READING

Sharjah Biennial 15: arte e potere nella costa dei...

Sharjah Biennial 15: arte e potere nella costa dei pirati

Nel bene e nel male il sogno di Lawrence si è avverato, solo qualche chilometro più a est. L’Arabia si è unita e non servivano davvero così tanti sforzi: sono bastati il petrolio e il disinteresse da parte degli inglesi a benedire la nascita degli UAE. Gli Emirati Arabi Uniti sono una federazione di sette stati profondamente diversi tra loro. Se, per esempio, l’Emirato di Dubai punta a dare un’immagine precisa di sé a livello globale, quello di Sharjah preferisce coltivare senza strepiti le proprie tradizioni. Sharjah, per l’appunto, è anche la capitale dell’omonimo Emirato, nonché la protagonista di questa breve riflessione. La città è un ex covo di pirati camuffati da cercatori di perle. Il suo Emiro, lo Sceicco Sultan III, è uno storico il cui obiettivo negli anni è diventato quello di dimostrare quanto queste calunnie siano infondate. La Sceicca Hoor Al Quasimi, sua figlia, oltre ad essere la direttrice della biennale da lui istituita, è anche la curatrice di questa quindicesima edizione dedicata al critico e curatore Okwui Enwezor.

Art Museum,  Sharjah, exhibition venue, Sharjah Art Biennale 2023 , photo Beatrice Timillero

“Thinking Historically in the Present”, visitabile fino all’11 giugno 2023, esplora le analogie e differenze di molteplici esperienze post coloniali nel mondo. Segue il modello Documenta, accompagnando lo spettatore alla scoperta non solo dell’accurata selezione artistica ma del Paese stesso. Il percorso inizia nel Golfo Persico, con un tour delle città costiere di Sharjah e Al Hamriyah, prosegue nell’entroterra desertico con la visita di Al Dhaid, e termina, in prossimità dell’Oceano Indiano, con l’esplorazione delle cittadine di Kalba e Khorfakkan.

Bait Al Serkal, Sharjah, exhibition venue, Sharjah Art Biennale 2023 , photo Beatrice Timillero

Una caratteristica che salta all’occhio rispetto a questa biennale è la selezione dei suoi spazi espositivi. Tramite l’osservazione dei padiglioni stessi infatti è possibile tracciare, seppur sommariamente, la storia del paese, accedendo a racconti che altrimenti andrebbero perduti. Kalba in questo senso è rappresentativa: qui è possibile visitare un’ex fabbrica di gelato di stampo brutalista e un vecchio asilo degli anni ‘70. In entrambi i casi non vi è un preciso percorso di mostra, l’invito anzi è di perdersi all’interno degli edifici. Per fare un esempio, la libera esplorazione della fabbrica si è rivelata particolarmente entusiasmante: le porte chiuse potevano custodire sia spettacolari opere site-specific e sia vecchie centraline fuori uso, regalando all’ospite la sensazione di essere un Indiana Jones dell’archeologia industriale.

Sharjah, city center overview, photo Beatrice Timillero

Uno dei luoghi più affascinanti dell’esposizione è sicuramente Bait Al Serkal. Situata a Sharjah, prima di evolversi in una raffinatissima galleria d’arte fu residenza dei commissari inglesi, domicilio della dinastia Al Quasimi e infine una clinica ostetrica. Al di là della bellezza della struttura, dedalo di scale, corridoi e stanze articolate attorno a un vivace giardino centrale, i lavori qui presentati e la loro pertinenza raggiungono un livello altissimo. Come per quasi tutta la Biennale, non vi sono opere fuori posto, sia rispetto alla loro ubicazione (sembra impossibile che la maggior parte dei lavori non siano stati realizzati appositamente), sia all’attinenza con il tema proposto. Il massimo che si può arrivare a dire di alcuni lavori è “non sono di mio gusto”, rimanendo comunque consapevoli del loro valore in un contesto che è frutto di scelte visive e sintattiche estremamente precise.

Al Jubail Vegetable Market, exhibition venue, Sharjah Art Biennale 2023, photo Beatrice Timillero

Sharjah non è una città turistica. Al massimo vi è un Radisson Hotel che da lontano sembra abbandonato. Mentre le spiagge di Dubai sono già affollate, in quelle di Sharjah si vedono solo pescatori fare del loro meglio sotto il cartello “vietato pescare”. Numerosi sono stati gli espropri per costruire la cittadella dell’arte e altri padiglioni espositivi, addirittura il corso di alcune strade è stato deviato per fare spazio alle numerose strutture della biennale. Nonostante la piazza dell’Art Museum sia sempre popolata una domanda sorge spontanea: a chi è destinato tutto questo? Gli abitanti sembrano completamente disinteressati alla questione, anzi, l’impressione è che all’interno della città convivano due mondi disgiunti: i luoghi dell’arte e quelli della vita.

Ibrahim Mahama – “A Tale of Time/Purple Republic”, 2023, Kalba Ice Factory, Kalba, photo Beatrice Timillero

Inoltre, contando che quasi tutti i visitatori sono già fortemente motivati o lavorano nel settore, l’afflusso è molto ridotto e incide marginalmente sul benessere economico del luogo. Chi sta costruendo tutto questo, oltre ad averne il potere, gode di enormi privilegi. Tuttavia, nonostante il lavoro sublime e un nepotismo che, contro la nostra italica concezione, funziona egregiamente, è giusto segnalare il particolare dualismo che si sta creando in questa realtà lontana. Ogni utopia si costruisce a discapito di qualcosa. È giusto chiedersi se questi sacrifici, imposti a una città viva e orgogliosa della propria privacy, porteranno a qualcosa di buono o se saranno relegati a essere un validissimo statement.

Beatrice Timillero

Info:

Sharjah Biennial 15
7/02/2023 – 11/06/2023
curated by Hoor Al Qasimi, Director of Sharjah Art Foundation
www.sharjahart.org/biennial-15


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.