Caravaggio. Di chiaro e di oscuro sarà presentato in anteprima nazionale giovedì 26 ottobre a Santarcangelo di Romagna (RN) e in prima nazionale domenica 29 ottobre a Bari. Poi in tournée in tutta Italia.
Niccolini, in che modo il testo dello spettacolo restituisce nel linguaggio l’intreccio di infimo e sublime che Caravaggio ha incarnato?
Realismo assoluto nel dipingere Milano, la peste, Roma, Malta, Napoli e ogni posto attraversato e malamente vissuto da Michelangelo, e di contro una lingua poetica e innamorata per ogni quadro, ogni descrizione, ogni atto d’amore e – a differenza di quanto si pensa normalmente – nella vita di Caravaggio ce ne sono stati molti, soprattutto verso le tre prostitute che ebbe come modelle e amanti fino alla fuga da Roma: Fillide, Annina e soprattutto l’amatissima Lena.
Rispetto a precedenti creazioni con i registi Enzo Vetrano e Stefano Randisi e con l’interprete Luigi D’Elia, puoi nominare una specifica attenzione che scrivere questo spettacolo ha richiesto?
Ho lavorato molte volte su fine Cinquecento e inizio Seicento, sono il mio campo di scrittura preferito: ci ho fatto non so più quanti spettacoli, un romanzo e vari saggi. Con questo lavoro, per la prima volta in vita mia, ho cercato di dipingere la vita, e il dolore del vivere, descrivendo quadri, sono entrato nei quadri, alcuni li ho descritti in particolari minuziosi, con la preoccupazione di non essere pedante né didascalico ma – mi permetto di dire – quasi erotico: questo è uno degli spettacoli più erotici della mia vita. E ora, ogni volta che rivedo Luigi nello spettacolo, sono il primo a restare sorpreso di ritrovare quei dettagli carnali in scena: è una immensa soddisfazione sentire gli spettatori dirmi che sembra loro di stare dentro i quadri. È proprio uno degli obiettivi che ci eravamo prefissi.
E una sorpresa che questo Caravaggio ha portato, nel tuo lungo e proteiforme percorso autoriale?
La prima sorpresa è da storico: di solito si ricordano gli amori omosessuali del pittore, in particolare il suo Cecco, modello e compagno di viaggio per anni. In realtà non sono state meno importanti le sue storie d’amore e sesso con le tre prostitute di cui parlavo prima. Io personalmente sono innamorato del suo legame con Lena, fino all’ultimo secondo prima della fuga da Roma dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni, e che lo porta a farne un incredibile ritratto a memoria come Maddalena in estasi, la notte prima della partenza. L’altra sorpresa è teatrale: come il talento, la sensibilità e l’intelligenza di Enzo Vetrano e Stefano Randisi hanno saputo spostare Luigi dal “raccontare” Caravaggio a “essere” Caravaggio. Non di meno sono rimasto sorpreso da come Luigi è riuscito a raggiungere vette interpretative eccellenti. Ma la parola “sorpreso” sembra sottintendere che non mi aspettassi tutto ciò: invece è il motivo per cui ho cercato di creare questo inedito connubio scenico tra tre artisti che per me sono anche grandi amici ma che fra loro – Enzo e Stefano da una parte, Luigi dall’altra – non avevano mai lavorato. Il risultato è sorprendente perché altissimo.
Luigi D’Elia, puoi nominare tre cose che hai imparato lavorando con due Maestri come Enzo Vetrano e Stefano Randisi, peraltro per la prima volta impegnati nella regia di un monologo?
