Contengono davvero la guerra i soldatini di plastica con cui Paolo Ceribelli realizza le opere protagoniste della sua mostra Aspettando che tutto torni? Oppure la svuotano, questa guerra, per portarne ai nostri occhi soltanto un involucro?
La mostra personale di Ceribelli, è la prima nel nuovo spazio dedicato all’arte e al design – saracenoArtgallery – che Marilena Saraceno ha aperto a Roma lo scorso febbraio, non solo per seguire la sua personale passione ma anche per reagire, coraggiosamente, a una situazione sociale, economica e sanitaria senza precedenti, che da lungo tempo impone una condizione d’isolamento per lo più sconosciuta all’uomo “animale sociale”.
È curioso, ma risaputo, che la fantasia tenda a lavorare per immagini singole. Ecco perché di fronte alle opere esposte, a parte lo scarto temporale che sposta i soldatini altrove nel tempo e nello spazio, dobbiamo fare i conti con il fatto che i soggetti – reali – di cui essi sono la rappresentazione in miniatura, sono davvero in preda ad atrocità che conosciamo per immagini e di cui, per la maggior parte, abbiamo una percezione inevitabilmente distorta e auto-alimentata.
La condizione di sospensione dinnanzi a un simile scarto ci è ormai familiare: viviamo sospesi, in un tempo sospeso, in un’Italia Sospesa. È solo casuale che quella di Ceribelli qui esposta sia rossa, colore divenuto sinonimo di uno “stato di fermo”. Emblematica di tutto il suo percorso artistico, l’opera rappresenta una condizione che perdura da quasi vent’anni, quella dell’essere sempre in bilico nel punto precedente a quello del non ritorno, che si riflette, indistintamente, sulle differenti generazioni di abitanti. Nel cuore di questa Italia è racchiusa una delle cifre stilistiche distintive di Ceribelli: il cerchio, reiterato in moduli e dimensioni sempre diversi anche nelle opere Tutto torna ed Embroidery. Sembra strizzare l’occhio a due grandi, l’artista, con queste due serie. A Friedrich Nietzsche, secondo il quale “tutte le cose dritte mentono e la verità è ricurva” – il tempo stesso è ciclico, ça va sans dire. E a Jean Cocteau: “interiormente si dispone il merletto e i nostri atti, che zoppicano, per lo più trovano una simmetria”. Ritroviamo il cerchio nell’opera Captain America’s, una mappa – dichiarato omaggio ad Alighiero Boetti – in cui Ceribelli fotografa lo stato attuale delle politiche di globalizzazione. Idealmente, mosso da un vero e proprio virtuosismo stilistico, aggiunge altre Americhe, raggiungendo così un preciso asse di rotazione che è frutto, anche, dell’abile uso di moduli differenti. Quest’opera e la più piccola Captain America’s Shield non solo rafforzano l’idea che ci debba essere qualcuno che combatta per un sogno, contro qualunque nemico, ma conducono anche all’approfondimento della chiara e riuscita intenzione di Ceribelli di disegnare. È evidente nell’opera Mao, figura iconica che egli ha scelto riconoscendo in essa un terreno fertile perché i soldatini rafforzino la loro portata concettuale. Nel dettaglio del colletto del generale, Ceribelli sfodera tutta la sua capacità: utilizzando due differenti forme di soldatini, all’interno di un sapiente equilibrio tra pieni e vuoti, egli porta nel collage su tela il disegno. A rendere ancor più attuale la ricerca di Ceribelli e le scelte espositive studiate con Marilena Saraceno c’è infine l’opera Barricata. La scultura, dalla forma di chiara derivazione militaresca, verte sul concetto di limite, oggi non più solo proprio o altrui ma comune, da intendersi come costante esistenziale. Essa conserva intrinseco il significato di limite e barriera e permette di esperire uno spazio e un punto di vista superando il limite autoimposto dell’esperienza quotidiana, diventando così uno strumento per creare nuovi punti di vista e spazi inauditi, da percorrere e pensare.
Non dunque la guerra, ma involucri infinitamente ripetuti e variamente combinati. I soldatini assurgono a forme archetipe per demolire il confine tra forma e contenuto, enfatizzare il senso di coesione e ineluttabilità, cui rimandano, e ammonire a credere che, prescindendo da ideologie contrapposte, si possa vincere insieme la lotta contro un nemico comune.
La sensazione è che Aspettando che tutto torni si proponga educatamente come una rivoluzione condotta con eleganza e delicatezza in cui risuona quasi naturalmente il verso di una canzone “Un soldatino / tiene il battito / di piedi che marciano / tiene il battito dentro di sé / mentre i bambini dormono / immersi in sogni così profondi”.
Info:
Paolo Ceribelli. Aspettando che tutto torni
Fino al 14 maggio 2021
saracenoArtgallery
Via di Monserrato 40, Roma
www.saracenoartgallery.com | info@saracenoartgallery.com
Paolo Ceribelli, Aspettando che tutto torni. Installation view at saracenoArtgallery
Paolo Ceribelli, Aspettando che tutto torni. Installation view at saracenoArtgallery
Paolo Ceribelli, Italia Sospesa. Collage di soldati di plastica e acrilico su tela.
Per tutte le foto courtesy of the artist and saracenoArtgallery, Roma
Crede che l’arte sia una continua ricerca di forme espressive per raffigurarsi il mondo in modi che ancora non conosciamo. Laureata in Lettere, prima si è specializzata all’Università degli Studi di Bergamo con una tesi su cosa resta di una performance, poi ha frequentato la scuola curatoriale presso l’Università di Malta. Dal 2013 collabora con associazioni, spazi espositivi e gallerie come cultural producer e curatrice indipendente.
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