«Ti scrivo dalle viscere della terra la ‘regione delle madri’ forse, sono disceso per conservare incolumi alcuni valori immateriali, non convertibili, certo, che appartengono il dominio dello spirito umano. In questa profondità ancora verde, la landa dell’originario forse, io cercherò di recuperare il segreto primitivo del nostro significato nel cosmo»
Con queste parole Osvaldo Licini si rivolge al filosofo Franco Ciliberti in una lettera del febbraio 1941. Nella mostra La Regione delle Madri sono presenti ben 90 oli e 30 disegni dell’artista dagli anni Trenta agli anni Quaranta e Cinquanta che provengono da importanti collezioni private e pubbliche come il Museo d’Arte Contemporanea di Ca’ Pesaro a Venezia, il Centre Pompidou di Parigi e la Galleria d’Arte Contemporanea di Ascoli Piceno. Per la prima volta viene realizzato un percorso mirato all’analisi del paesaggio di Licini che viene studiato nella sede espositiva del Centro Studi Licini come una “semplice” realtà tangibile, per poi diventare nella Casa Museo uno spunto di ricerca introspettiva e infine pura astrazione. Unico filo rosso fra le due sezioni della mostra è solo il paese a cui l’artista rimarrà fedele fino alla fine: Monte Vidon Corrado, casa e madre.
Le Marche ma anche la Francia e i paesaggi francesi accompagnano il fruitore con una folta serie di Paesaggi che presentano forti analogie con le vedute di Cézanne, Van Gogh e Matisse. D’altronde queste opere sono il frutto dei soggiorni che dal 1917 al 1926 hanno portato Licini a visitare la Francia e la Costa Azzurra anteponendo allo scenario francese la tradizione marinara della più vicina e vissuta Porto San Giorgio.
“Ogni tanto parto per altri paesetti dove vado a dipingere paesaggi”. In questa lettera a Morandi del 1927 è facile desumere il significato della pittura per Licini che si configura come strumento di ricerca dentro e fuori di sé. L’artista e poeta è mosso da una necessità di avanscoperta, la sua curiositas lo rende prima viaggiatore e poi pittore. La prima rassegna di capolavori selezionati lascia intravedere quella che per Licini era la rappresentazione del “lavoro vero”, quello che Pavese descriverà nel suo “Lavorare stanca”. Ancora una volta il tedio dello scrittore delle langhe si allinea all’io lirico dell’artista marchigiano: entrambi sono spettatori e protagonisti del paesaggio circostante.
Dopo la prima rassegna di capolavori è possibile ammirare il dolce borgo di Monte Vidon Corrado che fornisce, nella breve distanza che intercorre tra la prima e la seconda sede della mostra, un panorama mai scalfito dal tempo. La mostra procede nella casa di Osvaldo Licini e ci si sposta dalle “viscere della terra allo spazio astrale”: il paesaggio diviene ora un tramite per analizzare le linee e dare sfogo alle geometrie mentali che si nascondevano nella mente dell’artista. A questa serie appartengono gli Studi per l’archipittura, sintesi perfette di un’immersione en plein air nella natura e al tempo stesso della elaborazione interiore del paesaggio. Questa sinergia crea spazi che non sono più fisici, generano composizioni dalla precaria stabilità. Si pensi a lavori come In Bilico o a Memorie di oltretomba che pongono i presupposti per una ricerca della matrice e dell’origine delle cose, un istinto materico dove la ricerca assidua di una massa primordiale e terrena prende il sopravvento nell’animo di Licini che da instancabile trovatore scova e traspone in forme e linee geometriche tutti i suoi pensieri.
Finalmente l’artista ha cominciato a dubitare delle cose attorno a lui, persino della sua familiare Monte Vidon Corrado e ora non può che appellarsi alla madre del cielo: la Luna. Nelle ultime due sale presenti nelle vecchie cantine della casa di Osvaldo sono presenti le inebrianti Lune/Amalassunte, i voli degli Angeli Ribelli e le coloratissime Marine. “Fuggire fuggire Volare” così scrive Licini a Marchiri in una lettera del 13 gennaio 1953, questo il nome della penultima sezione della mostra dove opere come l’Angelo e l’Olandese Volante rappresentano l’ultima importante fase della vita del pittore e la risalita verso il cielo. Come fenici che risorgono dalle ceneri sembra che queste figure indefinite necessitino di volare in alto e scappare dalla terra. La stessa Luna con cui Licini dialogava dalla sua finestra nascosta nelle colline marchigiane, regione delle madri e dell’infinito.
La mostra conferisce un’occasione unica al visitatore che è quella di sviscerare e analizzare con circolarità il processo che ha portato il pittore del mondo e di Monte Vidon Corrado a comprendere il paesaggio della realtà, quello della mente e del cielo infinito.
Ilaria Ferretti
Info:
Osvaldo Licini. La Regione delle Madri
25 luglio – 8 dicembre 2020
Centro Studi Osvaldo Licini
Piazza Osvaldo Licini, 9 63836 – Monte Vidon Corrado (FM)
Osvaldo Licini, Amalassunta Luna, 1946, olio su tavola, Lendinara, collezione privata
Osvaldo Licini, Marina (Notturno), 1955, olio su carta, Collezione Gori, Fattoria di Celle, Pistoia
Osvaldo Licini, Personaggio, 1945, olio su tela, collezione M. Carpi Roma
Osvaldo Licini, Paesaggio marchigiano, 1925, olio su tela, collezione privata
Penso all’arte e alla vita come fossero “opere aperte”: pronte a mille interpretazioni. Sono una curatrice (classe 1998 ) ma anche una studentessa del corso di laurea magistrale in Arti Visive, con un focus sulla Semiotica del visibile e del contemporaneo. Ho recensito mostre nazionali e internazionali per Artslife, Juliet Art Magazine, Artuu, TravelOnArt, Youmanist e mi sono occupata di curatela di mostre, eventi, stesura di contenuti creativi e mediazione culturale per Monocromo Contemporary Art Gallery di Roma, Progetto Vie di Fuga (Regione Marche), Accademia di Belle Arti di Bologna, Fondazione MAST (BO), Abbazia di Roti (MC), Rocca Roveresca di Senigallia, Cantieri della Civiltà Marinara (FM).
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