Alla Fondazione Prada la mostra curata dall’artista Luc Tuymans, Sanguine, forza i limiti temporali e tradizionali del Barocco per aprirsi ad un’intenzione nuova: raccogliere opere dei maestri del passato per ricollocarli nella fenditura dell’arte contemporanea, con cui si stabiliscono corrispondenze suggestive ma non scevre da criticità. Il percorso espositivo, fluido e pluralistico, esige lo sguardo stupefatto dello spettatore malinconico, che forse si oppone al senso armonico dell’arte rinascimentale o alla prospettiva escatologica della storia umana per immergersi in un mondo traboccante di sfarzo materiale, seducente realismo e incontestabile violenza.
Un’eco olfattiva sensuale e mortifera accoglie il visitatore: è il Bouquet IX di Willem De Rooij, le cui dodici tipologie di fiori bianchi rimandano ad una enigmatica spiritualità che non prescinde dalla dimensione storica e politica, alludendo in maniera ironica al ruolo centrale dell’Olanda nel mercato internazionale dei fiori e alla tradizione della natura morta; in queste stanze il mondo profano viene contemporaneamente innalzato di rango e svalutato, come scrive Walter Benjamin nel suo trattato sulle origini del dramma barocco. Quindi è il turno delle Thanatophanies di On Kawara, serie di litografie dall’imponenza tanto visiva quanto emotiva, dedicate alle vittime delle bombe atomiche sganciate su Nagasaki e Hiroshima. È la radice apocalittica del Barocco.
E se il Barocco è anche monumentalità che accentua lo shock, perversità dello sguardo voyeuristico, crudeltà ed esagerazione, diventa imprescindibile il riferimento alle opere di Caravaggio, presente in mostra con Ragazzo morso da un ramarro e Davide con la testa di Golia – sublimi esempi di perfezione raggelante ma irradiati da un flusso vitale rivoluzionario – nonché a quelle di Guido Cagnacci, maestro del Barocco italiano e del chiaroscuro, la cui diafana Cleopatra morente elimina qualsiasi accenno di eloquenza per darsi ad una constatazione nuda e sensuale dell’eroina tolemaica. La controparte contemporanea di quest’anima tragica del Barocco viene sostenuta da Fucking Hell dei fratelli Chapman. Qui lo spazio soffocante e cupo mette in discussione la potenza granitica della stessa arte barocca: le scene sono brulicanti di soldati nazisti impegnati in oscenità grottesche e surreali, pronti a liquefarsi, la cui tragicità si dà insieme all’ambiguità tattile dell’opera stessa. Allora non c’è alcuna redenzione simbolica ma solo un’intuizione allegorica che sia in grado di essere all’altezza del tumulto degli eventi del mondo, per citare ancora una volta Benjamin. Il parossismo relativo a questo basso materialismo, il cui riferimento diviene completo con l’opera di Jacques-André Boiffard – le cui unheimliche fotografie saranno pubblicate sulla rivista Documents diretta da Georges Bataille – è funzionale ad un’idea di arte barocca che non si dà come invariante eterna, ma è pronta a tessere inaspettate solidarietà omologiche.
Nell’ultima parte della mostra prevale piuttosto il senso di ricca sontuosità, quasi da tradizione ornamentale, dei soggetti barocchi, nonché la loro diffusione a livello internazionale. Si pensi all’effetto opulento delle due sculture di Johann Georg Pinsel, collocate originariamente (1758) in una chiesa dell’attuale Ucraina, a sostegno dell’estensione geografica del Barocco nell’Europa dell’Est; oppure alle figure di cavalli, senza occhi né orifizi ma a grandezza naturale – su cui sono effettivamente cucite superfici uniformi di pelle equina – della belga Berlinde De Bruyckere; e ancora all’esperienza artistica di Takashi Murakami, la cui artificiosità e attenzione al dettaglio è continuamente tesa nello sforzo di riflettere un’alterità deformata attraverso innesti mostruosi, che trovano corrispondenza effettiva nella metamorfosi di Erittonio di Jacob Jordaens, protagonista del Barocco delle Fiandre. In una condizione esperienziale continuamente tesa al senso di morte, si apre la vertigine di un baratro impensabile che l’essere umano non riesce a sopportare, deviando verso il piacere estetico; ma « solo chi si consacra al supplizio appare nella luce divina perchè il grido del martire è un immenso alleluia, perduto nel silenzio senza fine. E si giunge all’estasi » (M. Mazzocut-Mis, 2009).
Info:
Sanguine. Luc Tuymans on Baroque.
a cura di Luc Tuymans
18 ottobre 2018 – 25 febbraio 2019
Fondazione Prada
Largo Isarco 2 Milano
Per tutte le immagini: Veduta delle installazioni di “Sanguine. Luc Tuymans on Baroque”. Photo: Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti. Courtesy Fondazione Prada
Laureata in Storia dell’Arte con una tesi in Filosofia sull’allegorismo barocco in Benjamin, amo le avanguardie ruggenti degli anni Dieci e Venti, la capacità euristica della filosofia dell’arte e faccio mia la frase attribuita a Paul Gauguin secondo cui l’arte o è plagio o è rivoluzione.
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