“Martirizzato in mezzo al traffico, nella periferia di una grande città tremendamente moderna, con tutti i suoi ponti sospesi, i suoi grattacieli, le sue soffocanti folle di passanti che, incontrando lo spettacolo della morte, senza fermarsi continuano a turbinargli intorno lungo la strada – indifferenti, ostili, incoscienti”. (Pasolini, Pier Paolo, Un Progetto per un film su San Paolo, 1968).
Si declina così la figura di San Paolo, descritta da Pasolini nella sua mai tramutata trasposizione filmica della figura del santo, adattata perché a-temporale, se non iper-moderna, lacerata, inflitta, un’anima scissa tra santità — che è libertà, interiorità, gioia — e sacerdozio, che è potere, schiavitù, moralismo. Un corpo moderno, illuso, poiché inconsciamente schiavo ma unica resistenza contro le autorità, costantemente scisso dalle pulsioni della carne, ridotto e manipolato ad oggetto, di consumo o di potere, amalgamato e subordinato ai capricci della mente sociale, i quali dominano un concetto di corpo edonistico, di rappresentazione, non mezzo conoscitivo ma innesto monolitico estetico.
Pasolini trae l’immagine di Paolo che demolisce “con la semplice forza del suo messaggio religioso, un tipo di società fondata sulla violenza di classe, l’imperialismo e soprattutto lo schiavismo” (Pasolini, Pier Paolo, Un Progetto per un film su San Paolo, 1968). Per Pasolini San Paolo ha due facce: “Qui si narra la storia di due Paoli: il santo e il prete.
L’oggetto veicolatore, simbolo di metafora, il Corpo, re-flette il conflitto teorico stesso, della ricerca curatoriale, estetica e d’informazione dei curatori di “Schengen Baroque Pasolini”, Pierre-Alexandre Mateos e Charles Teyssou.
Il contrasto, caotico e decadente, dell’età modernista amplifica e riconduce ad una visione di rivissuto di un’epoca passata, incubatrice di numerosi elementi ad ora visibilmente incombenti.
In particolare, già dal titolo, il concetto di Barocco pervade l’intero progetto e intento dei curatori, in quanto estensione esponenziale del nostro fare e pensare, un reale “Horror Vacui”, multitasking, irrefrenabile, spettacolarizzante, invasivo, illusorio, come storicamente si trova identificarsi la chiesa di San Paolo Converso (Mi), istituzione eretta durante il XVI secolo divenuta mezzo di sublimazione alla conversione trascendentale dell’apostolo, attraverso la sua architettura barocca avvolgente, mentre contemporaneamente il fulcro del dissenso protestante dava vita ad una realtà tendente a ciò che sfociò nel capitalismo moderno, rispecchiando nella sua architettura il neo-liberalismo laico.
Dunque, la scelta implicata ad un messaggio veicolatole tramite la storia socio-culturale stessa di questo luogo rende possibile districarsi nell’iper-struttura del progetto espositivo, apparentemente codicizzato dalla necessita di conoscenza di elementi storici del passato e del contemporaneo e trovandosi molto affine all’effetto sensoriale dell’arte barocca. Colma di decoro, abbaglia l’immaginazione con effetti prospettici e virtuosi, lungi da ciò che di più armonico e rinascimentale esiste. Basate sull’artificio, immense e ariose illusioni, l’abbondanza per una paura del vuoto, invita al superamento dello stupore creato dalla confusione, ordinaria quasi, del tentare di comprendere la realtà a noi circostante, il filo conduttore, significante del nostro appartenere e apparire in questa società moderna.
“Il Barocco anamorfico che ha generato San Paolo Converso e il Barocco reticolare dello ¥€$ regime”, come un lascito viene definito nel il comunicato, esemplifica l’aspetto fondamentale del concetto di potere, adulato, desiderato, scisso e trascendente al denaro, riverbero ancora più attuale riscontrato nel Rinascimento Italiano, massima specificazione del sistema divino incentrato sul dominio antropocentrico, la padronanza, l’autorità focalizzata sulla apparato complesso metodologico di misura, dati, attraverso l’invenzione della prospettiva e del sistema bancario, ad oggi evoluto a scala globale, riconducendo e riscontrando dunque già nel Barocco forme acerbe di capitalismo e odierne dinamiche politiche.
