Sadaf Kobari. Green Mind

L’Iran è fra i Paesi più montuosi al mondo, con un paesaggio dominato da montagne, vasti altopiani e catene montuose inframezzate da bacini idrografici e poche pianure. La parte settentrionale è ricoperta da dense e piovose foreste, mentre le regioni centrali e meridionali sono caratterizzate da steppe e zone semi-aride che culminano nel Dasht-e Kavir, immenso deserto costellato di paludi salate.  Quest’ambiente contraddittorio e spesso ostile alla sopravvivenza umana ha dato origine a mitologie e leggende che nel corso dei secoli si sono intrecciate ai grandi fatti della Storia e hanno contribuito a formare l’identità e il carattere di una civiltà antica e raffinata, profondamente radicata nel proprio territorio.

La maestosità di una natura governata da provvisori equilibri tra forze in costante trasformazione per il cambiare della stagione, del vento o della marea è la principale fonte d’ispirazione di Sadaf Kobari, artista iraniana che nei suoi quadri trasfigura i molteplici spunti paesaggistici offerti dalla sua Terra in potenti visioni pittoriche astratte. Ogni immagine è incentrata su una differente gamma cromatica che evoca un particolare scenario naturale, mentre l’andamento e la sovrapposizione delle pennellate suggeriscono forme che solo raramente si precisano in abbozzi figurativi di cui sia possibile individuare il riferimento di partenza. La composizione è costruita dall’armonioso depositarsi sulla tela di gesti decisi che determinano i piani visivi principali, di scorrimenti di colore più liquido che sintetizzano le gradazioni luminose e materiche, di sgocciolamenti e frottage localizzati che imitano la texture di rocce, onde, piante, fogliame, fiori e altri elementi ambientali che perdono la loro valenza descrittiva per trasformarsi in pura suggestione pittorica. La drammaticità insita nella ciclica alternanza di morte e vita che governa ogni forma di esistenza sulla terra è resa con violenti contrasti chiaroscurali, o meglio con l’alternanza di aree pittoriche immerse in un’oscurità primaria e sempre gravida di nuove emersioni appena intelligibili allo sguardo, e di improvvise esplosioni cromatiche in cui l’impetuosità della vita si manifesta al massimo del suo fulgore prima di essere riassorbita dalle misteriose profondità telluriche in cui tutto ha origine.

L’effetto dei dipinti è avvolgente, guardandoli viene spontaneo immaginarsi come viaggiatori solitari che procedono a tentoni in un fitto sottobosco rischiarato da rade infiltrazioni di luce, come naviganti che cercano di indovinare una rotta dalla posizione della luna e delle stelle, come scalatori che contemplano le asperità di una parete rocciosa prima di cimentarsi nell’impresa o come carovanieri sperduti in un mare di dune uniformi che si sforzano di distinguere la realtà dai miraggi. L’assenza di dettagli sollecita l’osservatore a insinuare lo sguardo e l’immaginazione in ogni sfumatura che trapela tra una stesura di colore e l’altra per elaborare sempre nuove avventure, ma non è questa la principale ragione dell’intenso coinvolgimento suscitato da queste opere. Con un’attenzione più prolungata, infatti, si prova la spiazzante sensazione che i paesaggi dipinti non siano solo una finestra su un affascinante mondo esotico e incontaminato, ma che il crogiolo dei loro colori abbia segrete ma precise corrispondenze con  le stratificazioni più riposte del nostro inconscio. Non si tratta di semplici proiezioni visive di effimeri stati d’animo trasposti in pittura, ma del riconoscimento ben più radicale che l’uomo è fatto della stessa sostanza che compone il mondo e che la sua esistenza è indissolubilmente legata ai ritmi atavici che ne perpetuano l’esistenza. Il carattere mentale e non prettamente emotivo di queste immagini è sottolineato dal frequente inserimento di elementi geometrici monocromatici e bidimensionali che si sovrappongono alla predominante pittura mimetica e organica come se fossero enigmatici segnali di sconfinamento tra dimensioni parallele.

A questo modo le metamorfosi della natura e le loro provvisorie aggregazioni in nuclei pulsanti di colore e movimento eternate da Sadaf Kobari perdono il costitutivo carattere di transitorietà per assumere il valore di archetipi universali che riflettono la sfaccettata intimità dell’animo umano. L’inarrestabile moto dell’Universo si basa su un continuo divenire di possibilità che traggono forza dalla loro reciproca interdipendenza e anche l’essere umano, nonostante sovente si contrapponga al meraviglioso ordine del creato per auto-rappresentarsi come entità autosufficiente e dominatrice, è parte di questo tutto come il paesaggio che lo circonda. Immedesimarsi nella natura per assorbire calma e lucidità di pensiero è per l’artista una pratica di autocoscienza che nasce dalla necessità di un approccio all’essere al mondo inteso come intuizione costante e vigile, come riconoscimento del sé nella diversità, come ricerca  di equilibrio che parte dal singolo per rispecchiarsi nella realtà esterna. La natura, in senso ampio, coinvolge l’universo e l’intero mondo materiale e se questa consapevolezza riuscirà a fare da sfondo al nostro percepire e rapportarci con l’altro, anche il comportamento dell’umanità sarà finalmente connesso al naturale fluire della vita. Così, gradualmente, con la stessa lentezza richiesta dalla contemplazione dei lussureggianti paesaggi a cui si ispirano, questi quadri apparentemente introversi dischiudono, a chi è abbastanza sensibile da entrare in sintonia con essi, un prorompente messaggio di pace e concordia che forse nessuna parola riuscirebbe a esprimere con altrettanta limpidezza.

Info:

Sadaf Kobari. Green Mind
24-29 novembre 2017
Saye Art Gallery
Tehran, Iran

Sadaf Kobari, My Home, Acrylic Painting on Canvas, 90x70cm

Sadaf Kobari, Untitled, Acrylic Painting on Canvas, 150x90cm

Sadaf Kobari, Untitled, Acrylic Painting on Canvas, 150x90cm

Sadaf Kobari, Untitled, Acrylic Painting on Canvas, 80x70cm

Sadaf Kobari, Untitled, Acrylic Painting on Canvas, 150x90cm

Sadaf Kobari, Untitled, Acrylic Painting on Canvas, 90x70cm


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