qualcuna che si chiamava Marina Cvetaeva[1]? Sia quel che sia, cose simili per nostra fortuna – non si sa per quanto duratura – continuano ad accadere.

“Nell’impero delle misure”, di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, produzione Ateliersi, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, ph. Margherita Caprilli

Il merito in questo caso è di Fiorenza Menni (regia) e Andrea Mochi Sismondi (drammaturgia) che assieme ad Angela Baraldi, Francesca Lico, Margherita Kay Budillon e Vincenzo Scorza il 14 e il 15 marzo 2024 presso l’Ateliersi di Bologna hanno messo in scena Nell’impero delle misure, interamente dedicato a esplorare e far rivivere le passioni travolgenti che questa esuberante poetessa ha fatto tracimare dai suoi versi e dalla sua stessa quanto mai travagliata biografia. Ma tanti altri sono i grandi meriti di questa pièce. Anzitutto, il testo, assolutamente originale, lontano da ogni banalizzazione narrativa, dimostra un suo modo affatto efficace nel distinguere i vari segmenti della vita di questa artista, nata nel 1892 e morta suicida nel 1941. Bambina prodigio come allieva pianista di Nikolai Rubinstein, Marina Cvetaeva scrisse infatti le prime composizioni all’età di sei anni, per poi ben presto lasciarsi catturare dall’amore per le lettere e soprattutto per la poesia, incrociando su questo tragitto dapprima l’influenza di Majakovskij poi piuttosto quella di Pasternak, ma legandosi sopratutto a Puškin. Senza dimenticare che la sua conoscenza del tedesco, oltre che del francese e del russo, le permise di avvicinare la poetica di Rilke e lo stesso poeta.

“Nell’impero delle misure”, di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, produzione Ateliersi, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, ph. Margherita Caprilli

Altro merito de Nell’impero delle misure è quello di assumere i testi di questa poetessa, fuori di ogni sussiego accademico o rispetto di maniera, traendone spunto per riletture di gusto esplicitamente teatrale, ma anche per performance quasi prossime alla danza, il tutto in un contesto scenico scarno ma intensamente evocativo. Il pubblico è così invitato a rivivere emozioni che sembrano assai prossime a quelle provate dalla stessa Cvetaeva nel corso delle sue scritture. Discutibile ci pare resti comunque il fondale dove si simula il registrarsi tecnico-scientifico delle onde magnetiche derivanti da questo turbinio passionale. Che nei suoi versi la poetessa si rivendichi addirittura “smisurata” proprio perché calata all’interno di un “impero” chiamato appunto “delle misure” o che si voglia schierata per l’invisibile rispetto all’oscenità del visibile, tutte queste enunciazioni, lungi dal risuonare enfatiche o velleitarie, acquistano un senso quasi famigliare, come se non ci avessimo mai pensato, ma lo avessimo da sempre saputo. Certo di fronte a un’espressione come “Impero delle misure” può venire da pensare a quell’esperienza sovietica dove la pianificazione economica pareva destinata a inanellare successi su successi (e, oggi pare inverosimile, non solo tra i comunisti), negli stessi tempi in cui la Nostra, assieme alla figlia subiva tutte le sofferenze di deportazione e detenzione  per essersi schierata nei primi anni Venti con le “guardie bianche” controrivoluzionarie sostenute dalle potenze occidentali e dove suo marito era ufficiale.

“Nell’impero delle misure”, di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, produzione Ateliersi, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, ph. Margherita Caprilli

Mai però lo spettacolo di Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi enfatizza le circostanze storico e politiche della vita e delle ispirazioni della poetessa. Del suo esilio per molti anni tra Praga, Parigi e Berlino la pièce non fa trasparire alcuna propensione particolare per l’Europa in quanto tale. Tratto costante della controversa vicenda biografica di Cveateva risulta la sua inclinazione a farsi possedere da capo a piedi da un veemente trasporto poetico: tale da permetterle di attingere da qualsiasi parte l’ispirazione a far versi. Brilla allora la sua ripulsa di ogni nazionalismo, di ogni sua identificazione come poetessa russa, così come di ogni identificazione delle lettere e dei letterati come cose e personaggi supposti incatenati a una terra: l’ideale che questo spettacolo difende in nome di Cveateva è quello di un universalismo che oggi ha infinitamente da insegnarci. Ulteriore merito, qui da segnalare, tra i tanti altri di questa pièce, è lo stesso ardire dei suoi creatori ed esecutori, il loro proporsi come interpreti attivi della poetessa. Per nulla assoggettati alla sua indiscutibile grandezza, essi, ma qui il maschile evidentemente stona, propongono al pubblico una vera e propria esperienza di soggettivazione: uno sporgersi liberamente oltre i testi presi a ispirazione. Molto apprezzabile è così la conclusione dello spettacolo nella quale Angela Baraldi canta una canzone che pur non avendo niente a che fare con Cveateva, condensa in modi e timbri più prossimi alla nostra sensibilità contemporanea, ciò che tutto lo spettacolo ci ha mostrato del suo inquieto e sublime spirito.

[1]Giusto per chi non lo sapesse gli scritti di Marina Cvetaeva tradotti in italiano sono numerosissimi. A costo di far torto a tutti gli altri si ricorderanno qui, un po’ casualmente: Il settimo sogno: lettere 1926, (con Pasternak e Rilke), a cura di Konstantin Azadovskij, Elena e Evgenij Pasternak, Roma, Editori Riuniti, 1980 e Il poeta e il tempo, a cura di Serena Vitale, Milano, Adelphi, 1984; Insonnia, trad. Giovanna Ansaldo, Milano, Marcos y Marcos, 1985; Il mio Puškin, Milano, Marcos y Marcos, 1985

Info:

https://ateliersi.it/si/ateliersi-nellimpero-delle-misure-17-20-01-2023/


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