Attraverso la de-codicizzazione delle tre parole-soggetto che costituiscono il titolo è possibile una prima, se non imminente volontà di narrativa dei curatori: se il nome di Pasolini abbaglia per un suo ricordo di -vita di indagine- e il concetto di Barocco viene sviscerato come un odierno rivissuto, segue Schengen concludendo con una volontà manierista geo-politica: gli Accordi di Schengen siglati il 1985 da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, alla base di una nuova visione effettivamente comunitaria dell’Europa.
La stratificazione dei simboli allestitivi alimentano un’allucinazione ed incertezza causa il conflitto e la chimera, ma i media divengono ausili di comprensione e metafore, i quali non permettono una fruizione-visione globale immediata ma il susseguirsi dell’analisi di ognuno di essi consta una comprensione di una dimensione a noi stessi sovrastante, incomprensibile perché non-conoscibile, come le forze che la dominano il nostro vivere offuscato dal kantiano velo.
Il sistema globale intrinseco di sfere sensoriali e cognitive colmo di elementi eterogenei si esprime nello stesso sistema dell’allestimento, ovvero realtà differenti che dialogano fra loro e lo spazio, dall’interazione virtuale con lo spettatore tramite la fruizione di materiale digitale, al disorientamento creato da una imprevedibile atto performativo sino alla presenza architettonica di una meta-struttura ricreata all’interno della Chiesa.
Gli schermi di “The Course of Empire” (2017) di Michel Auder emettono un flusso sequenziale di immagini tramite un montaggio sincopato che veicola una narrazione apparentemente priva di senso logico-estetico, immagini di scenari apocalittici, alternati ad opere d’arte e alcuni testi imponenti di autori come Rimbaud e Donna J. Haraway. Nella sfera multimediale prosegue un’opera di Lili Reynaud-Dewar “My epidermic” (a body as public as a book can be) (2015), dal carattere tagliente e di contestazione, focalizzato sulla riflessione delle implicazioni proporzionali del virus dell’AIDS sul corpo fisico, privato dell’individuo, su quello “sociale”.
Di rilievo emergono, d’impatto, i componenti architettonici presenti nell’organismo espositivo, quanto elementi decisivi di costrizione e disorientamento: la costruzione metallica “STR O1/STR O2/Reinforced Glass STR” (2018) dello studio milanese Armature Globale rimanda a desunti scenari industriali, spogli, plumbei. Mentre l’esoscheletro metallico del progetto di Gianni Pettena è un sistema focalizzato sul concetto totale di Barocco e concerne l’idea di moderna conversione/trasformazione della forma, delle ideologie e dei comportamenti del corpo e della società. Elabora cosi idealmente un contrasto al Barocco imponente della Chiesa con il massino sistema di misura canonicamente perfetto, ovvero una costruzione in sezione aurea.
Info:
“Schengen Baroque Pasolini” curata da Pierre-Alexandre Mateos e Charles Teyssou è visitabile dal 10.01.2019 16.02.2019 presso la Chiesa di San Paolo in Converso, in Piazza S. Eufemia Milan, sede dello spazio Converso.
Pierre-Alexandre Mateos and Charles Teyssou
For all images: Schengen Baroque Pasolini. Installation view and performance at spazio Converso
Vanessa Ignoti (1993) laureata presso le Accademie di Belle Arti di Venezia e in seguito di Milano, rispettivamente in Decorazione e Cinema e Video, ha attraversato un percorso di studi e di interesse dall’editoria alle Nuove Tecnologie. Con esperienza nella gestione ed organizzazione di mostre e progetti d’arte, concentra il proprio interesse sulla comunicazione e la teoria dell’arte.
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