Secondo la straordinaria mente di un intellettuale visionario qual è Ettore Sottsass, esistono «cose molto difficili da dire».[1] Tra queste rientra la capacità di creare connessioni, rispondendo alla domanda «che cosa c’entra, dove è la relazione?»[2]. Ebbene, questi sono gli interrogativi che hanno ispirato la realizzazione della mostra PALAZZO FARNESE CONTEMPORARY, generata dal secondo progetto outdoor di pianobi a cura di Isabella Vitale; in occasione del quale a maggio 2023 una selezione di artisti è stata chiamata a confrontarsi con lo storico Palazzo Farnese di Roma – attuale sede dell’Ambasciata di Francia. Da ciò si è originato un cammino “d’avvenimento” in cui ogni partecipante ha dato vita, in modo estemporaneo, a un percorso espositivo metodicamente studiato dalla curatrice attraverso un’attenta ottica di mediazione tra il linguaggio dell’artista e l’ambiente storico del palazzo. Se oggi si è consci dell’esistenza dei diversi modi d’espressione, per via di un’arte felicemente frantumata e gaia per la diversità di linguaggi, il progetto di Vitale non risulta informe, anzi è tenace di contenuti e fortemente equilibrato, giacché l’opera di nessun artista prevale sulle altre con prepotenza. Così, quanto prodotto nel marzo 2023 è attualmente in rassegna presso lo spazio pianobi di Roma sino al 28 febbraio 2024, e il cui allestimento è una iniziativa di felice sollievo, capace com’è di raccontare, in tono colto e ingegnoso, aspetti artistici che di norma sono difficili da intendere ma che ora vengono offerti nella chiarezza di un delicato dialogo.
Tra tutti i lavori esposti spiccano per la loro genuina semplicità le carte di Luca Grechi, il quale, senza essere eccessivamente schiavo del proprio modello, ripropone alcuni particolari della volta dipinta dai fratelli Carracci presso Palazzo Farnese. Ne scaturiscono disegni in cui gli affreschi assumono la sintesi più asciutta: tracciati a matita, carboncino e fusaggine, con un andamento ondivago, arabescato dalla sorprendente genuinità e dall’eleganza armoniosa. Tale freschezza realizzativa è raggiungibile con la sola mediazione dello specchio, attraverso cui l’artista traccia delle figure che si librano con un moto aereo di solenne morbidezza nel foglio bianco. Cosicché tali carte sembrano porci la domanda: cosa significa vedere per Grechi? La risposta che ne consegue appare circostanziata e inequivocabile: scrutare è pietrificare vicende passate che nello sguardo sobrio e lucido dell’artista assurgono come un atto di mediazione, un momento d’incontro tra pensiero e intuizione, in cui coesistono aggiustamenti e compromessi visivi. Così per Grechi rifarsi a una tradizione pittorica non equivale osannarne il culto delle ceneri, bensì custodirne il fuoco, l’aria e tutti gli elementi che sorreggono tali energie.
Allo stesso modo di Grechi, anche Elene Usdin riproduce gli affreschi dei Caracci, ritraendo scene in atmosfere complessive e ponendosi come riformatrice della volta affrescata attraverso l’uso della tecnica della penna bic colorata che, invece di ammorbidire i contrasti, li esalta, mostrandone i punti di accordo. Così le figure sembrano disegnate in cloisonné e dalla loro linearità incisa emerge un tratto frizzante e luminoso, divertente e divertito, mai privo di una vena trionfale e lirica. Un rapporto di felice assenso verso qualcosa di più ampio, non necessariamente visivo, è la melodia di sax ideata da Mattia Abballe, proposto in mostra tramite audiocassette a memoria magnetica. Avviene così che l’elemento più celebrale tra tutte le arti diventa il tratto d’unione tra le opere esposte. Inoltre, la traccia sonora si cifra di un ritmo energico e al contempo elegante, divenendo un iconico elemento di necessaria fusione dalla profondità ineluttabile. In tal modo Abballe sfrutta la musica come un ventre mentale, ideando una lirica poeticamente sospesa tra la storicità del Palazzo Farnese e i ritmi incalzanti del quotidiano.
