È il 2019 quando Fondazione Prada ospita Sanguine, la mostra curata da Luc Tuymans, in cui artisti contemporanei e seicenteschi intrattengono una conversazione che interpreta il presente in una prospettiva affine al Barocco: tra disgusto e meraviglia, nel terrore e nell’estasi. Oggi, cinque anni dopo e in un contesto irrimediabilmente diverso, Museion e la curatrice Leonie Radine interpretano il presente nelle istanze del Renaissance. In occasione dell’assegnazione di una delle più generose borse di studio per l’arte emergente europea, conferita dalla Fondazione Vordemberge-Gildewart, sono stati selezionati quindici giovani artiste e artisti attivi in Alto Adige e a Milano, le cui opere sono disposte in una scenografia a cura dello studio milanese (ab)Normal. Se la cultura classica greca si è insinuata nei valori dell’uomo rinascimentale dando i natali all’umanità moderna, le opere in mostra a Museion, allo stesso modo, fanno i conti con il passato, la tradizione e l’eredità culturale.
I giovani artisti colgono la responsabilità di un cambiamento in atto nei paradigmi della rappresentazione della società. AliPaloma si pone come “spina nel fianco del patriarcato”: tra le sue opere in mostra Resist (2024), a forma di boa come metafora di una lotta queer e femminista che non affonda. Costanza Candeloro decostruisce il linguaggio dei make-up tutorial in Lolita turn 67 (2022), come emancipazione da una rappresentazione tradizionale di bellezza idealizzata. L’opera di Filippo Contatore, Forge Activation (2024), intraprende un’analisi critica del costrutto occidentale dei ruoli di genere, facendo esperienza diretta di un mestiere “muscolare” come il fabbro.
La mostra è un campo in cui studiare il comportamento della generazione emergente rispetto al patrimonio immateriale: Monia Ben Hamouda dal 2021 è impegnata nella creazione di “figure aniconiche” attraverso calligrafie scultoree che oscillano tra il rispetto e la trasgressione della tradizione. Condivide un senso viscerale del rito con Sophie Lazari, che approfondisce il mito salentino delle tarantate, dove la musica diventa una panacea per l’isteria provocata dal morso della tarantola. Invece Magdalena Mittelhofer racconta un discorso intergenerazionale che affronta in modo critico dei valori rinnovati dei protagonisti, in contrasto alle ideologie patriarcali.
Le immagini sono una fonte per gli artisti e un mezzo espressivo potente attraverso cui si costruisce e si esamina un’identità fluida, come nel caso di Luca Piscopo, e da cui nascono storie visive tra documentazione e finzione, come nelle opere di Jim C. Nedd. Dal peso della realtà ci si dirige verso un surrealismo contemporaneo nei dipinti di Giorgia Garzilli, fortemente influenzati dalla cultura pop e dall’industria cinematografica hollywoodiana, che hanno prodotto modelli di rappresentazione reiterati da infiniti cicli di mimesi. Il capitalismo e il consumismo sono presi in contropiede da Lorenza Longhi, che ironizza sull’obsolescenza del linguaggio pubblicitario, mette in discussione un presunto stato di benessere reiterato dalla cultura delle immagini e dei prodotti.
La curatrice Leonie Radine sottolinea come Renaissance emerga da un’attiva pratica critica e da una comprensione circolare del tempo, che si esprime in un approccio rigenerativo degli artisti rispetto al passato. L’Arte Povera è sicuramente una delle matrici che ha plasmato l’atteggiamento di molti di loro. Binta Diaw e Tobias Tavella lavorano in stretta connessione con il territorio, ricavano dispositivi che raccontano l’una la realtà di una comunità migrante, l’altro l’interazione tra arte e natura. Isabella Costabile e Raphael Pohl utilizzano prodotti di scarto, abbandonati o presi in prestito, per far emergere una meditazione sul valore delle cose in relazione al tempo, ai sistemi economici e a un’espressione culturalmente fluida. Le rimanenze dell’industria creativa sono il materiale con cui Davide Stucchi realizza le sue opere, e sviluppa un linguaggio personale a partire dai princìpi formali dell’Arte Povera.
Stucchi inoltre realizza la scenografia della mostra The Weight of the Concrete di Ezio Gribaudo (1929–2022), editore e artista transdisciplinare, capace di creare una grammatica personale dalla fusione di forma, linguaggio e materia, espressa soprattutto nei Logogrifi. La mostra, a cura di Tom Engels e Lilou Vidal in collaborazione con Leonie Radine, valorizza il lavoro transdisciplinare e rigenerativo di Gribaudo e comprende un programma sonoro per aprire a una prospettiva intermediale tra la poesia e l’arte visiva. Il titolo si riferisce al libro Il Peso del Concreto (1968), con i primi lavori grafici di Gribaudo e le poesie di Adriano Spatola, e sarà ripubblicato da Axis Axis e Grazer Kunstverein nell’estate 2024.
Le mostre presentate da Museion si interrogano a vicenda e offrono la possibilità di osservare da vicino ricerche innovative e una stimolante conversazione intergenerazionale.
Angelica Lucia Raho
Info:
AA.VV., Renaissance
a cura di Leonie Radine
Ezio Gribaudo. The Weight of the Concrete
a cura di Tom Engels e Lilou Vidal in collaborazione con Leonie Radine
23.03.2024 – 01.09.2024
Museion
Piazza Piero Siena, 1, Bolzano
www.museion.it
Lecce, 1999. Consegue una laurea triennale in Comunicazione e Didattica dell’arte e un biennio specialistico in Visual Cultures e pratiche curatoriali all’Accademia di Belle Arti di Brera. Collabora con riviste del settore e con progetti curatoriali indipendenti tra Lecce e Milano.
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