Il concetto di spazio e di tempo affascina da sempre l’Uomo, il quale si è fatto, nel corso dei secoli, con la sua evoluzione, viaggiatore di epoche e di universi. Forse proprio abbracciando questa immagine, il celebre scrittore Italo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana, 1923 – Siena, 1985), diede vita, con la sua silenziosa penna, a Qfwfq, protagonista dei libri Le Cosmicomiche e Ti con zero. E proprio il celebre personaggio dell’autore italo americano, ispira la mostra “QFWFQ. Storie di artisti in movimento”, ospitata nelle sale dell’Istituto Italiano di cultura di Varsavia fino al 6 dicembre 2023. Ma scopriamo di più su questa incredibile esposizione, la quale si aggiunge alle celebrazioni per il centenario della nascita di Calvino, proprio con i curatori che hanno ideata: Leonardo Regano e Alex Urso.
Antonella Buttazzo: Calvino ci ha donato una profonda riflessione sul rapporto tra il mestiere dello scrittore e la realtà, i quali costituiscono due mondi distinti, ma in continuo confronto. Secondo te, qual è invece il rapporto che intercorre tra il mondo dell’arte e la realtà?
Leonardo Regano: Se ci pensi, il confronto con la realtà è da sempre insito nell’essenza stessa dell’arte e non sempre si tratta di un rapporto pacifico. A volte l’arte supera la realtà, negandola o rifondandola; talvolta invece la ricalca in maniera pedissequa, fino a diventare cronaca e quotidiano. Queste due differenti possibilità di lettura del rapporto tra mondo dell’arte e il reale sono presenti anche nelle ricerche degli artisti che abbiamo selezionato per la mostra, una riflessione che vuole essere omaggio al pensiero di Italo Calvino.
Le opere in mostra, strettamente correlate ai temi di viaggio e migrazione proposti da Calvino nelle Cosmicomiche, si inseriscono in un contesto culturale e ideologico contemporaneo molto particolare, all’interno del quale queste tematiche risuonano ampiamente. Come sono stati rielaborati dagli artisti coinvolti questi elementi protagonisti?
Leonardo Regano: Rileggendo l’opera di Italo Calvino, ho ritrovato in Qfwfq un novello Ulisse, un viaggiatore che si muove tra lo spazio e il tempo alla ricerca di una propria identità storica, intima ed emotiva. In ogni capitolo di questa narrazione sincopata, Calvino affronta tematiche complesse come la diversità, l’amore, la ricerca dell’Io e la conflittualità legandole alle vicende scientifiche che hanno contraddistinto la Creazione e l’inizio della vita sul nostro Pianeta. E nell’individuazione di questi argomenti, uniti al filo conduttore comune che è il viaggio, che è nata la mostra “Qfwfq. Storie di artisti in movimento”. Il viaggio è declinato in contesti differenti: da quelli più attuali come nell’opera di Karolina Grzywnowicz che si fa denuncia dell’inumano conflitto israelo-palestinese – quanto mai oggi tema delicato e attuale -; poi c’è Radek Szlaga che nelle sue tele porta l’attenzione sul concetto di confine e sulla precarietà sociale e politica dei territori che lo attraversano; Diana Lelonek nella sua opera si muove sull’asse del tempo, presentando un’opera in cui il territorio Slesia e le sue miniere rappresentano la possibilità di sopravvivenza, ma anche la durezza della vita dei minatori. Il viaggio è anche quello a ritroso nei propri ricordi familiari e personali, come nei lavori di Giuseppe Stampone e Alex Urso. Michał Smandek, invece, riporta in auge il Grand Tour settecentesco con immagini che raccontano il paesaggio italiano non nelle sue bellezze architettoniche ma nella sua fragilità, espressa dai nostri vulcani quali monito di una presenza umana precaria; e poi, ancora, l’opera di Elena Bellantoni che ci mette a confronto con un viaggio esplorativo nelle terre del Sud del mondo, nella Patagonia cilena, condotto con lo spirito di un’antropologa e che riporta all’attenzione i duri effetti del primo colonialismo europeo di ancora oggi le popolazioni sottomesse pagano le conseguenze. Claudia Losi, anch’essa simile a un’esploratrice, indaga il territorio naturale e la percezione che di esso abbiamo attraverso la nostra mente. Jacopo Mazonelli porta all’attenzione un viaggio inteso in senso geopolitico, con Athem, un’installazione che riflette sull’unità dell’Europa e sulle contraddizioni e complessità dei rapporti tra i 27 stati membri; chiude, infine, idealmente l’opera di Marta Nadolle che nella sua pittura ci parla di un mondo intimo e privato, raccontato in scene di interni in cui lo spostamento non è più fisico ma è solo mentale, tra desideri ed emozioni.
