Facendo la conoscenza di PIETRO – un nuovo spazio espositivo che ha aperto i battenti l’11 maggio a Bologna – si ha subito l’impressione di inoltrarsi in un luogo connotato da una certa intimità. PIETRO nasce in via Galliera 20, dove sorge il seicentesco palazzo Tanari: precisamente al pianterreno, occupando lo spazio di un salone affrescato alla fine del Settecento, collegato a una piccola cappella privata. Simone Gheduzzi – architetto e ideatore di questa nuova fucina di idee nel cuore del centro storico di Bologna – ha voluto inaugurare questa speciale apertura con le sculture di Marcello Tedesco, già noto in città per il progetto mtn | museo temporaneo navile.
Varcata la soglia d’ingresso, lasciato alle spalle il fragore urbano, ci si immette sin da subito in uno spazio altro, adombrato da una luce tenue e liturgica; percorrendo uno stretto corridoio non si può fare a meno di notare un piccolo nucleo di oggetti – per lo più libri e quaderni di appunti – appartenenti a Gheduzzi. È già un significativo accenno alla poetica di confronto e di dialogo cui PIETRO aspira, emanata dallo spirito di condivisione cui quest’esposizione di documenti personali, sistemati su alcuni scaffali d’aspetto casalingo, anela.
Accedendo al salone affrescato, si entra immediatamente nel merito del tema portante di Expedients Exhibition: la connessione tra architettura e scultura. Al centro dell’aula, sostenuta da un’esile impalcatura di tubi d’acciaio, giace la scultura di un Modello architettonico realizzato nel 2019 in gesso patinato e combusto, terra cruda e polistirolo ad alta densità. Questa scultura evoca un non-luogo situato in un altrove, che potremmo identificare con l’inconscio dell’artista. Il visitatore può farsi formica e immaginarsi di percorrere il corridoio dalla forma serpentinata, giungendo a una struttura pentagonale che ha tutta l’aria di somigliare a un tempietto sacro. Se un’ascensione è magicamente suggerita dal giardino all’italiana in trompe l’oeil affrescato sulla volta della sala, nella scultura il contatto col sacro implora una visione centripeta, nucleica e nodale.
Le scalette fatte di terra cruda conducono nei meandri del processo creativo e onirico, ed è lì, al fondo dell’ultimo gradino, che l’anima umana si confronta con la propria visione del mondo. Qui l’umanità non compare, ma deduciamo la sua presenza grazie al filo invisibile che queste opere instaurano tra loro e a cui il disegno antistante la scultura rimanda. Occorre anche a noi visitatori operare una discesa per osservare meglio Espedienti dell’architetto – un disegno collocato poco sopra il livello del pavimento: qui una sorta di Efesto in penombra contempla una colonna incava in cui arde un fuoco che fuoriesce alla sommità come fumo. Non tanto una celebrazione dell’opera, quanto della sacralità del processo creativo e trasformativo, di quella fiammella che alimenta un operare – in questo caso quello dell’artista, ma anche di tutti noi. L’invito alla condivisione si fa ancora più esplicito all’interno dell’antica cappella privata, dove sono sistemate altre due tavole: il Sigillo per orientarsi nello spazio (2021) evoca le sinuosità labirintiche di quel tortuoso cammino d’accesso allo spazio sacro. L’altra tavola raffigura un Progetto per modello architettonico realizzato nel 2020, dove ricompare quella scultura cilindrica che Tedesco aveva già costruito in formato macroscopico nel 2019 per mtn | museo temporaneo navile.
Marcello Tedesco, Deposito, 2020, gesso patinato e combusto, agglomerato di cemento salinizzato, tondino di ferro, ph Luca Bolognese, courtesy PIETRO
L’area della cappella è raccolta e silenziosa. Al fondo è collocato l’altare, sul quale sono adagiate le reliquie dell’architetto-scultore: disegni di un progetto per un confessionale, appunti, riflessioni sul depotenziamento delle forme pure geometriche (togliere per creare), pensieri sul rapporto tra spazio spirituale e spazio terreno. Questa presenza materica, che consente al fruitore un’introspezione – quasi mai concessagli – negli antri del laboratorio artistico, è l’acme dell’esposizione: consacra inoltre l’idea germinatrice di questo nuovo spazio bolognese. Nella terza e ultima stanza, adiacente alla cappella, si trova la quinta opera in mostra: Deposito (2020) si sviluppa in tutta la lunghezza di questo altrettanto caratteristico ambiente che allude forse a una fornace. Una sorta di femore gigante, una componente strutturale fondamentale che Tedesco ha tagliato trasversalmente, come a volerne mostrare gli anfratti. Ai più fantasiosi si mostra quasi come un lungo abbeveratoio: si rende visibile la sorgente inorganica, il sostrato cristallino che soggiace alla creazione in pietra.
Le opere di Marcello Tedesco sono dunque un espediente per portarci altrove, all’interno di uno spazio in cui si può osservare l’invisibile delle cose, ciò che non appare all’esterno, ma che esiste e forgia operando continuamente nei sotterranei del nostro universo. Questa retrocessione all’originario riporta infine all’idea dello spazio di PIETRO, omonimo del famoso custode delle chiavi d’accesso dal mondo terreno all’universo celeste.
Daria Ortolani
Info:
Marcello Tedesco, Expedients Exhibition
11/05/2023 – 29/06/2023
PIETRO
Via Galliera, 20 Bologna
www.museotemporaneonavile.org
Laureata in storia dell’arte medievale presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, collabora con la rivista scrivendo di arte contemporanea, con uno sguardo attento alla scultura e alla fotografia.
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