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Non c’è niente da vedere: Alice Paltrinieri e Iacopo Pinelli alla Galleria Ramo

Con la doppia personale “Non c’è niente da vedere”, la Galleria Ramo di Como rinnova, in un periodo difficile come non mai, il proprio impegno a favore degli artisti emergenti. La mostra crea simmetria fra gli ultimi risultati del lavoro di Alice Paltrinieri e Iacopo Pinelli, autori differenti per formazione e percorso ma che, ciò nonostante, fra soliloqui e interferenze, dimostrano interessanti punti d’intersezione fra le rispettive ricerche. Leggiamo, ora, dalle loro parole e da quelle del fondatore e direttore Simon J. V. David le peculiarità di questo progetto.

DS: Simon, cosa rappresenta per Galleria Ramo la realizzazione di questa mostra, la prima aperta nel 2021, nel vivo delle problematiche che il mondo dell’arte sta fronteggiando, ormai da più di un anno?
SD: Non c’è niente da vedere presenta una serie di opere realizzate appositamente per la mostra da Alice Paltrinieri e Iacopo Pinelli. Come tutti sappiamo, il 2020 è stato un anno difficile e il 2021 avrebbe dovuto iniziare in modo migliore, tuttavia, rispondendo a questa domanda mi ritrovo a casa, senza poter vedere nessuna delle opere esposte alla Galleria Ramo o di qualsiasi altra mostra, in generale. Nata come uno sguardo ironico al 2020, la mostra è diventata un documento della nostra situazione attuale. Una nota positiva c’è, la mostra è visitabile online grazie ad Artland, ai social media e al nostro sito web. Paltrinieri e Pinelli catturano l’attuale frustrazione che caratterizza il momento storico che stiamo vivendo. Nascosto dietro un muro di fumo, Paltrinieri esplora lo spazio tra il vuoto, attraverso una serie di sculture, che bloccano la vista di un mondo oltre una finestra, focalizzando la nostra attenzione sui nostri lock down e su quello che potrebbe essere un futuro post-Covid. Mentre Paltrinieri ci blocca la vista, Pinelli invita ad aprire un paio di tende chiuse, esaminando lo spazio oltre il vuoto, attraverso una serie di lavori che esaminano il tempo e il suo flusso, facendoci sperare in un futuro migliore.

DS: Simon, nella selezione degli artisti, quale linea sta seguendo la galleria? E, allo stato delle cose, quali sono i propositi per il futuro più prossimo?
SD: Ho un profondo amore per il minimalismo e penso che ciò si evinca abbastanza bene. Inoltre, credo davvero che in un tempo di disorientamento collettivo (NFT, mostre virtuali, ecc.), la ricerca sia una delle prerogative di massima importanza per le gallerie di oggi. Dando loro una totale libertà, i nostri artisti sono in condizione di creare/esibire ciò che più vogliono, per poi trovare assieme un filo che ci colleghi alle loro opere.  In un mondo di falsità, l’arte è realtà. L’arte “contemporanea” ha un valore speciale proprio perché riflette la società in cui siamo immersi.  Attualmente rappresentiamo sette artisti provenienti dall’Italia, America e Corea. Essendo nato in Svizzera, cresciuto in Sud Africa e avendo studiato in Inghilterra, sono ancora alla ricerca di artisti che provengano da questi paesi a me molto cari. In ultimo, siamo super entusiasti di annunciare – per la prima volta pubblicamente – che la prossima mostra dei nostri due artisti Hyun Cho e Nicolò Masiero Sgrinzatto, verrà inaugurata nel nostro nuovo spazio più grande, situato appena fuori le mura medievali di Como.

DS: Alice, quali sono gli aspetti che caratterizzano i lavori da te presentati in questa mostra e come si inseriscono nell’attualità della tua ricerca?
AP: W/smoke è un nuovo progetto che ho deciso di presentare in Galleria Ramo e la cui ricerca sta ancora andando avanti. È un lavoro che vuole indagare lo spazio e il rapporto che si instaura tra l’individuo e l’opera. La macchina del fumo è collegata a un sensore che rileva la presenza del visitatore e attiva il fumo che viene rilasciato all’interno della vetrata isolante. È l’individuo che instaura un rapporto di comunicazione con il lavoro e con lo spazio, decide come muoversi e, di conseguenza, con che frequenza liberare il fumo instaurando così un intimo scambio. Il vetro diventa opaco, stimolando così l’immaginazione per nuovi orizzonti e confini. Avevo già cominciato a utilizzare nei miei lavori dei piccoli motori ma ora la mia ricerca si è ampliata in un percorso di interazione e connessione, di raccolta dati dello spazio che prevede delle tecnologie più complesse. Anche il prossimo progetto che presenterò a maggio a Spazio Serra a Milano sarà sullo stesso concetto di interazione e registrazione dello spazio.

