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Sam Bornstein alla Galleria Richter: se la luna br...

Sam Bornstein alla Galleria Richter: se la luna brucia

Se la mostra di Sam Bornstein (1983, New York) alla Galleria Richter Fine Art di Roma avesse un titolo alternativo a Cosmic joke, trarrebbe di certo spunto dalla poesia di Giorgio Manganelli in cui si narra la strana e surreale conversione della luna, la quale, impazzita per l’azzurro del mare e dei suoi pesci, improvvisamente brucia e arde soffiando un caldo fiato sulla terra[1]. Difatti, è chiaro che i lavori in mostra derivano da tale dimensione narrativa, svelando un peculiare rapporto con il fantastico, elemento per natura irrazionale, da cogliere come approccio libero e immaginario. Tra le fonti letterarie che hanno condotto l’artista a concepire la pittura come un insieme di contenuti mistici e dottrinari, discostandosi dall’essere dei colti pretesti o artifici esotici, v’è lo studio dei testi di Tzvetan Todorov.

Sam Bornstein, “Cosmic joke”, installation view, Galleria Richter Fine Art, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Giorgio Benni

Proprio questi, con nitida chiarezza, considera il fantastico un «mondo, privo di diavoli e vampiri, un luogo in cui si verificano eventi, che non possono essere spiegati in maniera familiare[2]». Va da sé che nella sua ricerca pittorica Bornstein sviluppa spontaneamente un rapporto decisivo con la narrazione, facendo emergere il dubbio se la pittura debba raffigurare oppure essere simbolo e allusione di qualcos’altro a noi sconosciuto. Così, scorrere lo sguardo sulle opere in mostra equivale ad ascoltare il racconto dell’artista con i suoi momenti d’inflessione, enfasi e adagio, sempre volto a concentrare l’attenzione verso azioni umane inscenate in misteriose terre lunari, affatto fredde e inospitali, bensì brucianti dei toni caldi del vermiglione e delle sfumature della pacata tonalità pesca.

Sam Bornstein, “Cosmic joke”, installation view, Galleria Richter Fine Art, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Giorgio Benni

Pertanto, è necessario sottolineare come in tutte le opere in mostra sia assente la pedanteria e meticolosità tipiche di uno studio basato su forzate corrispondenze tra simbolo e immagine, bensì la struttura delle scene e il loro significato rimangono libere, espressamente misteriose e dotte. Ecco perché l’interesse di Bornstein verso l’elemento narrativo si equilibra in rapporto alla grandezza del supporto. L’allestimento della mostra, diviso in due sale in cui sono esposte opere di grande e medio formato, rivela il particolare legame con il significato di quanto presentato, vagamente adombrato e mai dichiarato in maniera esplicita. Quindi, maggiore è l’estensione della superficie pittorica, minore è la laboriosità narrativa della scena, che si semplifica in maniera inversa attraverso uno scheletro compositivo ridotto, sino a far scomparire il racconto e a trasformare lo scenario in una misteriosa visione epifanica. Al contrario, più il formato è ridotto, maggiormente l’artista rivela, concentrandosi altresì sulla scelta del tono, la forma, l’impasto e l’equilibrio delle tinte. Tuttavia, se le opere svelano una sintassi enigmatica, quanto ci induce ad andare oltre la loro laboriosa figurazione è il tratto poco terrestre di ogni personaggio, i cui occhi, in particolare, sono schiusi in timide fessure. Tali sottili mezzelune, appena aperte verso un mondo fantastico, rivendicano una sistematica abrasione del significato e di ogni elemento di chiarezza, sì da suggerirci la domanda: dove si può vivere a occhi chiusi o socchiusi se non dove regna il soprannaturale?

