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Padiglione Italia Biennale Arte 2024: DUE QUI / TO HEAR

Esperienza, immaterialità, relazione e ascolto sono i termini evocati da Due Qui/To Hear, scolpito in levare dall’artista Massimo Bartolini diretto da Luca Cerizza, curatore, per il Padiglione Italia alla 60esima Biennale, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Suggerendo una serie di citazioni genealogiche e trasversali tra i diversi campi del sapere – musica, filosofia, letteratura, fisica, ingegneria – in chiave dialettica, il progetto dell’artista si configura in maniera corale per riflettere oltre l’imperante estetica del visuale, sulla funzione etica e meditativa dell’arte attraverso un paradigma aurale. Nel suo complesso, Due Qui/To Hear suggerisce una traiettoria in divenire, un sentiero non definito, ma accessibile da due possibili entrate ed esperibile fisicamente e intellettivamente attraverso l’invito a relazionarsi con una serie di momenti e situazioni, contraddistinte da installazioni sonore e ambientali che fanno da contrappunto al paesaggio sonoro di Due Qui/To Hear, articolandosi tra la dimensione interna delle Tese all’Arsenale e l’atmosfera esterna del Giardino delle Vergini alla Biennale.

Massimo Bartolini, “Pensive Bodhisattva on A Flat (Bodhisattva pensieroso su La bemolle)”, 2024, 2500×32×32 cm, statua 40×9×9 cm, 50 minuti di musica / 10 minuti di pausa, legno, motore, bronzo, Organari: Massimo Drovandi, Samuele Frangioni, Samuele Maffucci Courtesy l’artista, Massimo De Carlo, Frith Street Gallery e Magazzino. Foto Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

Varcata la soglia delle Tese, si manifesta la statua Bodhisattva pensieroso su La bemolle, 2024, scultura votiva che rivisita l’iconologia tradizionale buddhista nella posa e nel significato simbolico, reggendosi solo apparentemente su una colonna minimalista svuotata nella sua armatura costitutiva per rivelarsi quale canna d’organo emettendo un suono prolungato accordato sulla tonalità del La bemolle, la cui frequenza d’onda insieme a quella del La, secondo uno studio del compositore Alexander Scriabin del 1911, si riflette nel timbro cromatico dei campi del viola e del verde che contraddistinguono le superfici monocrome affrescate della sala.  Metafore di una dimensione meditativa dell’arte, suono e luce (interiore) scolpiscono e permeano gli interni dell’ambiente in cui la figura del Bodhisattva pensieroso su La bemolle, è forte del suo posizionamento in virtù di una non-azione, traducendosi in pratiche dell’ascolto legate alla meditazione.

Massimo Bartolini, “Due qui”, 2024, 12×6×50 m, 50 minuti di musica / 10 minuti di pausa, ferro, ghisa, legno, motori, impianto elettronico. Composizione musica: Caterina Barbieri, Kali Malone, parti metalliche e progettazione: Yari Andrea Mazza, progetto esecutivo: Riccardo Rossi, organari: Massimo Drovandi, Samuele Frangioni, Samuele Maffucci, impianto elettronico: Valerio Marrucci, realizzazione ponteggio: Euroedile, Postioma (TV) (Alessandro Ballan, Denis Daullja, Fabiano Gregolin, Nicola Lazzari, Vasyl Ozhibko, Rinor Krasniqi, Vitali Serbin). Courtesy l’artista, Massimo De Carlo, Frith Street Gallery e Magazzino. Foto Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

