Proprio mentre sto scrivendo questo articolo sto ascoltando l’intero album del sassofonista, compositore e considerato come il padre fondatore del free jazz – Ornette Coleman chiamato “Tomorrow is the question” del 1959 – titolo preso in prestito dall’artista Rirkrit Tiravanija per l’omonima mostra curata da Camilla Mozzato al Centro Luigi Pecci per l’arte contemporanea di Prato.
Rirkrit Tiravanija, classe 1961 nativo di Buenos Aires, è uno degli artisti più interessanti della scena artistica internazionale, vive tra New York, Berlino e Chiang Mai, si è formato ed ha esposto nei luoghi più importanti del mondo ed è uno dei rappresentanti più significativi di quella che Nicolas Bourriaud ha definito estetica relazionale. Tiravanija infatti da ottimo viaggiatore di posti e conoscitore di culture oltre ad utilizzare spesso la performance ama attuare nei propri lavori processi di condivisione sociale che consentono al pubblico fruitore momenti di incontro e interazione che implicano inevitabilmente l’utilizzo concreto dell’arte. Non è un caso che molti dei suoi lavori sono stati incentrati su attività quotidiane come cucinare o il consumare insieme del cibo (cooking situation).
La mostra al Pecci di Prato è la riattivazione di “Ping Pong Society”, il progetto dell’artista slovacco Július Koller (1939-2007) (figura tra le più interessanti dell’arte mitteleuropea, da approfondire e riscoprire assolutamente) che presentò per la prima volta a Bratislava nel 1970 dei tavoli da ping-pong in uno spazio espositivo con l’obiettivo di coinvolgere e stimolare le persone verso nuove occasioni di pensiero attivo.
Da ricordare anche un’altra opera di Koller del 1978, una fotografia ritraente un insieme di persone che formavano un gigantesco punto interrogativo in Piazza Santa Maria delle Carceri a Prato nel 1978 – un’azione facente parte del concetto di U.F.O. (Universal Futurogical Operations) – acronimo con il quale l’artista proponeva situazioni culturali dal valore universale, orientate al futuro e volte a creare condizioni di vita più consapevoli.
Tiravanija ebbe la fortuna di conoscere Koller quando co-curò “Utopia Station” con Hans Ulrich Obrist e Molly Nesbit alla Biennale di Venezia nel 2003 – come ha raccontato nell’intervista con Camilla Mozzato – il lavoro di Koller lo ha da subito affascinato per “il senso di gioco sociale e politico presenti nei suoi interventi, una sorta di humor oscuro, scherzoso e autoriflessivo”.
Completa infine “Tomorrow is the question” la grande bandiera fiera che sventola davanti all’entrata del museo con la scritta a caratteri neri: “Fear Eats the Soul” prodotta per Creative Time Pledges of Allegiance, l’opera richiama inoltre il titolo di un film di Rainer W. Fassbinder del 1973, “La paura mangia l’anima”, che racconta l’amore travagliato e complesso tra un’addetta alle pulizie tedesca e un meccanico marocchino.
Se l’improvvisazione e in un certo senso l’imprevedibilità sono alla base della natura del jazz, queste si possono applicare anche alle forme che derivano dell’interazione e dalle relazioni tra individui e tra individui e opere d’arte.
Giocando a ping-pong nelle sale del Pecci, si attua una coralità attiva, presente, partecipata, un insieme di ticchettii e palleggi riecheggiano su quelle scritte a caratteri cubitali: “Domani è la questione” – uno slogan che ormai ci divora un po’ per volta quotidianamente, tra gli orrori disseminati dai media – dall’indifferenza verso il prossimo, alle catastrofi ambientali – ad una crescente de-culturalizzazione.
Ma con quanta serietà e responsabilità ci prendiamo veramente cura di sviluppare possibili ipotesi a questo breve terribile assunto? Domani è la questione.
C’è bisogno di ipotesi, possibilità, aperture e non di dogmi o valori assoluti.
E allora tra una battuta di racchetta e una nota jazz, Tiravanija con sublime maestria ci induce a giocare con serietà – a ragionare su quanto le differenze siano importanti e preziose, indispensabili, di quanto l’alterità venga biecamente strumentalizzata dai grandi poteri per infondere paura dell’altro e dell’estraneo, perché è più facile isolarsi con tante certezze confezionate che allungare una mano verso l’ignoto e il dubbio.
Il significato delle nostre azioni acquista valore soltanto tramite l’esperienza, ancora meglio se partecipata e condivisa, e occorre quindi che per risplendere e tornare ad avere un valore civico, alto e umano, il pensiero umano abbia il diritto e il dovere di non avere più paura.
Mai più.
Info:
Rirkrit Tiravanija. Tomorrow is the question
a cura di Camilla Mozzato
19 aprile — 25 agosto 2019
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica 277 Prato
Rirkrit Tiravanija, Senza titolo (La paura mangia l’anima), 2019. Bandiera italiana ricamata. Altezza del palo: 800 cm, dimensione della bandiera: 200 x 300 cm. Courtesy l’artista e kurimanzutto, Mexico City. Veduta della mostra alCentro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019. Foto© Ela Bialkowska / OKNO Studio.
Rirkrit Tiravanja, Senza titolo (il domani è la questione), 2019. Vinile su set di 8 tavoli da ping pong e racchette, dimensione di ciascuno 76 x 274 x 152.5 cm. Courtesy l’artista e kurimanzutto, Mexico City. Veduta della mostra al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019. Foto © Ela Bialkowska / OKNO Studio.
Rirkrit Tiravanja, Senza titolo (il domani è la questione), 2019. Vinile su set di 8 tavoli da ping pong e racchette, dimensione di ciascuno 76 x 274 x 152.5 cm. Courtesy l’artista e kurimanzutto, Mexico City. Veduta della mostra al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2019. Foto © Ela Bialkowska / OKNO Studio.
(1990) Laureata al DAMS di Bologna in Arti Visive con una tesi sul rapporto e i paradossi che intercorrono tra fotografia e moda, da Cecil Beaton a Cindy Sherman, si specializza all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel biennio in didattica dell’arte, comunicazione e mediazione culturale del patrimonio artistico con una tesi sul percorso storico-critico di Francesca Alinovi, una critica postmoderna. Dal 2012 inizia a collaborare con spazi espositivi svolgendo varie attività: dall’allestimento delle mostre, alla redazione di testi critici o comunicati stampa, a laboratori didattici per bambini, e social media manager. Collabora dal 2011 con varie testate: Vogue online, The Artship, Frattura Scomposta, Wall Street International Magazine, Forme Uniche Magazine.
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