DS: Iacopo, invece, cosa contrassegna le tue opere esposte e dove ti sta conducendo la sperimentazione?
IP: Le Pitture di sole esposte nella Galleria Ramo, sono una serie di lavori pittorici basati sul tempo e il suo scorrere. Un’idea nata anni fa mentre vivevo a Madrid e maturata nella realtà della campagna marchigiana. Da una parte il caldo torrenziale di una metropoli a luglio, dall’altra la campagna con la sua pace e tranquillità, hanno dato vita a questo nuovo processo lavorativo: una riproposizione di azioni quotidiane naturali come la pigmentazione da parte del sole e agenti atmosferici su oggetti e superfici. Il lavoro consiste nel posizionare pannelli fotosensibili e abbandonarli all’opera del sole. Contemporaneamente svolgo le normali attività di campagna, quali annaffiare, potare, zappare, costruire, aggiustare, ecc. Gli oggetti utilizzati in tali attività, quali un tubo dell’acqua caduto a terra, o degli scarponi appoggiati sulla soglia di casa, vengono da me collocati sui pannelli fotosensibili, per lo più casualmente. Gesti del quotidiano che si ripetono incessantemente come un mantra che viene impresso, macchiato, inciso, segnato e cristallizzato nella materia. Trascorso il tempo necessario per la pigmentazione del pannello, gli oggetti vengono rimossi e quello che rimane è un gioco di luci, ombre e bassorilievi creati dagli agenti atmosferici e dalla presenza umana. Il risultato è un paesaggio della memoria. Infine, le lastre vengono incorniciate e protette da tendaggi che coprono l’immagine in modo che non svanisca o che non perda la sua lucidità, come un ricordo va protetta e custodita. L’attuale ricerca è un’analisi del gesto, della ripetizione dello stesso e dei frammenti risultanti quale residuo dell’azione umana. Una sorta di protezione e conservazione della quotidiana gestualità che, soprattutto in questo momento storico, mi induce a riscoprire la vera essenza del tempo. Penso di essere un testardo sperimentatore. Ogni giorno indago, e non solo per fini artistici, la quotidianità. Apprendo l’essenza dei mestieri, utilizzo macchinari e attrezzature sempre diverse al fine di trovare nuovi stimoli per i miei studi e attingere dalle esperienze di tutti i giorni per trasformare il vissuto in fonte di ispirazione.

DS: Alice e Iacopo, in che modo i vostri lavori convivono, in “Non c’è niente da vedere”?
AP: L’impressione che ho adesso vedendo i miei lavori e quelli di Iacopo nella stessa stanza è che senza averlo voluto (non ci conoscevamo prima e ognuno stava portando avanti questi progetti già prima che ci incontrassimo) l’intera mostra sembra una scomposizione di un unico elemento con tutte le accezioni che si porta dietro. Il titolo che Simon ha dato alla mostra dice già molto sulla connessione instaurata tra i nostri lavori per quanto riguarda la parte effimera dominante; si basano su un processo, sono in continua trasformazione e questo li pone verso delle possibilità sconosciute, lascia aperto il dialogo con il fruitore che per entrambi è invitato a un’azione (passiva o attiva) nei confronti del lavoro.
IP: Alice e io utilizziamo materiali e tecniche certamente differenti per esprimere concetti che probabilmente si assomigliano. Le opere esposte convivono in una funzionalità che definirei slegata – vetri da una parte e tende dall’altra – come una scomposizione di una unità. Ciò che accomuna le opere è l’idea della finestra che normalmente svolge la funzione di far vedere oltre. In “Non c’è niente da vedere”, la finestra invita lo spettatore a spostare lo sguardo oltre l’ostacolo. Tende e vetri sono l’ostacolo oltre cui lo sguardo deve andare e così superare il blocco delle paure, affinché possiamo riapprezzare il mondo al di là delle chiusure. Il titolo, contrariamente al suo significato letterale, vuole essere un invito a non fermarsi alle apparenze e andare oltre ad una nube di fumo o una tenda chiusa. La fase di allestimento è stata molto divertente, io che stiravo le tende e Alice che sperimentava gli arduini[1], mentre la macchina del fumo sparava incessantemente in aria. Sembrava un mix tra stireria di paese e rivendita di infissi.

[1] L’arduino è  una piattaforma hardware, composta da una serie di schede elettroniche dotate di un microcontrollore, in grado di collegarsi a sensori, molto diffuso anche nell’hobbistica.

Info:

ALICE PALTRINIERI & IACOPO PINELLI. Non c’è niente da vedere
13.02 – 02.05.2021
Galleria Ramo, Via Natta 31, 22110 Como
www.galleriaramo.com

Non c'è niente da vedere Paltrineri Pinelli

For all the images: Alice Paltrinieri e Iacopo Pinelli. Non c’è niente da vedere. Installation view at Galleria Ramo, Como


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