Sam Bornstein, “The Geocentrist”, 2024, tecnica mista e olio su tela; Sam Bornstein, “Morning postcard and mirrors”, 2024, tecnica mista e olio su tela, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Giorgio Benni

In questo modo, Sam Bornstein rivela un particolare legame con la fisica e le infinite combinazioni dei toni che sfiorano una questione circa l’aspetto spirituale e simbolico dell’opera. In tale contesto è utile citare quanto affermato da Sandro Chia nel corso di un’intervista: quando gli fu chiesto cosa provasse all’atto del dipingere, rispose che sentiva odore di vernice, perché dipingere era perlopiù «un’attività fisica preceduta e seguita da momenti spirituali, ma ogni forma di spiritualità sul lavoro è interdetta[3]». Così avviene per Bornstein, il quale, utilizzando impossibili relazioni di toni rispetto al reale – quali l’uso di colorazioni aranciate con rare aperture sul lapislazzuli e lilla per i volti dei personaggi – si apre al mistico, sfiorando il suo aspetto più metaforico. Agendo alla pari di un astrologo, predilige lo studio di oggetti, forme colorate, profili di nasi, effigi del cosmo, campane, icone di uccelli, macchine, microfoni, vinili come un corredo di complessi stemmi ed effigi che si ripetono piatti e galleggianti sulla superficie pittorica. In questo modo, alla pari di quanto accade in una poesia, l’opera non si presenta per essere compresa nel suo profondo significato, ma per vivere semplicemente per ciò che è, con la sua complessa narrazione e come in uno scherzo ci stimola beffardamente ad andare al di là della sua figurazione.

Sam Bornstein, “Encounter (European Mythopoetic Filmmaking After World War Two)”, tecnica mista e olio su tela, 2024, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Giorgio Benni

Per tali ragioni per Bornstein dipingere è un atto naturale e assai complesso che certamente svela un istinto a lui insopprimibile: la lettura, lo studio, la ricerca delle proprie fonti, l’amore verso l’incertezza e l’ascolto verso qualsiasi dubbio o fonte visiva sconosciuta. Difatti, a corredo della mostra, è stata edita la terza edizione di Quaderno, che raccoglie disegni e scritti dell’artista. E da ciò emerge in maniera ancora più conclamata quanto per Bornstein la creazione sia un atto utile e fondamentale per manovrare la sua ampia ed eterogenea cultura. Terreno, quest’ultimo, in cui fiorisce la sua immaginazione, nutrita dall’interesse verso l’uomo che agisce e pratica azioni futili, un corollario di atti, che si inseriscono con modalità casuale in un ordine prestabilito del cosmo.

Sam Bornstein, “Quaderno”, editato da Aniene Publishing, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Inoltre, è da notare che l’elemento dominante di queste narrazioni è il tono, pertanto gli eventi si illuminano di un lume primaverile in cui tutto si distende, trascorre, soffia e proietta altrove. Anche quando i soggetti sono numerosi, il ritmo non risulta mai greve, bensì rimane leggero, cosicché le figure si collocano in ambientazioni calde o altrimenti pacate, fredde e umide, tipiche di una schiarita dopo un temporale. In alcuni casi la sottigliezza del tratto sembra eccessiva, eppure il contorno, simile a sottili fili di rame galleggianti in sfondi piatti e calmi, si rivela necessario per staccare e mai dividere le figure dallo sfondo, rendendo ogni parte dell’opera elemento fondamentale di un meccanismo preciso e concreto. C’è da chiedersi: qual è il corretto approccio interpretativo allo scherzo cosmico a cui le figure sono sottoposte? Di cosa sono emblema le azioni e la loro forma tonale, tipica di una calda luna in fiamme?

Maria Vittoria Pinotti

[1] Giorgio Manganelli, Poesie, Crocetti Editore, 2022, p. 161.
[2] Tzvetan Todorov, The Fantastic a structural approach to a literary genre, 1975, p. 25.
[3] Intervista di Giancarlo Politi con la collaborazione di Helena Kotnova e Claudio Verna a Sandro Chia, pubblicato originariamente in “Flash Art” n. 1221 giugno 1984, edito nuovamente in “Flash Art”, Pittura Ottanta, supplemento speciale n. 353, 2021, p. 62.

Info:

Sam Bornstein. Cosmic joke
Galleria Richter Fine Art
Vicolo del Curato, 3, 00186, Roma
24/09/2024 – 8/11/2024
Orari: dal lunedì al sabato dalle 15 alle 19, o su appuntamento.
www.galleriarichter.com


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