Allo scadere del centenario dalla nascita di Roger Raveel – uno dei più importanti artisti belgi della seconda metà del ventesimo secolo – il centro per le arti Bozar di Bruxelles inaugura una retrospettiva con i suoi lavori più interessanti. Caratterizzato da un linguaggio in continuo equilibrio tra astrazione e figurazione, che lo ha sempre distinto dai suoi contemporanei per l’originalità visuale e la continua ricerca di relazione tra realtà e finzione, Raveel ha passato l’intera esistenza nel suo villaggio natale a Machelen-aan-de-Leie nella provincia delle Fiandre orientali del Belgio, incuriosito dai tratti universali e quotidiani della vita.
Il 1948 – anno con il quale si apre la mostra al centro Bozar – segna anche l’inizio della ricerca dell’artista e della “nascita della sua opera” come ricorda lui stesso. Influenzato dall’espressionismo fiammingo, capisce che il realismo non deve per forza essere sinonimo di naturalismo e sviluppa un suo stile. Durante la sua carriera, Raveel ha spesso ritratto sé stesso, provando non solo il proprio cambiamento fisico ma anche la sua evoluzione artistica. Dopo diversi tentativi l’artista arriva a Self-portrait with cigarette (1952), in cui la rappresentazione si fa approssimativa. Diventa difficile distinguere il volto, privo di identità: occhi, sopracciglia, naso, labbra e un orecchio sono appena percettibiliIl. Raveel concepisce questo lavoro come uno statement, per affermare che l’arte non è legata alla riproduzione fedele della realtà visibile.
Influenzato dall’arte astratta e da Piet Mondrian, l’artista spesso raffigura la moglie e il padre senza volto o coperti da figure geometriche in modo da renderli difficilmente identificabili. Altro soggetto molto amato dal pittore sono l’interno della sua casa e il giardino adiacente. È proprio in quest’ultimo che appaiono per la prima volta le sue “figure a strisce”, personaggi caratterizzati da linee parallele, spesso di colore giallo, che permettono all’artista di dare volume alle sue figure senza dipingerle realisticamente.
Nonostante la vita in campagna, Raveel conosce bene il suo tempo e ne rappresenta i cambiamenti che osserva nella sua quotidianità. In From My Garden (1949) dipinge un giardino sul retro di un’abitazione in cui non è messo in evidenza l’elemento vegetale dello spazio ma i pali, le recinzioni e le case senza finestre che vi si affacciano. L’artista utilizza il cemento per raccontare l’intrusione della modernità nella campagna e nel suo villaggio di Machelen-aan-de-Leie.
Sentendosi sempre più alienato e lontano da ciò che lo circonda, tra il 1956 e il 1962 l’artista inizia a immergersi nel mondo naturale e i suoi soggetti si allontanano dal realismo. Posiziona il cavalletto in giardino e si abbandona a una totale astrazione delle forme. È in questo periodo che la forma del quadrato comincia gradualmente ad apparire in un certo numero di dipinti.
Ma la svolta avviene nel 1962 quando, di ritorno da un importante centro di ceramica ad Albisola, Raveel visita la mostra 4 Amerikaner alla Kunsthalle di Bern e rimane particolarmente colpito dai combine paintings di Robert Rauschenberg. Questa scoperta segna la fine del suo periodo astratto e il suo ritorno a un nuovo realismo attraverso l’utilizzo di oggetti veri all’interno dei suoi quadri. Come conseguenza della ricerca sulla forma quadrata e dell’utilizzo di objet trouvé, poco dopo l’artista inizia a inserire nelle sue tele anche superfici specchianti, che diventano elementi di congiunzione e relazione tra opera e spettatore. In alcuni casi gli oggetti escono dal quadro e diventano soggetti autonomi, come in Cart To Carry (1968), un cubo di legno dipinto montato su due ruote di bicicletta con uno specchio in cima. In questo periodo la sua ricerca sul rapporto tra realtà e spazio sulla tela si intensifica: l’artista realizza una serie di opere in cui viene sempre meno il confine tra arte e vita, come Farmyard with Live Dove (1962-63), una tavola di notevoli dimensioni con al centro una grande colomba bianca in carne e ossa rinchiusa in una gabbia.
A partire dal 1965 Raveel si cimenta nella grafica, sperimentando la tecnica della litografia, dell’acquaforte e della xilografia. Durante la sua carriera, l’artista ha collaborato regolarmente con diversi scrittori e poeti.
Ancora quasi sconosciuto a livello internazionale a causa di una scarsa traduzione della sua bibliografia, Roger Raveel è stato un artista sensibile al suo tempo e ai cambiamenti ad esso legati, sempre alla ricerca di sé stesso e di un nuovo punto di vista genuino e inatteso sulla realtà. La mostra ripercorre il suo percorso artistico mettendo in luce ciò che lo ha distinto e caratterizzato, senza dare niente per scontato.
Martina Matteucci
Info:
Roger Raveel. A Retrospective
a cura di Franz Wilhelm Kaiser
BOZAR – Centre for Fine Arts
Rue Ravenstein 23, 1000, Brussels
Fino al 21 luglio 2021
Roger Raveel, Bull, c. 1957, Private collection/Roger Raveel Museum © Raveel – MDM. Photo: Peter Claeys, courtesy BOZAR – Centre for Fine Arts, Bruxelles
Roger Raveel, Cart to Carry the Sky, 1968, Collection of the Flemish Community/Roger Raveel Museum © Raveel – MDM. Photo: Peter Claeys, courtesy BOZAR – Centre for Fine Arts, Bruxelles
Roger Raveel, The Parade of Paintings from 1978 in Machelen, 1978, Collection Museum Arnhem © Raveel – MDM, courtesy BOZAR – Centre for Fine Arts, Bruxelles
Roger Raveel, Father in a Modern Emptiness, 1980, Private collection © Raveel – MDM. Photo: Peter Claeys, courtesy BOZAR – Centre for Fine Arts, Bruxelles
Laureata in “Comunicazione e didattica dell’arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e poi in “Arti Visive e Studi Curatoriali” presso la NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Ha una forte passione per la cultura e l’arte perché crede fortemente siano importanti strumenti di innovazione e rigenerazione sociale. Collabora con diverse riviste e istituzioni del settore.
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