Attraversare il secondo ambiente significa disegnare un percorso personale nel complesso dell’installazione labirintica Due Qui (2024) che si inserisce in perfetta aderenza con lo spazio architettonico delle Tese. Se l’armatura dell’installazione apprende dall’ingegneria dei ponteggi metallici, la sua funzione costitutiva è quella di farsi strumento di propagazione del suono, configurando metaforicamente un labirinto da attraversare nel divenire dell’esperienza. Pensata idealmente da Bartolini sul disegno della pianta di un immaginario giardino Barocco all’italiana, Due Qui è un’installazione strumentale alla configurazione di un paesaggio aurale, orientando le vibrazioni e le frequenze di un suono custodito nel suo nucleo principale. Addentrandosi al cuore dell’installazione, la scultura Conveyance, 2024, rivisita la plasticità partecipativa delle fontane dei giardini all’italiana. Forte della sua geometria circolare e minimalista, accoglie lo spettatore invitandolo all’ascolto. La sonorità proveniente da questa fonte è un’antifona in La bemolle pensata dalle compositrici di musica elettronica d’avanguardia Caterina Barbieri e Kali Malone, in cui due linee melodiche si intersecano e completano in Mute vette (A Reflection That Shines From One Mind Upon Another), fondendosi con l’animazione sorgiva di un fenomeno naturale: la visualizzazione della pulsazione di un’onda conica che sale e scende continuativamente in un loop. Nuovamente, in questo ambiente la scultura di Bartolini trascende la materia per fondersi in un’esperienza immersiva e aurale da esperirsi sia soggettivamente sia in maniera relazionale.

Massimo Bartolini, “Due qui”, 2024, 12×6×50 m, 50 minuti di musica / 10 minuti di pausa, ferro, ghisa, legno, motori, impianto elettronico. Composizione musica: Caterina Barbieri, Kali Malone, parti metalliche e progettazione: Yari Andrea Mazza, progetto esecutivo: Riccardo Rossi, organari: Massimo Drovandi, Samuele Frangioni, Samuele Maffucci, impianto elettronico: Valerio Marrucci, realizzazione ponteggio: Euroedile, Postioma (TV) (Alessandro Ballan, Denis Daullja, Fabiano Gregolin, Nicola Lazzari, Vasyl Ozhibko, Rinor Krasniqi, Vitali Serbin). Courtesy l’artista, Massimo De Carlo, Frith Street Gallery e Magazzino. Foto © Agostino Osio per AltoPiano

Quasi impercettibile è il passaggio tra interno ed esterno, dove le sonorità di Due Qui / To Hear si declinano in una serie di momenti e metamorfosi. In osmosi con i fusti arborei del Giardino delle Vergini, si inseriscono le strumentalità di Bartolini suggerite dalla musica corale per tre voci, campane e vibrafono composta da Gavin Bryars e dal figlio Yuri Bryars, ispirata alle composizioni del poeta Roberto Juarroz, a cui si affianca l’opera A veces ya no puedo moverme (Certe volte non riesco più a muovermi). Qui Bartolini fonde metaforicamente l’immagine simbolica dell’albero con la fisicità dell’uomo secondo un pensiero radicale che tratta della scultura in termini immobilità e fermezza. La ricerca si estende nella scelta di strutturare l’aspetto performativo delle opere in termini relazionali, come avviene in Audience for a Tree, che suggerisce lo scenario di una comunità in ascolto, coltivando le pratiche della salvaguardia e della sostenibilità in attesa di prendere la parola.

Kali Malone, Luca Cerizza, Caterina Barbieri e Massimo Bartolini, all’interno dell’opera di Massimo Bartolini, “Conveyance”, 2024, nel Padiglione Italia – Biennale Arte 2024. Foto © Agostino Osio per AltoPiano

Con Due Qui/To Hear, Massimo Bartolini e Luca Cerizza affermano la necessità di radicare un atto fondativo nel presente.  Il paradigma acustico congiunto a un’esperienza aurale dell’arte vuole riflettere sulla speranza di ripensare idealmente la soggettività oltre i confini dell’io in maniera dialettica. Suono, luce, musica, colore, scultura, e paesaggio, costituiscono gli elementi puri dell’esperienza metaforica e meditativa di Due Qui/To Hear, riflettendo infine di una visione circolare del tempo.

Info:

Padiglione Italia: DUE QUI / TO HEAR
60esima Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
20.04 – 24.11.2024
Tese delle Vergini, Arsenale, Venezia
Commissario: Angelo Piero Cappello
Curatore: Luca Cerizza
Artista: Massimo Bartolini


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