La mostra Shape of light, a cura di Simon Baker, Shoair Mavlian and Sarah Allen, presso la TATE Modern fino al 14 ottobre 2018, celebra 100 anni di Fotografia Astratta, tracciando un percorso artistico che, dalle prime Avanguardie storiche, giunge, attraverso Astrattismo e Minimalismo, alle pratiche artistiche contemporanee, ponendo una riflessione sul linguaggio della luce, significativamente impostosi nel corso del ‘900 in parallelo alla sperimentazione tecnica. Se è evidente l’interesse a ripensare la storia della fotografia attraverso la materia-luce, la mostra, che si distingue per la selezione delle opere esposte e la ricerca curatoriale, si rivela un’occasione per tracciare una storiografia delle forme artistiche non rappresentative. Attraverso un percorso storico e didascalico, la mostra stabilisce dei parallelismi formali tra fotografia e forme artistiche più tradizionali, quali Pittura e Scultura, narrando di come la sperimentazione tecnica e fotografica, abbia contribuito all’espressione di nuovi linguaggi artistici, leggibili attraverso l’idea di forma e astrazione.
Il nucleo originario della mostra si concentra intorno all’emergere delle prime Avanguardie e agli scambi artistici-intellettuali tra Europa e Stati Uniti all’inizio del’900. La serie Vortograph, 1917, ad opera del fotografo newyorkese Alvin Langdon Coburn, noto inizialmente per i lavori sullo sky-line della Grande Mela, riflettono di un rinnovamento stilistico, volto ad esplorare forme geometriche e pattern di luce attraverso la sperimentazione fotografica. Mentre le opere in mostra narrano dell’adesione al Vorticismo, una delle prime Avanguardie storiche inglesi, volta a superare i linguaggi figurativi e paesaggistici prevalenti tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, i curatori estendono la ricerca storico-artistica, contestualizzando il panorama delle prime avanguardie attraverso le influenze astratte delle Avanguardie Russe – come per il lavoro di Marta Hoepffner che omaggia Kandinsky – dal Cubismo – attraverso le fotografie di Pierre Dubreuil – e alle metodologie costruttiviste perseguite dalla Bauhaus – evidenti nei Photograms, 1925, di László Moholy-Nagy.
In parallelo, l’esposizione guarda oltreoceano, alle opere di Alfred Stieglitz che nel 1905 inaugura le Little Galleries per la Foto-Secessione di New York, più conosciute con il nome di ‘291’, in cui, grazie al supporto di Edward Steichen, si espongono opere d’avanguardia emergenti accanto ad opere fotografiche sperimentali. Da questo contesto, la pubblicazione dei lavori di Paul Strand, intitolati Photography, 1917, nell’ultimo numero della rivista Camera work, segnala un cambiamento significativo nella rappresentazione fotografica, abolendo i canoni prospettici per privilegiare la distorsione, il close-up e il grandangolo, già anticipato nella serie Abstraction, 1916.
Quella che è stata definita la ‘rivoluzione dell’occhio’, è stata fondamentale nei movimenti surrealistti e dada, tra cui emergono le fotografie di Man Ray, quali i Rayographs (1922), Delightful Fields (1922), e i lavori senza obiettivo. Negli anni ’30, altre figure, quali Francis Bruguiere, Emeric Feher, Roger Parry, Hannes Beckmann esplorano il divenire di forme organiche, suggerite dalle reazioni chimiche della luce, sperimentando in camera oscura. Negli anni ’50, mentre si afferma l’Astrattismo, due mostre concorrono a definire l’autonomia del linguaggio fotografico, oltre i canoni della rappresentazione: Abstraction in Photography, 1950, e The Sense of Abstraction, 1960. Mentre Pollock presentava al pubblico i primi dripping, Otto Steiner esponeva la serie di Luminogram, 1952, articolando un linguaggio espressivo, estendendo l’idea di scrittura di luce attraverso il dinamismo e il ritmo del chiaroscuro.
Le tendenze minimaliste e concettuali si concentrano sul valore estetico della fotografia, investigando la qualità fisica della componente materica della fotografia, che si traduce nelle forme scultoree e installative di Ellsworth Kelly – Movie Screen (1982) – Gottfried Jager – Pinhole Structures (1967) – e Carl Andre – Steel Zinc Plain (1969). La ricerca si estende in California dove, mentre James Turrell ed artisti del Light & Space Movement (1967-1971)anticipano le basi della light-art, altri artisti quali Ed Ruscha, Jay Defeo, John Divola e Barbara Kasten, esplorano parallelamente un aspetto materico della luce, che esce dai limiti del medio fotografico per incontrare ricerche spaziali.
Nelle ultime sale, dedicate al contemporaneo, i curatori si soffermano sull’emergere di ricerche artistiche, volte ad esplorare le potenzialità della luce oltre al segno puramente grafico, per indagare l’aspetto materico, spettrale, affettivo, oltre alla pura visibilità. In questo contesto, emerge la pratica artistica di Wolfgang Tillmans, da sempre interessato alle potenzialità del campo visivo, seguita dall’interessante allestimento che mette a confronto i lavori monocromi di James Welling, Untitled (1986) con le serie Black 14.6.96 (1996) di Inge Dick e Gevaert Gevaluxe Velours (2017) di Alison Rossiter. La mostra si conclude sottolineando un vivo interesse per la sperimentazione tecnica e processuale, come per la serie Untitled (Uranium Green) (2013) di Sigmar Polke, per cui l’artista ha manipolato i negativi fotografici esponendoli all’uranio, e come per le fotografie di grande formato, r.phg (2013) di Thomas Ruff, che riprendono la tecnica surrealista dei fotogrammi attraverso la tecnica digitale. Shape of light indaga l’emergere di un linguaggio di luce, attraversando i movimenti artistici più significativi dell’ultimo secolo, scoprendo capolavori nascosti della fotografia e delle tecnologie.
Info:
Shape of Light: 100 years of Photography and Abstract Art
2 maggio – 14 ottobre 2018
TATE MODERN
Bankside
London SE1 9TG
Alvin Langdon Coburn (1882-1966), Vortograph 1917, Photograph, gelatin silver print on paper, 283 x 214 mm Courtesy of the George Eastman Museum NY © The Universal Order
Man Ray (1890-1976), Unconcerned Photograph, 1959, Museum of Modern Art, New York © Man Ray Trust/ADAGP, Paris and DACS, London 2018
Otto Steinert (1915-1978), Luminogram II, 1952, Photograph, gelatin silver print on paper, 302 x 401 mm, Jack Kirkland Collection Nottingham © Estate Otto Steinert, Museum Folkwang, Essen
Barbara Kansten (1936), Photogenic Painting, Unitled 74/13, 1974, Cynotype print on paper, 55.8 x 76.2 mm © Barbara Kansten. Thomas Dean Gallery and Bortolami Gallery, New York. All rights reserved
È interessata agli aspetti Visivi, Verbali e Testuali che intercorrono nelle Arti Moderne Contemporanee. Da studi storico-artistici presso l’Università Cà Foscari, Venezia, si è specializzata nella didattica e pratica curatoriale, presso lo IED, Roma, e Christie’s Londra. L’ambito della sua attività di ricerca si concentra sul tema della Luce dagli anni ’50 alle manifestazioni emergenti, considerando ontologicamente aspetti artistici, fenomenologici e d’innovazione visuale.
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