La mostra “Niki de Saint Phalle” è la prima retrospettiva completa in Italia su questa artista, ed è un’occasione unica per capirne il lavoro e l’importanza. Niki de Saint Phalle, grazie al suo carisma, ha avuto la capacità di riunire attorno a sé un mondo artistico e culturale. Non a caso le sue opere più famose sono lavori monumentali che costituiscono mondi e immaginari, in un ecosistema di opere. Nella mostra esposta al MUDEC si può ripercorrere la sua vicenda artistica e personale, due aspetti che vanno di pari passo nell’evoluzione dell’autrice, che si definiva non a caso «donna e artista». Niki de Saint Phalle è nata a Neuilly-sur-Seine e si è trasferita negli Stati Uniti quando era ancora giovanissima. Non taglia mai i ponti con la Francia, e negli anni Cinquanta vive a Parigi, nel contempo visita i paesi mediterranei e scopre durante uno di questi viaggi, in Spagna, i lavori di Antoni Gaudì. Al di là della ricchezza di incontri e successi artistici, la sua vita è stata segnata da esperienze familiari dolorose e da problemi psichiatrici.
Non è facile definire in maniera sintetica il suo lavoro, soprattutto di fronte a una mostra che lo propone nella sua interezza: solamente osservando i nomi di alcuni committenti si comprende il peso della sua vita artistica. Spuntano tra le righe della sua biografia i Caracciolo, conosciuti attraverso l’amicizia con Marella Agnelli, e il presidente francese Mitterrand che nel 1988 commissiona a lei e a suo marito Jean Tinguely una fontana per la città di Château Chinon, nel dipartimento della Nièvre, di cui era stato sindaco. Va menzionata anche la partecipazione di de Saint Phalle nei primi anni Sessanta al gruppo del “Nouveau Réalisme”, unica donna in questo universo maschile dove spiccano i nomi di Arman, Christo e Yves Klein.
L’opera di Niki de Saint Phalle più conosciuta è la serie di “Nanas”, grosse figure femminili costruite con una pasta cementizia su uno scheletro vuoto e decorate con mosaici composti da frammenti di ceramica e vetro. Una di queste statue peraltro campeggia nei manifesti della mostra sparsi per tutta la città di Milano. Con un’impronta chiaramente derivante dall’Art brut, queste sculture celebrano il corpo femminile rifacendosi a figure di veneri preistoriche, liberando attraverso i movimenti aggraziati di queste forme goffe un’indole creativa e per certi aspetti scanzonata, a discapito dei tratti più cupi dell’interiorità dell’artista.
Il MUDEC è riuscito ad allestire una mostra non facile, sia per la vastità della produzione artistica dell’autrice, sia per la particolarità delle sue opere, spesso destinate ad ambienti esterni e molto cariche dal punto di vista coloristico e formale. In effetti, un aspetto che può lasciare interdetto lo spettatore di oggi, a distanza di circa mezzo secolo, è il caos visivo organizzato da Niki de Saint Phalle: in alcune serie presentate il materiale usato è in maggioranza plastica riciclata o giocattoli fusi insieme, come soldatini o animaletti, mescolati al supporto bidimensionale per formare una sorta di altorilievo di materiali “consumistici”. Se il messaggio di questi tipi di lavori era evidente nell’epoca del boom economico, oggi, con l’immagine degli ammassi di plastica da smaltire che tutti noi abbiamo in mente, potrebbe risultare meno forte e meno rivoluzionario. La mostra è curata da Lucia Pesapane ed è realizzata in collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation e comprende, oltre a centodieci opere dell’artista, una selezione di abiti della Maison Dior indossati dalla stessa Niki de Saint Phalle in occasione di alcuni servizi fotografici in cui ha posato come modella.
Giovanni Beta
Info:
Niki de Saint Phalle
05/10/24-16/02/2025
MUDEC- Museo delle Culture
Via Tortona 56, Milano
www.mudec.it
is a contemporary art magazine since 1980
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