Verità. Credevo di essere già lì, invece forse era solo un’empatia per quello che raccontavo. Mi hanno stimolato con dolcezza e determinazione insieme a sentire ed essere nel “senso” di ogni parola pronunciata, ogni gesto, ogni sguardo. Esco sfinito come da una vita intera a fine spettacolo. Silenzio. Lo conosco e lo abito molto nelle mie narrazioni, ma con loro ha assunto una vita diversa. È maturato, almeno credo, da “pausa tecnica” a spazio per la creazione, maturazione e crescita di un’immagine, un’emozione, un’intenzione o solo uno spazio di totale libertà per lasciare il pubblico creare da solo. Interiormente. E senza me. Emozione. È stato un capovolgimento rispetto al mio modo di raccontare. Ero abituato a cercare l’emozione strada facendo, a seconda di quello che incontravo lungo la strada a ogni replica. Chiaramente poteva cambiare ogni volta. Loro mi hanno invitato ad entrare in scena da subito con un’emozione. E poi a lasciarla, cambiarla e assaporarne di nuove di parola in parola. Come se invitassi l’emozione a porsi in scena “davanti” a me.
Ragionando di Caravaggio, hai parlato di Misericordia. Perché?
In parte lo so e in parte no. È una parola misteriosa che mi affascina e mi attira. Nella nostra riduzionistica formazione scolastica-cattolica non ce ne hanno di certo svelato l’ampiezza. Eppure se la rivolgi a qualcuno credo che pochi sappiano dire davvero cos’è. Le tele di Caravaggio me la riportano. C’è un passaggio dello spettacolo dove spiego, da Caravaggio forse, perché ho scelto ancora Lena, una prostituta, come modella per la Madonna di Loreto. Dico alla fine dell’esposizione delle mie motivazioni: è una Madonna. Ecco. Lì, quel punto, per me è “misericordia”. È una cosa soggettiva, lo so, ma come sostengo sempre, la pelle che porto in scena è la mia. Riporto il passaggio: “Lena ha due figli: una femmina che le è stata portata via perché frutto di un incesto di cui è stata vittima. Una violenza che ha subito. Non la può vedere più. Il secondo, un maschio, vive con lei: è una ragazza madre, piegata dalla vita, bella, sensuale: una madonna!”. Credo che Francesco abbia scritto un grande testo.
Hai un consolidato repertorio di racconti che da anni presenti con successo in tutta Italia. Quali vincoli aiutano a tenere vivo e scalciante uno spettacolo sera dopo sera, nella tua esperienza?
Sono parte di me, lì ho nella pelle. Ogni giorno di spettacolo è diverso a seconda della storia che racconterò la sera. Sono le storie che si presentano dal mattino. Comincia una compagnia che dura tutto il giorno. E cambiano con me, ringraziando Dio, insieme alle cose della mia vita. Non potrei stare in un mondo di storie immobili. Poi un’ora prima dello spettacolo spengo tutto, chiudo gli occhi e lì ci sono solo io e la storia. Ci ritroviamo intimamente. Ci diciamo cose che sappiamo solo noi. E poi si va in scena.
Michele Pascarella
Info:
Tournée: Caravaggio. Di chiaro e di oscuro Urbino (PU) il 17 gennaio, Busseto (PR) il 19 gennaio, a Mori (TN) il 25 gennaio, a Vezzano (TN) il 26 gennaio, a Novoli (LE) il 16 e 17 febbraio, a Molfetta (BA) il 18 febbraio, a Modigliana (FC) il 24 febbraio, a Bomporto (MO) il 9 marzo, a Sogliano al Rubicone (FC) il 15 marzo, a Campi Bisenzio (FI) il 16 marzo, e a Milano dal 4 al 7 aprile. Altre date sono in via di definizione in tutta Italia.
Caravaggio. Di chiaro e di oscuro, di Francesco Niccolini, con Luigi D’Elia, regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, disegno luci Francesco Dignitoso. Una produzione Mesagne Capitale Cultura di Puglia 2023 – Umana Meraviglia, Compagnia INTI di Luigi D’Elia, Le Tre Corde – Compagnia Vetrano/Randisi, Teatri di Bari. Con il sostegno di Teatro Cristallo e PASSO NORD centro regionale residenze artistiche di montagna Trentino-Alto Adige/Südtirol sostenuto da MIC – Direzione Generale Spettacolo, Provincia Autonoma di Trento e Provincia Autonoma di Bolzano.
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