«Ma dimmi, chi sono,
questi girovaghi, questi anche un po’
più fuggitivi di noi […]».
Così recitano alcuni versi della Quinta elegia duinese di Rainer Maria Rilke, poeta cosmopolita che si fa portavoce di quell’inevitabile senso di estraneità che si insinua in tutti coloro che si rivelano abbastanza forti da costruire e reinventare, accidente dopo accidente, la propria identità. Si tratta di un tema di respiro universale, ma anche prettamente inerente alla vita del singolo. Nell’intreccio tra queste due dimensioni si inserisce la prospettiva adottata per Picasso lo straniero, in mostra a Palazzo Reale a Milano fino al prossimo febbraio.
L’esposizione milanese, organizzata da Marsilio Arte e basata sull’illuminante studio di Annie-Cohen Solal, propone un percorso alla ricerca dell’identità di un artista di cui è già stato detto tutto ma che, ciononostante, sfugge a ogni identificazione. La mostra non dà allo spettatore ciò che vuole – l’eroico Picasso delle Demoiselles d’Avignon, per esempio – ma gli offre ciò che non si aspetta: il labirinto dell’identità della persona. Il percorso espositivo stupisce e fino all’ultimo non rivela chi è Pablo, perché l’unica conclusione possibile è che questi, per sua stessa scelta, non può essere costretto in una definizione stringente né in un categorizzante documento identificativo, sempre riduttivo seppur rassicurante. Passaporti, carte di immigrazione e denunce affollano alcune pareti e accompagnano i visitatori attraverso le peripezie di Picasso, eterno Odisseo: il viaggiatore il cui nome rifugge ogni identità (oudeìs, nessuno). Egli, infatti, è spagnolo, francese, ramingo ed è pittore, scultore, scenografo. La curatela delle sale provoca disorientamento, dalla disposizione delle stesse all’inserimento di tracce audio in spagnolo e in francese prive di trasposizione scritta. Questi elementi rafforzano il senso di confusione del fruitore, costringendolo a sentirsi egli stesso straniero in casa propria.
Una grande riproduzione de I saltimbanchi (1904) è il primo indizio visivo che fa intuire allo spettatore il filo rosso dell’esposizione. Questi è avvertito di star entrando in contatto con le tracce artefattuali – quadri, sculture e fotografie – non del grande Picasso, paladino della storia dell’arte, ma di un uomo che ha dovuto e voluto vivere un mondo di “villaggi senza chiesa”, come avrebbe detto il compagno Apollinaire. Negando l’appartenenza esclusiva a un certo territorio geopolitico (rifiuta addirittura la naturalizzazione francese), Picasso va oltre l’aut-aut tra autoctono e straniero, affermando il proprio io unico e non categorizzabile, con il quale gioca nella perenne condizione “aperta” di meteco. L’opera Plat aux trois visages (1956), che apre la mostra in quanto suo manifesto e la chiude ricorsivamente essendo esposta nell’ultima sala, rende perfettamente l’idea di un’identità allegorica e giocosa, che Picasso plasma nella propria arte e grazie a essa. Le sue infinite sperimentazioni stilistiche, iconografiche e materiche ne sono la prova.
Non è un caso che anche la Biennale di Venezia, manifesto della contemporaneità internazionale, abbia scelto come titolo Stranieri ovunque. L’edizione del 2024 sottolinea l’urgenza di ripensare oggi alla questione dello straniero che interseca una varietà di soggetti, artisti anzitutto, etichettati semplicemente come “altri”: queer, outsider, folk, indigeni. La mostra di Palazzo Reale, partendo dalla concretezza delle opere di Picasso, vuole risvegliare questa stessa coscienza: concepire l’altro come un alter ego e al contempo vedere sé stessi come altro per qualcuno. Proprio giocando sulla molteplicità dei suoi volti e cavalcando le turbolenze politiche, identitarie e sociali del suo tempo, Picasso riesce a imporre una rivoluzione estetica. Essere un artista sovversivo diviene per il mètoikos l’unico modo per reinventare di volta in volta sé stesso. E se di Picasso è stato davvero già detto tutto, non rimane che vedere e farsi provocare dal gioco identitario che diventa olio su tela, dallo stupore dello straniero che si trasforma in colore sgargiante, dalla duttilità dell’esperienza che si fa ceramica decorativa.
Ginevra Ventura
Info:
Picasso lo straniero
20/09/2024 – 02/02/2025
Palazzo Reale
Piazza del Duomo, 12 – Milano
www.palazzorealemilano.it
is a contemporary art magazine since 1980
NO COMMENT