Calvino ha restituito al clima culturale in cui viveva, attraverso la sua scrittura, la necessità di ridimensionare i confini del linguaggio espressivo ancora troppo ancorato al passato. Nell’ambito della mostra che hai curato, quali confini e quali linguaggi si vogliono trasmettere e superare in un tempo presente costellato continuamente dall’ansia del progresso e del futuro?
Alex Urso: La tematica del tempo, nell’ambito della rassegna, è allo stesso tempo cruciale e relativa. Quelle in mostra sono opere che parlano di spostamento, di movimento; e il movimento comporta necessariamente lo slittamento da un prima a un dopo. Ma sono anche opere per certi versi “sospese”, che prendono forma dai ricordi, dalle foto di famiglia, da storie personali e universali che trascendono le coordinate temporali. L’unico aspetto temporale di cui occcorre tenere in conto qui, a mio avviso, è quello che riguarda le vite dei singoli autori. Ed è un aspetto estremamente sentimentale. Molti degli artisti sono over 40 e mid-career, il che li pone (molto probabilmente) nella prospettiva di uomini e donne che fanno i conti sé stessi e con la propria esperienza umana. Da parte loro non ho percepito un’opposizione al passato o una tensione verso il futuro, ma la volontà di definirsi come esseri umani all’interno di un mondo e di un tempo che è l’unico che conoscono: quello presente.
Scrivere, descrivere, raccontare. Tanti sinonimi per mettere in pratica una sperimentazione continua. Nel caso di questa mostra, in cosa consiste la sperimentazione che ogni singolo artista partecipante ha voluto mettere in atto?
Alex Urso: Nella ricerca di un artista, la sperimentazione non deve essere una causa ma una conseguenza. In altre parole, non si è sperimentali perché si decide di esserlo: c’è una certa dose di inconsapevolezza nel percorrere strade non ancora battute. Ognuno degli artisti in mostra ha realizzato queste opere spinto da infinite ragioni, quasi sempre personali. Non tutte sono a noi note, ma ci è noto il risultato finale di ognuno di questi lavori, e su quello ci siamo soffermati. Sono opere che parlano di donne che custodiscono i segreti di lingue defunte, di uomini che hanno messo in una valigia la propria vita, di altri che sono tornati a casa dopo aver perso contatto con la realtà. C’è un filo conduttore che lega tutti questi lavori, ed è nelle storie che raccontano, più che nella modalità attraverso cui sono stati concepiti.
Quali rappresentazioni metaforiche emergono nella struttura e nelle forme delle opere in relazione alla vicenda letteraria di Calvino?
Leonardo Regano: Credo che soprattutto emergano confronti sulla perdita di punti di riferimento e sulla mancanza di identità che, se vogliamo, è un po’ il grande tema di questa nostra contemporaneità che ci fa rileggere l’opera di Italo Calvino sentendola nuovamente attuale e piena di spunti di riflessione. Tra tutte, posso citare le opere di Giuseppe Stampone che ritrovano un punto di riferimento nel contatto con la sua terra di origine, l’Abruzzo e le sue montagne. Ma anche in quelle di Radek Szlaga in cui si indaga quel senso di polishness, ovvero dell’identità culturale del popolo polacco e di come questa si rapporti in terra straniera.
Info:
AA.VV., Qwfq. Storie di artisti in movimento
a cura di Leonardo Regano e Alex Urso
12/10/2023 – 6/12/ 2023
Istituto Italiano di Cultura di Varsavia
ul. Marszałkowska 72, Varsavia (Polonia)
Orari: da lunedì a giovedì 10.00-13.00 e 14.00-16,30; venerdì 10.00 – 14.00
Info: tel: +48 22 6280610
iicvarsavia@esteri.it
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Dopo aver conseguito la maturità linguistica, ha proseguito gli studi laureandosi in Storia dell’Arte presso l’Università del Salento, con una tesi bilingue sui Preraffaelliti. Da allora, contribuisce attivamente come articolista e collaboratrice con blog nazionali e con riviste e programmi TV locali.
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