Altro artista che presenta la propria opera alla stregua di un collage musicale, per l’unione di legami coloristici armonici e contrappuntistici, è Paolo Assenza. Egli crea disegni raffiguranti Iris blu, verosimilmente icone dei Farnese, che emergono magneticamente su fogli di carta scura d’inchiostro tipografico. Il florilegio di fiori sembra definito dal ritmo del vento e le dita dell’artista che, strusciando pastelli a olio sul foglio, con il minimo segno e il massimo della forza, definiscono una traccia sospesa e impetuosa dai fervidi e torbidi tratti. L’icona che ne risulta è la cifra identitaria di Assenza: apparentemente distaccato, inquieto e certamente anticonformista, sempre mosso da una ricerca stilistica costante e appassionata. Sulla forza del segno e della linea, questa volta ricamata, si pone l’opera di Elena Nonnis, narratrice raffinata che si esprime con leggere cuciture tali da definire le sagome di un gruppo di visitatori di fronte alla statua di Ercole. La scena si pone sulla stoffa come un montaggio cinematografico, fili essenziali che intendono dare forma e consistenza a un accaduto contemporaneo del Palazzo, secondo un linguaggio minimale che lascia volontariamente parti incompiute. Tuttavia, all’artista non interessa affatto l’emulazione del dato reale, anzi quest’ultimo è l’elemento più temibile e nemico, perché il suo intento resta la traduzione nello spazio candido e neutro della stoffa.
Diversamente da tutti gli artisti in mostra, Valentina Palazzari si inserisce nel solco di un ben individuato fisico e psicologico, incidendo sull’idea per cui non esiste alcuna sicurezza se non la sola probabilità. L’artista crea un intenso dialogo con la statua dell’Ercole Farnese generando una fascinosa azione performativa da cui nascono foglie ricoperte di stucco, allestite come un manto terreno dello spazio espositivo. Tale opera e l’azione che l’ha vista nascere, sprona tacitamente e tenacemente il cervello a pensare secondo gli atti rigorosamente ripetuti e formalizzati dell’artista, così l’affermazione tautologica trascritta sulle foglie, “La Fragilité d’Hercule”, ribadisce l’importanza di un labile stato mentale. Macchiano ritmicamente lo spazio allestitivo i disegni di Leonardo Petrucci, il quale fissa su carta rossa la posizione dal vivo della modella nel Salone Rosso del Palazzo Farnese. La sicurezza della mano e la leggerezza del tratto traducono la bellezza malinconica e trasognata della figura, conducendoci verso un pensoso equivoco, poiché la modella riprende la posa della Venere Callipigia appartenuta ai Farnese. L’artista, accennando in maniera semplice e intuitiva alla sola linea di contorno, riesce con estro a porne in risalto le particolarità, tralasciando le forme più estetizzate, donando una nervosa eleganza. Infine, con il duo LU.PA, l’identità diventa un concetto pericoloso e reazionario, non essendoci nulla di più informe della sostanza delle menti delle artiste che, in occasione di una performance, hanno prodotto disegni con la tecnica del frottage. Durante l’azione i gesti calibrati e gli occhi freddi e penetranti delle performer si canalizzavano verso la trascrizione del verbo “parla”, riportato su carte ritraenti dettagli naturalistici del Palazzo, stimolando lo shock dell’ignoto e la pesantezza di uno spirito chiamato a elaborare il principio del verbo. Atteggiamento mentale quest’ultimo che informa tutte le opere in mostra e che permette di nutrirsi di un’arguta e colta ragione visiva e verbale, rendendo limpide le relazioni che di norma sono molto difficili da dire, ma che da pianobi sono onestamente e profondamente scandagliate.
Maria Vittoria Pinotti
[1] Ettore Sottsass, Molto difficile da dire, Piccola biblioteca Adelphi, Milano, pp. 101-102.
[2] Ibidem.
Info:
AA.VV., PALAZZO FARNESE CONTEMPORARY
a cura di Isabella Vitale
pianobi outdoor project #2
20/12/2023 – 28/02/2024
pianobi
via dei Ciceri 97-99, 00175 Roma
pianobi.info
Maria Vittoria Pinotti (1986, San Benedetto del Tronto) è storica dell’arte, autrice e critica indipendente. Attualmente è coordinatrice dell’Archivio fotografico di Claudio Abate e Manager presso lo Studio di Elena Bellantoni. Dal 2016 al 2023 ha rivestito il ruolo di Gallery Manager in una galleria nel centro storico di Roma. Ha lavorato con uffici ministeriali, quali il Segretariato Generale del Ministero della Cultura e l’Archivio Centrale dello Stato. Attualmente collabora con riviste del settore culturale concentrandosi su approfondimenti tematici dedicati all’arte moderna e contemporanea.
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