Il 12 aprile scorso inaugurava, a Milano, “Tamed Love”, la prima personale di Sara Ravelli (Crema, 1993) presso Schiavo Zoppelli Gallery, a conferma dell’attenzione della galleria per la scena emergente. L’artista indaga le dinamiche dell’addomesticamento, confrontandosi con la complessità dei rapporti di potere quando questi si manifestano attraverso un legame affettivo come quello tra uomo e animale.
Eleonora Reffo: Già dal titolo della mostra, “Tamed Love”, dimostri di voler mettere l’accento sulla questione dell’addomesticamento. Delle molte possibili declinazioni di questo argomento, su cosa si focalizza il tuo interesse?
Sara Ravelli : Nella storia si assiste a moltissime forme di addomesticamento, per esempio gli incroci tra specie. Nell’ultima parte della mia ricerca mi sono concentrata sui rapporti di potere tra uomo e animale. Il tipo di addomesticamento che mi interessa è legato a una forma di controllo mosso dall’affetto.
Che cosa ha attivato in te l’interesse per l’artefatto, ovvero per l’oggetto in quanto elemento che si inserisce nella relazione affettiva tra uomo e animale?
Sono sempre stata legata all’idea di oggetto, funzionalità e materiale anche prima di questo specifico lavoro. In questo caso l’oggetto è il modo in cui controlliamo e ci prendiamo cura di questi animali, dalla crocchetta al guinzaglio fino agli oggetti più estrosi. Gli oggetti che mi interessano giocano sempre tra il controllo e la protezione, rendendo più leggibile il tipo di rapporto.
Perciò anche la coperta rientra nelle manifestazioni di controllo?
I lavori esposti “Tamed Love” (2020) e “Feeder” (2021) fanno riferimento a letture e immagini in cui mi sono imbattuta prima di cominciare il lavoro scultoreo. Cercavo immagini che esprimessero la tensione data dalla “costrizione oggettuale”. Ho trovato un articolo che mostrava cavalli travestiti in modo carnevalesco, con coperte, maschere, vestiti bizzarri. Immagini ridicolizzanti, miserabili, ma che allo stesso tempo rimandavano a una pratica piena di impegno e dedizione. Mi sono interrogata sul gesto di mettere una coperta a un animale e nella pubblicazione “Tamed Love”, presente in mostra, elenco i materiali tecnici di cui sono fatti questi teli che vengono usati solitamente nelle stalle o per coprire gli animali quando stanno all’esterno.
Ho avuto la sensazione che un elemento ricorrente nella tua produzione artistica fosse l’espressione di inaccessibilità a uno stato precedente, perduto. Che ne pensi?
Come la fotografia intendi! Durante i primi anni di ricerca ho lavorato molto con la fotografia analogica e mi sono legata a quel tipo di manualità. Ero molto affascinata dalla fotografia. Poi però ho avvertito come un senso di insoddisfazione e la necessità di confrontare il lavoro con lo spazio, motivo che mi ha portata a lavorare con la scultura. Il rapporto con qualcosa che sfugge, o non sfugge al tempo, il rapporto con la morte, mi interessa sempre.
Che ruolo occupa la dimensione manuale nella tua ricerca precedente e attuale con la produzione di maschere e coperte?
La produzione manuale è una scelta che fa parte del processo di produzione di ogni mio lavoro. Un senso non solo pratico, ma concettuale, che implica una relazione diretta con i materiali permettendomi di capire le possibilità a mia disposizione. Conosco il materiale lavorandoci, il pensiero e il desiderio si evolvono sempre con il processo.
So che in passato hai praticato equitazione. Questa esperienza ha influito sulla ricerca per “Tamed Love” e “Feeder”?
Credo che qualsiasi esperienza influisca su ciò che faccio. Possiamo dire che ho provato a praticare equitazione con scarsi risultati e che sicuramente il mio rapporto con gli animali in generale, non solo con i cavalli, abbia influito sulla mia ricerca artistica. Il rapporto che ho con il cane di mio padre, ad esempio, mi ha aiutata a pensare ad alcune specifiche dinamiche relazionali. Con uno sguardo interno ed esterno alla relazione. Alcune storie all’interno della pubblicazione, anche se romanzate, sono storie personali accadute realmente.
La scrittura di “Tamed Love”, l’antologia di racconti o meglio di casi studio come li intendi tu, appartiene a una fase antecedente alle opere in mostra. In che termini la scrittura ti ha suggerito la formalizzazione della ricerca?
Sono complementari. È stato un bel esercizio di messa a fuoco che mi ha aiutato a rendere le cose più chiare. La scrittura ti obbliga a dichiarare, soprattutto se lo fai in lingua inglese, perché non è la mia lingua madre. Dopo aver concluso i lavori, mi sono resa conto che, in realtà, scrivo da sempre e continuamente. Scrivere è parte del mio modo di lavorare, i linguaggi si spalleggiano, si aiutano a vicenda all’interno della pratica.
Riprendendo il tuo punto di vista, la vestizione del cavallo è puro artificio e antropizzazione dell’animale. Possiamo dire che ciò ha il potenziale per aumentare il divario tra specie e ammettere gli atteggiamenti di controllo. Quale ruolo può ricoprire, se ha senso farlo, l’arte visuale nella sensibilizzazione allo specismo?
Non credo che il ruolo dell’arte sia quello di sensibilizzare su delle questioni, direi che l’arte non ha un “ruolo” però è assolutamente necessaria. Credo che la mia produzione artistica non debba quindi dichiarare che sto parlando di specismo: trovo più interessante il fatto che sottilmente sia intuito o che tu lo abbia letto in qualche modo guardando il lavoro in mostra. Cerco attraverso la mia sensibilità di leggere delle situazioni, di riportarle nel linguaggio visivo e di sviluppare un pensiero critico.
Eleonora Reffo
Info:
Sara Ravelli. TAMED LOVE
12/04/2021 – 22/05/2021
Schiavo Zoppelli Gallery
via Martiri Oscuri 22, 20125 Milano
tel: +39 02 3674 2656
info@schiavozoppelli.com
www.schiavozoppelli.com
Sara Ravelli, Tamed Love, 2021, exhibition view at Schiavo Zoppelli Gallery, Milano. Photo by Andrea Rossetti, courtesy of the artist and Schiavo Zoppelli Gallery, Milano
Sara Ravelli, Feeder, 2021, fleece, satin, quilted fabric, unfired clay, iron structure, 200 × 400 × 15 cm. Photo by Andrea Rossetti, courtesy of the artist and Schiavo Zoppelli Gallery, Milano
Sara Ravelli, Tamed Love, 2020, quilted fabric, nylon, iron structure, salt 143 × 153 × 58 cm. Photo by Andrea Rossetti, courtesy of the artist and Schiavo Zoppelli Gallery, Milano
Sara Ravelli, Tamed Love, 2021, exhibition view at Schiavo Zoppelli Gallery, Milano. Photo by Andrea Rossetti, courtesy of the artist and Schiavo Zoppelli Gallery, Milano
Nel 2019 si laurea in Pittura e Arti Visive presso NABA (Milano), dove prosegue gli studi nel biennio specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali. Da qualche anno collabora, in qualità di curatrice, con realtà culturali attive fuori dai grandi centri per l’organizzazione di progetti multidisciplinari rivolti a pubblici eterogenei.
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